I nazisti in Italia: da Boves alla Risiera

I nazisti in Italia: da Boves alla Risiera Delle "SS„ che governarono con Salò, il solo Reder è rimasto in carcere I nazisti in Italia: da Boves alla Risiera E ora che Kappler è al sicuro in Germania, l'ex maggiore-SS Walter Reder riinane solo — nel carcere militare di Gaeta — a scontare l'ergastolo inflitto sia a lui che al « boia delle Ardeatine » per i crimini di guerra ed i delitti contro l'umanità perpetrati in Italia durante Salò: Reder, detto « il monco » o « il monchino », un cecoslovacco nato nel 1915, guidò nell'estate 1944, lungo i dorsali dell'Appennino tosco-emiliano, quella « marcia della morte » che portò lo sterminio du Sant'Anna di Stazzefna a Vinca c si concluse sulle pendici del monte Sole, a Marzabotto, con l'eccidio di oltre 1800 civili, uomini, donne, bambini. Catturato a Salisburgo subito dopo la guerra e consegnato agli italiani, « il monco » fu condannato sei anni dopo dal Tribunale militare di Bologna e invano, nell'aprile 1967, chiese a Marzabotto quel perdono che gli avrebbe offerto la possibilità di ottenere la grazia: « "Il monco" resti dov'è », rispose, unanime, la popolazione. Ma la lista dei capi nazisti, militari e- politici, che governarono l'Italia nei seicento giorni di Salò è lunga, va dall'SSBosshammer, che realizzò per conto di Eichmann la « soluzione finale » per l'Italia all'SSPeiper, incendiario di Boves, al gigantesco SS-Skorzeny, morto sessantasettenne l'anno scorso a Madrid per cancro, che col suo « commando » di alianti liberò nel settembre 1943 Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore, sul Gran Sasso. E' una galleria di ritratti che rispecchia la sanguinosa violenza, l'arbitrio, lu cieca rapina, la subdola diplomazia dell'occupazione nazista in Italia, quel rapporto padrone-servitore instaurato dal Terzo Reich, dopo l'8 settembre, nei confronti della repubblica di Mussolini. Un nome tristemente celebre apre la galleria. E' quello di Martin Bormann. l'ex tamburino di fanteria divenuto segretario prima di Hess e poi di Hitler e più tardi condannato in contumacia all'impiccagione dal tribunale militare internazionale di Norimberga, che all'indomani dell'armistizio italiano impartì l'ordine (lo ha rivelato in un suo libro Simon Wiesenlhal, il « cacciatore di nazisti ») per lo sterminio della divisione « Acqui » a Cefalonia. Di Bormann non si sa più nulla; ufficialmente, secondo l'anagrafe del Comune di Berlino, è morto il 2 maggio 1945 mentre tentava di abbandonare il bunker della Cancellerìa ma sembra in realtà che. oggi settantasettenne, viva nascosto in Paraguay. Accanto a lui c'è l'ambasciatore a Salò Rudolf Rahn (che Calosso, da Radio Londra, nel 1944 definiva «il viceré d'Italia »), mediatore ambiguo e infido, fra Berlino c la R.s.i., della politica tedesca di dominio militare, di sfruttamento della manodopera e delle risorse alimentari, di indiscriminata oppressione. Divenuto nel dopo¬ guerra dirigente d'industria, ormai settantenne. Rahn vive nei dintorni di Bonn e sta scrivendo un nuovo libro di memorie in cui dedica un lungo capitolo a rivalutare, non si sa come, la politica militare dell'uomo che ordinò la strage di Marzabotto, che impose la « strategia della terra bruciata » e che Piero Calamandrei, in una famosa epigrafe, indicò come « il terrore e la vergogna del inondo »: il feldmaresciallo Albert Kesselring. sovrano assoluto del teatro di guerra dell'Italia settentrionale e centrale, anch'egli scomparso dalla scena, nel lu» glio 1960, per un cancro alla gola. Dove a Salò finiva il potere pur vasto dei politici e dei militari lì incominciava — incontrastato — quello delle SS. guidato in Italia, con mano ferrea e spietata, dal generale-SS Karl Wolff, aiutante personale di Himmler e suo capo di Stato Maggiore: coinvolto nello sterminio dei 300.000 ebrei del ghetto di Varsavia (nessuno