L'Italia fanalino di coda se rinuncerà alle centrali

L'Italia fanalino di coda se rinuncerà alle centrali DIBATTITO SULL'ENERGIA NUCLEARE L'Italia fanalino di coda se rinuncerà alle centrali Con l'articolo del prof. Gherardo Stoppini, titolare della cattedra di Fisica generale all'Università di Pisa e membro della giunta esecutiva del Cneo, proseguiamo il dibattito sull'energia nucleare in Italia. Le decisioni politiche in materia di energia si proiettano necessariamente in un futuro così lontano da rappresentare nel loro complesso una scelta di civiltà. il dibattito internazionale in corso si basa principalmente su due modelli molto generali. Il primo, più ricorrente nella stampa quotidiana ed anche recentemente riproposto su queste .colonne dal professor Buzzati-Traverso, viene posto anche a base della campagna antinucleare e consiste nel cosiddetto «sviluppo aero». Ispirato ai risultati del Club di Roma, esso propone la diminuzione dei consumi individuali a breve termine in modo da annullarne l'aumento complessivo determinato dall'incremento demografico, ineliminabile almeno a breve e medio termine. I sostenitori evocano l'irreversibilità dei danni provocati su un ambiente che è costante dalla trasformazione della materia e dell'energia, che invece aumentano via via che aumentano i consumi: per l'energia essi prospettano m particolare l'esaurimento ravvicinato delle risorse «pulite» e quindi l'urgenza di riuscire a ridimensionare i consumi anche mediante la predicazione dell'autosufficienza e della rinuncia. L'altro modello, quello «ufficialmente» accettato dalla maggioranza dei Paesi avanzati, consiste nello «sviluppo programmato» da attuare innanzi tutto attraverso una politica deile risorse contro lo spontaneismo degli ultimi anni. I sostenitori ritengono che non si possa realizzare una «società ecologica» senza una parallela «società tecnologica» cosi da poter adattare ad ogni fase lo sviluppo alle risorse via via offerte da scienza e tecnologia. Su un piano strettamente tecnico, il primo modello rappresenta nr.d soluzione elementare e drastica perciò esente da dubbi quantitativi se non per quanto riguarda la determinazione del livello di arresto; il secondo modello ha richiesto invece analisi di consistenza interna che, effettuate tn modo indipendente in diversi Paesi e partendo da condizioni molto disparate, hanno fornito risultati positivi circa resistenza di ancora larghi margini alla possibilità di sviluppo. Per quanto riguarda le fonli energetiche, in particolare, il primo modello propone, come già accennato, l'immediato e drastico ridimensionamento^dei consumi e il ricorso alle risorse limitate della geotermia e dell'energia solare, mentre il secondo modello contempla il ricorso alle alternative al petrolio, cioè alle abbondanti risorse rappresentate dal carbone, dall'energia da fissione nucleare e, dopo il 2000, dall'energia da fusione nucleare. Il modello di «sviluppo zero» prospetta un profondo e troppo rapido mutamento dell'ideologia individuale che oggi domina ì Paesi sviluppati ed è destinato a incontrare l'opposizione degli stessi gruppi finanziari che su questa ideologia fondano i loro profitti (perciò difficilmente riuscirà quel mutamento con il semplice richiamo a principi etici). Un arresto dello sviluppo a breve termine porrebbe anche il problema di come conciliare il congelamento dei consumi con la sperequazione attuale nella distribuzione del beni, mentre esso richiedo un accordo politico stabile a livello mondiale oggi del tutto improbabile: come si potrebbero infatti contrastare tentazioni imperialistiche o neocoloniallstiche da parte degli altri Paesi, se lo sviluppo venisse arrestato oggi in un solo Paese o in un limitato gruppo di Paesi? La proposta, dunque, richiede uno stadio di maturazione e perciò una strategia di raccordo che non potrà attuarsi se non attraverso uno stadio di «sviluppo programmato». Il problema, in altre parole, è il livello e il tempo in cui conviene fissare l'arresto dello sviluppo per conseguire il massimo di salvaguardia dell'ambiente. A prescindere dalle ricadute ecologiche, le fonti energetiche rappresentate da carbone, petrolio ed uranio (fissione da neutroni lenti e più tardi da neutroni veloci) garantiscono