Perché Roma è assai più antica di Romolo

Perché Roma è assai più antica di Romolo LO PROVA UN FRAMMENTO DI CERAMICA SCOPERTO SOTTO IL CAMPIDOGLIO Perché Roma è assai più antica di Romolo Cinque secoli prima, pastori e mercanti già s'incontravano sul Tevere, ottimo punto d'incontro fra Oriente e Occidente, greci e italici Roma, agosto. Per chi da piazza del Campidoglio scende al Belvedere sul Foro, un breve rettangolo di lastricato rimosso non attira l'attenzione, anche se è basolato romano: forse, un guasto alle tubature? C'è solo una fune attorno e pochi paletti e nemmeno il cartello « Lavori in corso ». I passanti ci buttano i vuoti della birra e della Coca Cola; ma sotto a quelle pietre smosse, coperte da un telo di plastica pieno di sabbia, la Storia ha compiuto un lungo passo, ha rischiarato con la sua torcia zone ancora oscure del passato; le leggende sulle origini di Roma trovano vaghe conferme, assumono un volto gli irsuti abitatori dell'Urbe, già presenti al momento del mitico sbarco di Enea sulle rive del Tevere. Parla il passato Si trattava di installare un serbatoio di nafta per il riscaldamento del Palazzo Senatorio: fuori dell'edificio, com'è la norma, e a una certa profondità. Il prof. Pietrangeli, Soprintendente ai Monumenti comunali, aveva avvertito gli incaricati: non vi conviene scavare. Vi toccherà fermarvi subito. E infatti si fermarono subito. Il sottosuolo è gremito di documenti remoti: restava solo da decifrarli. E' quel che ha fatto Anna Sommella, la giovane ispettrice dell'Antiquarium che ha diretto lo scavo. In sua assenza, mi illustra i lavori il prof. La Rocca (autore, con il Coarelli, della bellissima guida di Pompei, edizioni Mondadori). Siamo sul fianco destro del Palazzo Senatorio; esso sorge sulle fondamenta di un tempio d'età repubblicana, e sul Tabularium (l'archivio di Stato fondato dal console Catulo nel 78 a.C.) se ne vedono ancora le arcate possenti prospicienti il Foro. E' bastato scavare poco più di un metro per toccare il tufo nudo del colle. E' tutto una rete di canalette di scarico che convogliavano le acque in grandi fogne che tagliano tutto il colle; sfociano in pozzi rivestiti di mattoni quadrati: di questi soli è possibile la datazione all'età imperiale. Il resto è forse arcaico. Qui, prima sorpresa, è stato trovato uno scheletro: un morto poverissimo sepolto nella nuda terra, senza né sarcofago né bara: solo una piccola tettoia di tegole. Si suppone che questa sepoltura umile — non un nome, non un oggetto, non una croce — appartenga all'Alto Medioevo, forse al VII secolo d.C, momenti di miseria estrema, di assedi, di invasioni. Una deposizione affrettata a lume spento, in una zona della città ormai abbandonata. Mentre le altre città europee dall'epoca delle grandi invasioni, il V secolo, per difendersi dal banditismo, dalle rivolte sociali, si restrinsero in una cerchia più angusta al fine di ridurre l'estensione della difesa, Roma, nell'impossibilità di resistere lungo le Mura Aureliane, si frantumò in nuclei attorno a una chiesa, una torre, un palazzo fortificato: villaggi urbani, separati da grandi distese di orti. Poi — un passo indietro di un altro millennio — affiorano blocchi di terra che la stessa costruzione del Tabularium non aveva smosso; vi sono stati rinvenuti frammenti di ceramica e di bucchero antichissimi. Tra questi, un pezzo di argilla reca l'impronta d'una incannucciata, la parete di stuoia di una capanna fatta di pali, con tet¬ to di paglia, analoga a quelle dette «romulee» del Palatino: gli abituri sacri alla pietas di un'età che volle valorizzare il passato per riconoscersi (Augusto non lasciò mai la casa presso quelle tracce arcaiche, per imprimere un contenuto fatidico al suo potere). Ed ecco farsi strada l'ipotesi che esistesse anche qui nell'età del ferro (VIII secolo a.C.) un abitato umano. In quegli anni Roma raccoglieva da saghe orali la storia d'una stirpe di eroi che cinquecento anni prima avevano tentato di aprirsi le porte del Mar Nero. Emporio a Ischia Che anche il Campidoglio e