potrà mai dimenticare la sua cinica lettera sul « destino del popolo eletto»), Wolff diresse la guerriglia antipartigiana con metodi di ferocia senza pari perché, come egli stesso dirà in una intervista concessa a Monaco di Baviera dove vive attualmente, « erano ai miei ordini tutte le unità dell'esercito, della marina, dell'aviazione e della Decima Mas di Borghese». Un potere enorme, praticamente assoluto, che gli permise anche — d'accordo con Rahn ma all'insaputa di Mussolini — di trattare la resa tedesca in Italia separatamente dall'alleato-servo: un potere, tuttavia, ch'era a sua volta sottoposto a quello, fosco e sanguinoso, della Gestapo. esercitato a Salò da un tristo figuro, il gcnerale-SS Wilhelm Harster, l'uomo che in Olanda aveva fatto deportare la bimba Anna Frank, che con il capo del Rsha, Kaltenbrunner. poi impiccato a Norimberga, aveva cercato di impossessarsi dei diari di Ciano e che nel marzo 1944, per telefono, aveva autorizzalo Kappler a includere anche gli ebrei nelle liste delle vittime da sacrificare alle Ardeatine. Strumento delja Gestapo in Italia, agli ordini diretti di Harster, era il colonnello Walter Rauff. l'inventore dei furgoni a gas al momento della creazione di Auschwitz, nominato cario del servizio di sicurezza delle SS per la Lombardia, il Piemonte r la Liguria. Oggi rifugiato in Cile, da dove ha chiesto la pensione al governo di Bonn. Rauff era allo: ra considerato « il genio dell'investigazione »: tre suoi dipendenti, i capitani Engel. Schmidl e Saevecke, torturavano, uccidevano e seviziavano « politici » e civili, nelle celle della « Casa dello Studente » di Genova, dell'albergo « Nazionale » di Torino, dell'hotel « Regina » di Milano: Saevecke, un ex fornaio, fu l'uomo che catturò Ferruccio Parri e fu l'uo- mo che ordinò la strage degli ebrei di Meina e di Baveno del settembre 1943 (gli esecutori del massacro, il capitano Hans Walter Krueger, i tenenti Frederick Roehwehr e Karl Herbert Schnellc, i sottufficiali Oskar Schulz e Otto Ludwig Leite, condannati all'ergastolo nel 1968 dalla Corte d'Assise di Osnabriick, vennero prosciolti due anni più tardi per la prescrizione dei crimini di guerra). Durante i giorni di Salò, nella complessa e vasta costellazione delle SS e della Gestapo, in Italia spiccavano nomi che un giorno sarebbero slati conosciuti come quelli di altrettanti carnefici, pari soltanto — in cinismo e ferocia — al Kappler che. interrogato al suo processo nel 1948 sul perché avesse fatto fucilare 355 vittime alle Ardeatine anziché le 330 previste dalla rappresaglia, rispose tranquillamente: «Sì, certo^ lu un errore. Ne mandarono cinque di più ma poiché ormai erano lì...». Sonò i nomi del generale-SS Odilo Lotario Globocnik, dei colonnelli Ernst Dietrich August Allers e Christian Wirth (marito di una segretaria di Hitler e noto come «il cristiano selvaggio») e del capitano Joseph Oberhauser. oggi sessantaduenne e libero di fare il cameriere a Monaco di Baviera, che sul linirc del 1943 impiantarono a San Sabba di Trieste, nell'ex stabilimento del!u pilatura del riso, un campo di sterminio dolalo di forno crematorio per incenerire i corpi delle vittime, l'unico in Europa fuori dai confini del Grande Reich. Globocnik c Oberhauser comandavano un « battaglione nero » del quale faceva pane un fanatico criminale austriaco. Franz Paul Stangl. ex capo del lager di Trcblinka (700.000 ebrei uccisi) e che era slato inviato a Trieste dalla Polonia, come lui stesso confesserà alla scrittrice Gina Sergny. « per dure la caccia agli ebrei» (Stangl morirà sessantatreenne, nel 1971, nel carcere di Dusseldorf, ucciso anch'egli dal cancro). Se fra i ritratti dei nazisti che col ferro e col fuoco, dietro la complicità di Salò, imposero all'Italia il regime di occupazione spiccano quelli degli « assassini di professione », un ruolo di sinistra importanza è rappresentato