la sopravvivenza per alcune centinaia di anni; mentre un'abbondante disponibilità energetica potrebbe anche consentire, a costo di minore efficienza, meccanismi di disaccoppiamento con l'ambiente capaci di limitare gli effetti inquinanti. Quello che oggi si richiede, ed è sufficiente, è un metodo che consenta la formulazione di un programma e della sua gestione politica in un arco di tempo sufficientemente lungo. Le conclusioni dell'indagine parlamentare sull'energia 'configurano, anche per l'Italia, un certo livello di sviluppo e la necessità di attuare una politica dell'energia fondandola anche, dato che cosi impone la sostanziale assenza di risorse nazionali, sulla massima diversificazione delle fonti di importazione. L'indagine, decisa per suffragare al massimo gli argomenti politici con i dati tecnico-scientifici del problema (sono stati chiamati a collaborare cinquanta tra industrie, enti di ricerca ed enti economici, oltre ad un numero equivalente di scienziati ed esperti specifici di livello internazionale), ha tentato metodi di informazione e di elaborazione del tutto nuovi e mai prima tentati in Italia. Ciononostante essa è stata giudicata superficiale dal professor Buzzati-Traverso. Questi, nello stesso articolo in cui esprime il giudizio, scrive: .«Temo peraltro che lei, onorevole Fortuna, non sia neppure al corrente di un'altra iniziativa che ormai ha dato frutto. Uno studio ben più serio di quello della stia Commissione — mi scusi la franchezza — è stato recentemente pubblicato negli Stati Uniti dal Massachusetts Institute of Technology: si tratta del progetto Workshop on Alternative Energy Strategies...». Quella del professor Buzzatti-Traverso è evidentemente ima svista, perché la relazione parlamentare testualmente recita al paragrafo quattro del capitolo tre: «Tali previsioni... sì attestano attorno ai valori indicati i?i alcune previsioni industriali e del Waes;> (ndr:' questa sigla più spesso riportata come WAES è proprio l'abbreviazione per Workshop on Alternative Energy Strategies); la relazione prosegue citando ancora il rapporto Waes, riprendendone, in modo ovviamente critico, i risultati, ed infine adottandone la sostanza. Del resto nell'elenco dei consulenti della Commissione Parlamentare compaiono i professori Umberto Colombo e Sergio Vacca, partecipanti italiani al Workshop. Il professor Buzzati-Traverso, in linea con la strategia di rendere stazionari i consumi globali nel breve termine, chiede la moratoria nucleare e, in appoggio alla richiesta, si rifa, tra l'altro, al rapporto WAES (lo ha fatto in televisione) e questo costituisce un'altra stranezza perché nella tabella 6-2 della pagina 203 del rapporto si trova una previsione secondo la quale in Italia le centrali nucleari in funzione nel 1985 dovrebbero essere da 6 a 9 (in Europa da 100 a 150); inoltre lo stesso capitolo 6 è interamente dedicato all'esame delle possibili conseguenze negative di una eventuale moratoria nucleare. Su questo tema è forse utile qualche osservazione. Se moratorie nucleari hanno potuto aver effetti limitati in Usa (dove vi sono in funzione 46 centrali e l'industria ha ordinativi per altre 176) e se una moratoria potrebbe aver effetti limitati in Rft (dove vi sono 5 centrali in funzione e l'industria ne sta costruendo altre 30) per l'Italia, dove vi sono in esercizio solo 0,6 megawatt e l'industria, con una capacità realizzativa di 6 centrali per anno, ha ordinativi per sole 4 centrali (equivalenti ad una produzione di energia elettrica corrispondente a 6 milioni di tonnellate di petrolio per anno in confronto con un «buco» energetico che oggi è già di 95 milioni di tonnellate), la moratoria nucleare sortirà o un ritardo industriale, che farebbe molto comodo ai concorrenti soprattutto franco-tedeschi, o la definitiva rinuncia. Del resto non è facilmente comprensibile una moratoria per motivi ecologici solo in Italia, mentre si stanno costruendo centrali in Svizzera su siti più vicini a Milano di quanto non lo sia Montalto di Castro, e mentre si stanno attuando grandi programmi in due Paesi mediterranei come la Spagna (15 centrali) e la Francia (20 centrali). Gherardo Stoppini

Persone citate: Buzzati, Fortuna, Gherardo Stoppini, Sergio Vacca, Umberto Colombo