l'Aventino fossero abitati contemporaneamente al Palatino, è un'ipotesi suggerita dalle leggende e fortemente plausibile. Il prof. La Rocca me l'aveva prospettata già quando mi illustrò la Mostra del Lazio Arcaico attualmente a Parigi. Da questi due colli era facile controllare il guado sul Tevere nel punto più stretto, subito a monte dell'Isola Tiberina. In epoca storica vi fu costruito un ponte di legno, Ponte Sublicio, ora Ponte Rotto. Nella piccola valle alle pendici della Rupe Capitolina, detta area sacra di S. Omobono, doveva essersi stabilito ben presto un mercato. Vi sono state trovate ceramiche di argilla rossa e arancio, decorate con disegni geometrici, provenienti dall'Eubea o da Corinto oppure da Ischia, che fu la prima testa di ponte greca in Occidente. Non in Sicilia né in Calabria nacque la Magna Grecia ma in un'isola: quando era più facile spostarsi sul mare che sulla terra, quei primi coloni dall'isola tirrenica potevano accedere alle miniere di ferro. dell'Isola d'Elba e alte colline metallife¬ re dell'Etruria. Penetrando nel Tevere, inoltre, trovavano un approdo sicuro e un incrocio di percorsi possibili. In quel punto, le popolazioni dell'Alto Lazio e della Sabina portavano probabilmente legname, pelli, latticini, agnelli (pecunia, va ricordato, viene da pecus); ricevevano in cambio sale e prodotti finiti, provenienti non solo dalle manifatture di Ischia e dell'Egeo ma perfino dalla Siria e dalla Cilicia: sigilli di questi Paesi, mi informa La Rocca, che ha approfondito l'aspetto economico delle origini, sono stati trovati in Etruria. La rotta commerciale aperta dall'Eubea attraverso la valle del Tevere e questo nodo di percorsi Nord-Sud Est-Ovest istituì il primo incontro tra Oriente e Occidente; i frammenti trovati hanno permesso di rintracciare le rotte e le strade terrestri lungo le quali si svolgeva il traffico: l'itinerario di Ulisse da Troia alle Colonne d'Ercole riflette quelle prime navigazioni, che di 11 a poco apriranno alle popolazioni di lingua greca terre ai coloni, scali ai mercanti: « Il naufrago tremante — scrive Adorno — anticipa la bussola ». Ulisse trascende l'ideale dell'età eroica, ne propone uno nuovo. Roma nacque dunque alla confluenza di strade, nello scambio di merci e di culture, nel punto d'incontro tra greci, etruschi, sabini, latini. Emerge un volto diverso da quello severo della Roma pastorale di Romolo. E infine, ecco la notizia sorprendente, ecco un altro passo che ci porta all'età del bronzo: un frammento di ceramica appenninica appartiene al XIV o XIII secolo a.C. (In quegli anni, il re di Argo e di Micene, Agamennone, raccoglieva una fiotta di mille navi dalla chiglia nera e salpava contro Troia). Da queste poche zolle smosse sulla pubblica strada vicino al Campidoglio si può dedurre, se non un insediamento, una « frequentazione » (il termine appartiene al lessico degli iniziati) di genti italiche in questi luoghi fin dall'età del bronzo, e cioè cinque secoli prima che i pastori dei colli prendessero interesse diretto al mercato che si svolgeva ai loro piedi. Fu forse quello il momento a cui risale la leggenda di Romolo, capo di pastori armati, uniti in un'unica tribù. « Ci manca solo un frammento miceneo » dice il giovane archeologo « ma lo troveremo ». Affiora dal Campidoglio la Roma di Eracle e di Evandro, il pastore che abitava sul Pa¬ latino, mentre Caco, il mostro a tre teste, stava sull'Aventino. Nella tradizione poetica, Evandro rappresenta il pastore dai rudi costumi e Virgilio ne fa il portavoce di un'etica severa e frugale, tipicamente romana. Nell'accogliere Enea, scampato dalla lussuosa città distrutta, sulle rive del Tevere, Evandro gli ingiunge, monito perenne del moralismo nostalgico che corre nella letteratura latina: « Ascolta, ospite; disdegna le ricchezze. Solo così ti mostrerai degno del dio». Il dio era Ercole, il quale per il bene dell'umanità, s'era assunto fatiche immani, labores. Ecco il segno premonitore, il presagio che dà l'avvio alla stirpe di Roma: austerità e lavoro. Lidia Storoni