L'anno II di Andreotti

L'anno II di Andreotti L'anno II di Andreotti 11 governo Andreotti entra oggi nel secondo anno di vita: esattamente dodici mesi fa otteneva dalla Camera il voto di « non sfiducia », con 258 sì, 44 no e 303 astensioni. Anche VEconomist ha acceso una candelina per festeggiare questo improbabile compleanno: pochi osservatori italiani e stranieri avrebbero scommesso, l'estate scorsa, sulla sopravvivenza d'un governo che sembrava uno dei più deboli tra i trentacinque governi, così spesso fragili e precari, della Repubblica. Invece l'equipe di Andreotti, non sostenuta da una maggioranza parlamentare, accettata per mancanza di alternative, non ha soltanto superato le insidie del primo anno; si è irrobustita, ha affrontato con successo una grave emergenza politica ed economica, e promette di durare. Parlando del viaggio in America, il presidente del Consiglio ha detto di pensare all'oggi, « senza troppo guardare a domani e dopodomani »; ha rico¬ nosciuto che i sei partiti della non sfiducia convivono attorno al suo ministero » in coabitazione forzata», e ammesso che si tratta di un'intesa provvisoria, non di una scelta per il futuro. Ma l'intesa a sei appare meno precaria di un anno fa, dopo che i segretari dei sei partiti hanno sottoscritto un programma comune. Per quanto condizionato dal «direttorio dei segretari», il governo ha acquisito una maggior capacità operativa. E l'intesa dell'«arco costituzionale», con tutti i limiti e i rischi della formula, ha offerto « la possibilità di uno sforzo realistico e comune» per tamponare, se non ancora risolvere, la crisi italiana. Forse Andreotti è troppo ottimista nel valutare i risultati ottenuti in dodici mesi e i riconoscimenti stranieri; o .forse gioca la carta dell'ottimismo per dare fiducia al Paese, nell'attesa di altre prove difficili. In ogni caso, può guardare con soddisfazione al bilancio di un anno di governo. Ha smentito le previsioni catastrofiche dell'estate scorsa, ha impostato o realizzato qualche buona riforma, ha difeso efficacemente la posizione internazionale dell'Italia; con il suo empirismo disinvolto ma concreto, e con lo sguardo fisso alle elezioni europee, ha tenuto in sospeso la «questione comunista»; ed ha rafforzato, in Italia e all'estero, e nella stessa de, il suo prestigio di protagonista: c'è chi lo vede, fra un anno, al Quirinale. Altri lo vedono come il Kerensky italiano, per aver accettato o voluto che cadesse lo steccato anticomunista, e accolto l'appoggio, indiretto ma determinante, del pei. Non è un giudizio equo. Se di colpa si tratta, la divide con il suo partito e con gli ex alleati della de. Ma chi meglio di Andreotti, nemico delle ideologie, sarebbe riuscito a far funzionare un governo costruito sulla « non sfiducia » ad evitare i cedimenti irreparabili? c. c.

Persone citate: Andreotti, Kerensky

Luoghi citati: America, Italia