dagli esecutori della « soluzione finale del problema ebraico », cioè dagli uomini di Eichmann e dell'ufficio IV-b-4 della Gestapo. Del primo gruppo fanno parte il tenente-SS Gottfried Meir che, nell'ottobre 1943, sul Lago Maggiore, massacrò una famiglia di ebrei, il banchiere torinese Ettore Ovazza. sua moglie Nella Sacerdoti, i figli Riccardo ed Elena, di 20 e 15 anni, facendone a pezzi i corpi e bruciandoli nella caldaia del termosifone delle scuole di Intra (Meir. nel' 1955. fu condannato all'ergastolo dal tribunale militare di Torino ma l'Austria non ne concesse mai l'estradizione e l'cx-SS, divenuto direttore didattico in un paesino della Carinzia. morì nel 1958 per un tumore) c l'ex maggiore Joachim Peiper, comandante di un battaglione della divisione corazzata «Leibstandarte Adolf Hitler» che assassinò 72 inermi prigionieri americani nel corso della battaglia dell': Ardcnne (Malmédy, inverno 19*4) e il 19 settembre 1943 incendiò le 350 case di Boves. nel Cuneese, uccidendone 24 ab'tanti. Del gruppo dei « cacciatori di ebrei » il primo in Italia fu, forse, il capitano-SS Theo Dannecker. avvocato nella professione civile c gestore (clandestino) di locali notturni in quella militare, che si era distinto a Parigi quale organizzatore della « Grande rafie » del Vélo d'Hiver (è il rastrellamento dei 4000 bimbi ebrei francesi, rinchiusi a Drancy e mandati a morire, lutti, ad Auschwitz). In¬ viato a Salò con l'incarico di arrestare e « trasferire » in Polonia ottomila ebrei italiani approfittando del caos politico e amministrativo seguito all'armistizio, Dannecker fallì nel compito e alla fine del novembre 1943 dovette ammettere di essere riuscito a deportarne soltanto 2500. cifra in cui erano naturalmente compresi anche i 1054 della «grande razzia» di Roma del 16 ottobre. Eichmann lo sostituì immediatamente con un altro avvocalo. Friedrich Bosshammer. nato nel 1906 in Renania. relatore per le questioni ebraiche alla Gestapo e che — accorso in Italia — organizzò rapidamente il campo di concentramenlo di Fossoli, vi riunì gli ebrei che si trovavano nei campi minori (Mantova. Borgo San Dalmazzo. Chiavari. Vo Vecchio) e cominciò a deportarli con regolarità salendo in breve alla cifra complessiva di circa 7000. Bosshammer. scoperto e processato soltanto pochi anni fa (morirà di cancro nel 1973 a Berlino) subì una condanna suc¬ cessivamente annullata ed è sconcertante notare che questa galleria di capi e di esecutori, pur essendo fitta di crimini conclamati, riconosciuti e talvolta apertamente ammessi dagli stessi responsabili, rechi ben di wt•do — accanto al nome e alle terribili accuse — l'indicazione di una condanna inflitta, di una pena scontata realmente: graziato Kesselring. mai processati Rahn e Wolff (parliamo della giustizia italiana, di fatti avvenuti in Italia), liberi all'estero Rauff e Bormann, per il quale ultimo nessun nostro governo ha mai pensato di chiedere l'estradizione al Paraguay, scomparso Dannecker, tutti prosciolti gli amori della strage di Meina, mai comparsi in giudizio Allers, Stangl e Peiper, mai raggiunti dalla pena Oberhauser e Meir. E' giusto, quindi, chiedere che Kappler venga al più presto riconsegnato alla giustizia italiana e continui a scontare la pena inflittagli, per i suoi delitti. Giuseppe Mayda an In alto, da sinistra: Walter Reder, autore della strage di Marzabotto, sconta l'ergastolo a Gaeta. Accanto: Martin Borman (con Hitler), che ordinò la strage della divisione "Acqui" a Cefalonia e l'SS Otto Skorzeny, liberatore di Mussolini. Sotto, a sinistra: il maggiore-SS Joachim Peiper durante l'incendio di Boves. Vicino a lui: il generale Karl Wolff, capo delle SS. In fondo, da sinistra: l'ambasciatore del Reich a Salò, Rudolf Rahn; Gottfried Meir, il " carnefice di Intra " e il capo della Gestapo in Italia, gen. Wilhelm Harster, l'SS che fece deportare Anna Frank