la Calabria è in crisi e rischia presto di esplodere di Francesco Santini

la Calabria è in crisi e rischia presto di esplodere Aziende che chiudono, disoccupazione che cresce la Calabria è in crisi e rischia presto di esplodere (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 5 agosto. Un ultimo appello dalla Calabria, il centro imprevedibile delle disgregazione meridionale. A lanciarlo è il presidente della Giunta regionale, il democristiano Aldo Ferrara, che ieri, in una lettera disperata al presidente del Consiglio Andreotti, avvetiva: «Il governo e soltanto il governo sarà responsabile di quanto potrà accadere in Calabria». Siamo all'emergenza. Come le pestilenze del Medioevo, puntuali le crisi economiche tornano ad abbattersi sulla regione e oggi, dopo trenta giorni di riposo imposto dai medici, il presidente Ferrara è rientrato nel suo ufficio per lanciare gli ultimi messaggi alla classe politica centrale. Né il suo stato di salute lo preoccupa: «Qui non arriviamo all'inverno, — dice parlando a fatica a un autunno durissimo ci attende e a Roma non ci danno ascolto. Non riesco a mettermi in contatto con Palazzo Chigi: ci hanno dimenticati. La mia preoccupazione è che si arrivi ai blocchi ferroviari». La situazione si fa giorno dopo giorno più assillante. Da Cosenza, a Catanzaro, a Reggio Calabria, gli stabili¬ menti hanno i cancelli sbarrati ed altri minacciano la chiusura. Ieri l'altro gli operai della Liquichimica di Saline proponevano di interrompere i collegamenti con la Sicilia bloccando il nodo ferroviario di Villa San Giovanni Da quattro mesi senza stipendio, chiedevano una manifestazione eclatante, mentre 200 contrattisti occupavano il consiglio regionale. A stento i sindacati sono riusciti a contenej re la proposta e a far ripiegare l'assemblea su un programma diverso: una marcia composta e responsabile da Reggio a Catanzaro Il timore è che il movimento dei lavoratori possa sfuggire all'impegno del sindacato e Ferrara, perplesso, domanda: «Si sa forse come finisce se una popolazione si mette in movimento?». L'ultimo esempio è di sette anni fa. Allora la rivolta di Reggio esplose dopo il rapporto alla città del sindaco Battaglia. Le destre si impossessarono della rabbia più accésa nel sogno assurdo di impadronirsi della città e la situazione si fece incontrollabile: cinque morti, miliardi di danni. «Posso mettermi a fare il capopopolo — domanda Ferrara — dopo gli sforzi com¬ piuti dalle forze politiche per riassorbire le spinte eversive?». Fu allora, per placare gli animi, che arrivò in Calabria il «pacchetto Colombo» con la promessa di 23 mila posti di lavoro e il sogno delle ciminiere dell'acciaio: il Quinto Centro siderurgico di Gioia Tauro, un'illusione che oggi tramonta su un deserto di 700 ettari spianati a zero in un mare di olivi e di agrumeti verdissimi per placare l'ira di Reggio Calabria. Ferrara soggiunge: «Ormai il Quinto Centro è irrinunciabile: è l'unica prospettiva. Null'altro ci è stato offerto, non c'è alternativa. Il ministro Bisaglia me lo ha confermato: "Ferrara — mi ha detto — di pronto non c'è nient'altro"». E allora la Calabria chiede la sua cattedrale nel deserto, ad ogni costo, nell'ostinazione che viene dalla miseria, ancora disposta a credere nella più gigantesca favola della nostra politica economica: quella di un polo di sviluppo da far atterrare nella piana di Gioia Tauro quando era stato già promesso prima ai terremotati del Belice, poi ai disoccupati del Voltruno L'illusione infine approdò in Calabria e sette anni sono trascorsi. L'acciaio perde colpi, ma Ferrara dice: «Qui le fabbriche aprono e chiudono: l'industria di Stato dà garanzia economiche e sociali. Almeno le Partecipazioni Statali assicurano gli stipendi e non ingrassano la mafia: un colosso non paga tangenti». I calcoli economici non lo interessano: «Non è più questione di conti: ci vuol niente a far scoppiare la Calabria. Non c'è tempo: non possiamo prendere in considerazione la proposta di Cosentino, del grande complesso turistico, perché, ormai è accertato, non c'è sviluppo senza industria e qui un complesso alberghiero, anche se gigantesco, non produrrebbe ricchezza, ma soltanto crisi e scollamento sociale, con il contadino che resta escluso e non partecipa alla grande girandola del divertimento delle vacanze». Traccia una geografia del malcontento calabrese. C'è un esercito in subbuglio: è quello dei quindicimila «forestali», una marea di braccianti che conta ormai per vivere su Francesco Santini (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Persone citate: Aldo Ferrara, Bisaglia, Cosentino, Quinto Centro