La Spezia: arrestati due agenti fornirono le divise ai «killers»? di Franco Carassi

La Spezia: arrestati due agenti fornirono le divise ai «killers»? Il giovane "giustiziato,, dalla mafia sull'autostrada La Spezia: arrestati due agenti fornirono le divise ai «killers»? Erano in servizio a Milano - Radiati dal corpo - In carcere anche i presunti esecutori del delitto (Dal nostro corrispondente) La Spezia, 6 agosto. Prosegue l'inchiesta sull'esecuzione del sorvegliato speciale Agatino Coniglioni, 23 anni, ucciso la scorsa settimana sull'autostrada Sestri Levante-Livorno, nei pressi del casello di Deiva Marina. La squadra mobile ha eseguito altri quattro arresti: sono stati messi in carcere anche due poliziotti appartenenti al raggruppamento di p.s. di Milano. Sarebbero stati loro a fornire le divise che hanno consentito ai falsi agenti di sequestrare in un albergo e poi ad uccidere il catanese. Nelle mani della polizia sono caduti anche due dei presunti esecutori del delitto. Gli arresti sono così saliti a cinque. Giorni fa, infatti, era finito in carcere Francesco Tramontana, 18 anni, di origine catanese, da qualche anno residente a Nova Milanese, accusato di aver partecipato alla feroce esecuzione del Conigliene. I due agenti, trasferiti nel carcere giudiziario di La Spezia, sono Giuseppe D'Arrigo, di Catania, e Giuseppe Incorvaia, di Licata, entrambi ventenni. Gli altri due arrestati (i presunti esecutori) sono Bruno Gentile, 23 anni, da Messina, e Salvatore Affatigato, 28 anni, da Palermo, rinchiusi ora a San Vittore. Erano stati arrestati due giorni dopo il delitto per una rapina compiuta ai danni di agente in borghese, al quale avrebbero sottratto la pistola. A carico dei quattro il sostituto procuratore della Repubblica dottor Giuseppe Loria, che dirige l'inchiesta, ha spiccato ordine di cattura per concorso in omicidio pluriaggravato, sequestro di persona, detenzione di armi da guerra e comuni. Le stesse accuse sono pure a carico di Francesco Tramontana. II delitto avvenne mercoledì 27 luglio. Agatino Coniglione, soggiornante obbligato, è giunto da un mese a Santo Stefano Magra, dove dovrà rimanere per quattro anni. Con lui sono la moglie Graziella Sinatra, 20 anni, e il figlioletto. Alloggiano tutti alla pensione «Flora», gestita da Giuliana Motta e dal marito, Franco Bellani. Alle 4 di notte nell'albergo entrano tre uo mini in divisa da poliziotto e chiedono alla signora Motta dove dorme Agatino Coniglione. «Al primo piano», risponde la donna. Due salgono con le armi in pugno (mitra e pistola automatica), il terzo prende posto sull'auto con cui il gruppo era giunto, un'«Alfa Romeo». I «poliziotti» escono con il Coniglione che ha le manette ai polsi e non appare spaventato. L'auto imbocca il casello dell'autostrada e si dirige verso Genova. A due chilometri dal casello di Deiva Marina, il Coniglione viene ucciso con molti colpi di pistola automatica. Il colpo di grazia gli viene sparato alla nuca, caratteristica di un'esecuzione mafiosa. Gli accertamenti della polizia prendono subito la pista di Catania, città d'origine dell'ucciso. Non si riesce a sape- | re molto. Sabato 30 il primo arresto. Francesco Tramontana viene bloccato in casa dalla «Mobile» milanese su ordine di cattura del dottor Loria. Nel pomeriggio viene trasferito alla Spezia. Interrogato dal magistrato, per un po' non apre bocca. Quando si decide a parlare è solo per respingere ogni accusa. Vengono trovate le divise dei falsi agenti in una frazione di Chiavari e vengono messe a disposizione del dottor Gallucci, il quale rileva sotto la visiera di uno dei berretti un nome scritto a pennarello: «D'Arrigo». Il funzionario va a Milano. La pista è giusta. Al raggruppamento di p.s. si identifica Giuseppe D'Arrigo; interrogato, viene fuori che la sua divisa l'aveva data al collega Incorvaia, il quale viene poi riconosciuto autore del furto di altre due divise, spa¬ nsDd rite prima del delitto dallo stesso reparto. A Milano si recano anche il dottor Loria e il capo della «Mobile», dottor Rodolfo Venezia. I due agenti vengono prima indiziati di reato e radiati dal corpo. In un controllo dei loro armadietti, gli investigatori scoprono cose importanti. In quello di Incorvaia c'è un calendario sul quale l'ex-poliziotto annotava i giorni di riposo dei suoi turni. In corrispondenza al giorno 27, mercoledì, c'è impressa una croce in pennarello rosso: è il giorno dell'esecuzione di Deiva. Nello stipetto del D'Arrigo viene trovata una lettera, mai spedita. Porta la data del 28 luglio (il giorno successivo al delitto) ed è indirizzata ad un certo Massimo. Franco Carassi