Il direttore: "Nessuno lavora,, I dipendenti: "La colpa è sua,, di Giuseppe Fedi

Il direttore: "Nessuno lavora,, I dipendenti: "La colpa è sua,, Divampa la polemica sul funzionamento dell'Enasarco Il direttore: "Nessuno lavora,, I dipendenti: "La colpa è sua,, Ermanno Pesce accusa: all'Ente assistenza rappresentanti di commercio ognuno fa quel che vuole, mi sabotano - Avrebbe dovuto assumere gente raccomandata da rappresentanti del governo (che un avvocato ha denunciato) - I sindacati sostengono: il direttore è un incapace Roma, 9 agosto. Enasarco: nata dalle dimissioni del direttore generale Ermanno Pesce, la polemica suir«Ente nazionale assistenza agenti e rappresentanti di commercio», è solo agli inizi e promette di scatenare un putiferio tirando in ballo, con la gestione di un ente pubblico, presunte responsabilità politiche. Dietro i motivi (assenteismo e tentativi di sabotaggio) che hanno indotto Ermanno Pesce a lasciare l'incarico dopo 14 anni, si celerebbe un episodio di clientelismo in cui sarebbero coinvolti due ex rappresentanti del governo, denunciati da un penalista di Cassino, che avrebbero imposto e avallato nel '73 cento assunzioni. Ma non e tutto. Dopo l'intervento dei tre deputati repubblicani che hanno chiesto chiarimenti, è scesa in campo anche il ministro del Lavoro, Tina Anselmi, ordinando un'inchiesta e sollecitando «puntuali chiarimenti» all'ex direttore dell'«Ente per l'assistenza agli agenti e rappresentanti di commercio». Ermanno Pesce, 55 anni, è introvabile, ma prima di partire per un viaggio ha sparato a zero contro i suoi ex dipendenti. In un'intervista a un quotidiano ha confidato, tra l'altro, che all'Enasarco «ormai non si poteva contare nemmeno sul personale formalmente presente, poco più di 500 persone su 700». «En trono ed escono — ha puntualizzato —, c'è chi va ha fare la spesa, chi va a passeggio, chi si fa gli affari suoi». «Eravmo arrivati a livelli di contestazione personale insostenìbile — ha precisato Pesce nella sua accorata requisitoria —. Me ne hanno dette di tutti i colori. Scritte insultanti sui marciapiedi, sui muri del palazzo dove lavoro. E poi, i sabotaggi. Abbiamo un centro elettronico che è un gioiello: di questo passo prima o poi la prenderanno a martellale. La verità è che in Italia forse non c'è più futuro per chi crede nel dovere di lavorare». La reazione del personale non si è fatta attendere. «Non ci si salva l'anima con queste dichiarazioni quando si va in pensione», ha affermato un sindacalista nella conferenza stampa svoltasi nel pomeriggio nella sede dell'Enasarco. «Quanto ha detto basta a delineare la pochezza di un dirigente — ha incalzato un altro —. Andate a rileggervi gli encomi solenni pronunciati in occasione del saluto ai dipendenti (ha suggerito un terzo —, e vi farete un'idea della coerenza di quest'uomo». «Al mio sincero augurio — aveva detto Pesce — desidero aggiungere un commosso ringraziamento per la fattiva e proficua collaborazione che la grande maggioranza dei dipendenti — di ogni ordine e grado — ha voluto continuare a prestare all'ente»). E i sabotaggi di cui ha parlato Pesce? abbiamo chiesto «Perno si riferisse al trenino che portava le pratiche da un piano all'altro — ha spiegato Barabaschi della Cisl —. Si è guastato diversi mesi fa e, dato che non c'era un tecnico in grado di ripararlo, è ancora inutilizzabile». «Quanto alle contestazioni — ha aggiunto —, l'unica di cui sono a conoscenza è la scritta qualunquista sul marciapiede davanti alla nostra sede. Viva Pesce, viva i sindacati, si legge, il potere agli uscieri armati. Non mi sembra proprio un'espressione infamante». Tempo fa i sindacati di categoria e il consiglio di amministrazione, non avendo l'Ènasarco un centro studi, hanno affidato all'Istituto Krene un'indagine sulla gestione dell'ente. E' risultato che le carenze organizzative «dipendono principalmente dall'inadeguato livello di automazione (non di meccanizzazione), per far fronte agli accresciuti volumi di lavoro, dalla carenza di procedure efficienti e dalla mancanza di strutture». Al di là delle complicate spiegazioni tecniche fornite dal centro d'indagine, resta il fatto che i sindacati avevano chiesto da tempo di arrivare a un processo di revisione dell'Enasarco, in sintonia con la legge 70 e il contratto. «Tutto ciò è stato ignorato — ha detto un sindacalista — e i nostri inviti sono rimasti lettera morta. Che Pesce se ne sia andato scaricando u una parte del personale, quella assunta nel '73, la colpa delle più recenti disfunzioni dell'Enasarco è del tutto pretestuoso. E poi vorremmo chiedergli una cosa. Come mai quattro anni fa, quando sono state decise le assunzioni di cui si lamenta, non ha aperto bocca». Le accuse alle «autorità dì vigilanza» si sono concretizzate in un'azione penale di un avvocato di Cassino, Enzo Avino. In un esposto alla procura della Repubblica di Roma ha denunciato l'onorevole Bertoldi (psi) e il senatore Schietroma (psdi), rispettivamente ministro del Lavoro e sottosegretario al Tesolo nel '73, per concussione, corruzione per un atto d'ufficio e per un atto contrario ai doveri d'ufficio, interesse privato in atti d'ufficio e truffa ai danni di un ente pubblico. «Il direttore dell'Enasarco — spiega Avino — è stato esplicito nell'accusa: l'approvazione della delibera del consiglio d'amministrazione dell'ente per l'assunzione di determinate persone imposte dagli allora ministro del Lavoro Bertoldi e sottosegretario al Tesoro Schietroma». «Dinanzi a tali episodi di arroganza del potere — conclude il legale — non ci ni può limitare come ha fatto il pri, ad un'interpellanza estiva». In serata l'ufficio stampa del psdi ha reso nota la replica di Schietroma. «Non conosco il funzionario dell'Enasarco — ha detto — ma posso dire che si tratta di un'accusa assurda». Giuseppe Fedi

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