Il pci: l''"accordo a sei,, non ha turbato le ferie

Il pci: l''"accordo a sei,, non ha turbato le ferie La "base" ha accolto bene l'intesa Il pci: l''"accordo a sei,, non ha turbato le ferie Un anno fa, per convincere i militanti che era giusto appoggiare con l'astensione il monocolore de, i dirigenti erano dovuti restare in città e prodigarsi nelle assemblee di sezione Dalle assemblee Indette dal pel In tutta la provincia per spiegare 1 motivi dell'* astensione » nel confronti del governo Andreottl, è ormai passato un anno. Nell'agosto '76, nonostante le ferie, buona parte del dirigenti comunisti rimase a Torino: gli Iscritti, dopo 30 anni di lotta contro la de, nel momento In cui uscivano vittoriosi dalle elezioni del 20 giugno, si sentivano dire da Roma, che era necessario « salvare » un governo di soli democristiani: ci furono proteste, fu necessaria una paziente opera di convinzione. Ora, dall'astensione si è passati all'accordo. Eppure 1 dirigenti comunisti sono potuti andare regolarmente in ferie. Ammette Giancarlo Quagliotti, capogruppo in Comune e membro della segreteria comunista: « L'atteggiamento è mutato rispetto ad un anno fa. C'è maggior realismo Ira i nostri militanti. Dopo il 20 giugno '76, il successo elettorale poteva jar pensare a molti che sarebbe stato possibile un passo più lungo. Se non proprio il pei al governo (non ne abbiamo mai avuto la frenesia), almeno uno sviluppo politico più favorevole alle forze progressiste ». Verso l'incontro Osserviamo: « Le trattative per arrivare all'accordo fra 1 sei partiti costituzionali sono state lunghe. Il pel cioè ha avuto 11 tempo di "farle digerire" alla propria base, nonostante il "malumore" emerso, per esempio, nelle fabbriche ». Quagliotti non condivide questa spiegazione. Ritiene che i militanti abbiano invece valutato attentamente i risvolti positivi dell'intesa sul programma. Spiega quali: « Primo. E' stato fatto un ulteriore passo avanti verso la caduta della pregiudiziale anticomunista. Secondo. Il do¬ cumento programmatico ha avuto una verifica immediata con il voto sulla legge "382" per il decentramento dei poteri dal governo alle Regioni. Questi due fatti tendono a rinsaldare alcune nostre convinzioni: che la linea del pei verso grandi intese tra le componenti storiche della vita italiana è giusta, che il cammino verso V "incontro" non è una passeggiata, ma una strada lastricata da contrasti, da scontri, che richiede una sempre maggiore iniziativa politica con le grandi masse protagoniste. I nostri iscritti ne sono consapevoli, come sono convinti dell'importanza di un rapporto più stretto con il psi, frutto di un confronto reale e di iniziative comuni ». « Qual è il sintomo più significativo del consenso della vostra base all'accordo a sei? » « Nel pei la verifica è continua. La gente viene ai nostri "Festival", li organizza: è la prova che condivide le nostre posizioni. Se dissentisse non parteciperebbe. Inoltre la partecipazione degli iscritti è in aumento ». « C'è molta curiosità nei confronti del pei. Il cittadino medio vuol sapere se i comunisti sono veramente "democratici", vuole cioè "garanzie", proprio nel momento in cui il vostro partito si affaccia alla "stanza del bottoni", al governo del Paese. Sono interrogativi che richiamano folte platee ai dibattiti, per esempio fra Rossi di Montelera e Libertini, ma non rischiano di irritare 1 vostri iscritti? Lo dico perché in un'assemblea di sezione — a cui ho assistito — un operaio disse: "Tutti ci chiedono garanzie, ma a noi, ad esempio la de, che garanzie dà?". Perché oltre a partecipare ai dibattiti organizzati dagli industriali, non invitate dirigenti de a discutere nelle vostre sezioni o Case del popolo? ». « Per molti strati sociali i comunisti non sono solo stati qualche cosa da combattere, ma ad¬ dirittura da isolare. Per anni il pei è stato uno sconosciuto. Non perché si nascondesse, ma per il fatto che c'era quasi il timore di scoprirlo. Oggi la tendenza si è rovesciata. Per i comunisti al contrario, lo sforzo per capire la de, nelle sue più diverse articolazioni è sempre stato intenso. Ecco allora che la nostra curiosità nei confronti della "geografia" democristiana non e morbosa. Sappiamo già quasi tutto. Inoltre abbiamo sempre invitato i de ai nostri dibattiti. Anche a Torino: Bodrato, ad esempio, ha partecipato a tavole rotonde organizzate ai nostri Festival dell'Unità». Difficile battaglia « Ma il rapporto con la de, in Piemonte, rimane "teso". Quali prospettive ci sono per gli enti locali? ». « Abbiamo l'impressione che il dibattito nazionale e locale non sia passato invano. Nella de torinese ci sono sintomi positivi. Non lasceremo perdere nessuna occasione d'incontro, nonostante ì "no" democristiani. Comunque siamo consapevoli che nella de esistono sia i Rossi di Montelera, sia i Costamagna, ma anche altri che stanno combattendo una difficile battaglia per fare passi avanti anche nella nostra direzione. Per gli enti locali, per la città abbiamo fatto le nostre proposte. Ora attendiamo quelle promesse da Lega al recente congresso de ». «Questo vostro tentativo d'intesa a tutti i costi con la de, indispettisce i socialisti. Vi hanno criticato. Che cosa rispondete? » Quagliotti conclude: « La nostra politica è una, a Roma come a Torino. Ci sforziamo quindi di realizzarla con il massimo di coerenza possibile, senza forzature, senza fughe In avanti, ma anche senza cedimenti ». Giuseppe Sangiorgio

Persone citate: Bodrato, Costamagna, Giancarlo Quagliotti, Giuseppe Sangiorgio, Quagliotti, Rossi

Luoghi citati: Piemonte, Roma, Torino