Teng ritorna, ma solo a metà

Teng ritorna, ma solo a metà I PROBLEMI E LE INCOGNITE DELLA CINA NEL, DOPO-MAO Teng ritorna, ma solo a metà E' riabilitato, non promosso come chiedevano i militari - La "banda dei quattro" è stata espulsa dal partito, si ignora se e quando verrà processata - Si ha l'impressione di lotte oscure per il potere - La polemica investirà anche il culto di Mao? ( Dal nostro inviato speciale) Shangai, luglio. Teng Hsiao-ping riabilitato. La «banda dei quattro» espulsa dal partito. Hua Kuo-feng confermato nella sua dittatura con la triplice carica di presidente del partito, primo ministro, presidente della commissione militare. Questi annunci ufficiali hanno segnato una tappa chiarificatrice nella Cina senza Mao, ma non chiudono tutti i problemi. Teng torna alle cariche di prima, ma non viene innalzato come voleva un gruppo di militari al vertice del governo, e al secondo posto nel partito dopo Hua. I quattro vengono espulsi, ma senza dire se il processo in corso si chiude così. Il gioco delle simmetrie (riabilitazioni-condanne) ha quindi fatto un passo avanti senza un epilogo radicale. Infatti: riabilitazione per Teng, non promozione, espulsione per i quattro, ma non ancora punizione commisurata alle accuse. Resta ancora in sospeso la questione del rapporto Hua-Teng, vecchi rivali. Ma soprattutto resta in sospeso la questione dei quattro, la cui condanna finale è strettamente legata all'annunciata revisione dello statuto del partito. Eccoci comunque nel punto giusto per fare un bilancio del processo alla «banda dei quattro». Shangai era il loro regno. Tre dei quattro (Wang Hong-wen, Chang Chiung-chiao, YaoWenyuan) sono nati qui, e qui sono diventati celebri come «gruppo di Shangai». La stessa moglie di Mao, Chiang Ching, nata nello Shantung, più a Nord, ha vissuto a Shangai fino al '37, col primo marito Tang Nai, critico cinematografico, facendo l'attrice; e successivamente ha usato Shangai come città di punta della rivoluzione culturale. Pertanto, ecco il porto immenso, ecco questo formicaio, questa città cinese atipica, un tempo paradiso degli avventurieri, tenuta sempre in sospetto da Pechino perché corrotta dall'Occidente, riprendere il suo ruolo di città «negativa». Oggi è la «città della banda», l'origine di tutti i mali della Cina. Le accuse che i «quattro» hanno accumulato non si contano; ma «China Quarterly» le ha pazientemente elencate, basandosi sull'arringa di Wu Te, sugli articoli della stampa di partito, sulle trasmissioni radio registrate dalla Bbc. Il totale delle colpe supera la trentina, si va dalla falsificazione della volontà di Mao al complotto contro Ciu En-lai. Poi l'elenco comprende l'incitazione alla violenza e all'anarchia; la sovversione contro la dittatura del proletariato., la «subdola soffocazione» della campagna contro Lin Piao; il sabotaggio contro le ferrovie nazionali, contro l'educazione, e contro la produzione; l'organizzazione di scioperi e rivolte, gli «illeciti contatti » con lo straniero, la persecuzione dei veterani del partito; la carcerazione degli intellettuali. La sentenza finale per la sinistra maoista è d'essere un «movimento d'ultradestra, terroristico e fascista». E' la fine di tutte le sinistre che perdono, secondo una vecchia ricetta leninista. Ma se facciamo un passo indietro nel loro regno di Shangai, troviamo le tracce di una storia diversa. Infatti, ancora prima del 1965, la «banda» si forma proprio per sostenere Mao che ha lanciato il «movimento di educazione socialista». Nasce in contrapposizione a Pechino dove i notabili del partito ostacolano il «movimento». Anzitutto, combatte Liu Shao-ci che nel '62 ha pubblicato contro le tesi di Mao il famoso Sull'autoeducazione comunista. In secondo luogo, sostiene Mao quando gl'intellettuali legati al sindaco di Pechino Peng Chen l'attaccano con commedie e articoli. Infine, diventa il solo appoggio di Mao quando egli è isolato dalla «sovrastruttura» del partito. In questa tappa di Shangai mi rileggo infatti la famosa testimonianza di Snow che di tutto questo parlò con Mao. Snow racconta: «Nel 1964 Mao, per colpa di Liu, aveva già perduto il controllo effettivo su gran parte della gerarchia del partito e sull'apparato amministrativo dello Stato. Nel 1965 egli non fu in grado di far pubblicare dalla stampa di Pechino controllata dal partito un documento importante col quale intendeva lanciare la rivoluzione culturale. Me lo disse lui stesso nel '70, e mi disse che dovette farlo pubblicare sotto forma di opuscolo a Shangai». Snow continua: «A Shangai, c'era infatti Yao Wenyuan, uno scrittore relativamente giovane che nel '57 si era già guadagnato le lodi di Mao per le sue polemiche contro le deviazioni borghesi ; ' nella cultura. Fu anzi Chiang Ching, la signora Mao, che parlò con Yao, suo vecchio amico. E cosi nacque la famosa critica di Hai Jui, riveduta undici volte, pubblicata in novembre a Shangai perché Mao non riusciva a farla apparire sulla stampa di Pechino... Poi Mao mi disse di aver fatto affiggere il suo famoso giornale murale intitolato "Bombardate il quartier generale", perché ormai il potere sul partito, sul lavoro di propaganda, sui comitati provinciali e locali, persino sul comitato di Pechino, sfuggiva al suo controllo ». Cattivi a Shanghai La nascita ufficiale della «banda» data quindi dal '65, e ha il fine di sostenere Mao isolato. Accanto a Ching che lavora con Yao, ci sono infatti Wang e Chang. Il primo, ex operaio di una filatura, comanderà i ribelli maoisti di Shangai, che nel gennaio '67 passano all'azione, travolgono i vecchi quadri del partito, fondano il comitato rivoluzionario. Il secondo, che dirige a Shangai la rivista Cina Nuova, collaboro con Ching -i Yao alla diffusione degli scritti filo-maoisti che appaiono con pseudonimo collettivo, ma soprattutto conduce alla ribellione le forze militari di Shangai contro il comando di Nanchino, organizza la comune rivoluzionaria del gennaio '67. Nel numero del 27 gennaio 1967 del Quotidiano del popolo Mao stesso cita ad esempio la sollevazione militare guidata da Chang. La Shangai dei «quattro» era dunque una città «positiva». Fino a quando lo restò? Su questo punto le tesi sono contraddittorie, e le accuse del responsabile per la cultura del nuovo comitato rivoluzionario, il pittore Chen Lo, sono prive di sfumature. «Da un decennio» ci dice «la banda compiva malefatte, e sono molti gl'intellettuali incarcerati dopo il '65 da Ching. Per esempio, l'attore Cia Tan, condannato a dieci anni nel '68, è stato liberato adesso». Secondo questa requisitoria, la «banda» cominciò subito ad agire come tale; ed è evidente che una simile tesi coinvolge anche Mao, proprio il Mao di Snow, degli anni '62-'66. Uno dei direttori dell'agenzia. Nuova Cina ci ripete invece la tesi ufficiale del comitato centrale, e cioè che «la banda si è formata nel '73», e che «Mao stesso l'ha criticata». Infatti, il suo racconto è il seguente: «Il problema si pose dopo il decimo congresso dell'agosto '73. Prima e durante il congresso erano in primo piano le colpe di Lin Piao; quelle dei quattro si nascondevano facilmente dietro di esse. Ma dopo fu Mao stesso ad accusarli, in una riunione dell'ufficio politico, trovando personalmente la definizione di banda dei quattro. Prima li chiamava la "banda di Shangai". Nella requisitoria disse: "Perché formate la banda dei quattro? Non dovete fare intrighi, cospirazioni". Ed essi pronunciarono l'autocritica. Ma i fatti hanno dimostrato che l'autocritica era falsa. All'inizio del '74 essi scatenarono un'accanita offensiva contro Ciu En-lai e i veterani del partito. Organizzarono due manifestazioni di diecimila persone contro Ciu, e Ching rise in pubblico, dicendo che Ciu era finito. Poi vollero pubblicare i loro discorsi, Mao l'impedì dicendo che "la loro metafisica è arrogante"; ed essi scrissero allora un opuscolo in attacco di Ciu En-lai, intitolato "Chi è Confucio" ». Questa versione più riduttiva, che tende a isolare i quattro da Mao nell'ultima parte del decennio '65-75, conserva però una forte am¬ cWlpc perbole, si parla di carceri, di persecuzioni, i vincitori non concedono margine ai vinti. Perfino il direttore di Raccolta culturale, la rivista che fu diretta da Yao, che pubblicò gli scritti censurati di Mao, nega valore ideologico agli scritti degli Anni Sessanta, mi parla di «falsi», smentisce Snow, autore sacro fino a ieri ai cinesi. Ma non è solo Shangai che opera (per ragioni «locali») una esasperata cancellazione del passato. Ovunque non c'è più la vecchia storia dei vinti e dei vincitori, recitata con granitica calma, in termini di peccato e riabilitazione. Ovunque c'è l'incertezza di una linea di demarcazione tra passato accettabile e passato da rinnegare che coinvolge l'ultimo Mao. Infine: ovunque questo processo lascia illeso solo Ciu, unico «eroe positivo» dell'ultimo decennio. Iniziando questo breve viaggio, mi chiedevo infatti «quale» Mao verrà sepolto nel mausoleo di Pechino. Volendo dare una risposta (beninteso provvisoria, dato che questi appunti sono provvisori) direi che dal processo ai «quattro» emerge soprattutto un'esaltazione di Ciu, una costante ricerca in Ciu della linea maoista giusta, da assumere come eredità. E' certo esagerato dire (come si dice spesso) che nel mausoleo di Pechino costruito per Mao finirà con l'entrare solo Ciu. Più probabile che diventi un «mausoleo per due». Naturalmente, se il gioco delle riabilitazioni e dei processi non aprirà un'epoca torbida, un 1929 sovietico trasferito in Asia. Alberto Cavallari Pechino. Un gruppo di cinesi esulta ascoltando alla radio la notizia della riabilitazione di Teng Hsiao-ping (Tel. Ansa) biguità. Il 1973, anno del congresso, è proprio l'anno del trionfo dei quattro. Wang firma il rapporto per la riforma dello statuto del partito. I tre di Shangai entrano nel Politburo dove già c'era Ching. Wang e Chang giungono addirittura al vertice del comitato permanente. Nei due anni seguenti, poi, Chang viene incaricato di pronunciare il discorso sulla revisione della Costituzione. Ne scrive il preambolo nel gennaio '75. Infine, come commissario militare dei «ribelli» di Shangai e di Nanchino, viene nominato capo del dipartimento politico dell'esercito. Come mai questo trionfo se Mao aveva già denunciato la «banda»? Come mai tante promozioni se la banda (nel '74) aveva già provocato sollevazioni popolari contro Ciu En-lai? La lìnea di demarcazione tra passato accettabile e passato da rinnegare è ancora fluttuante, ma lo studio del processo ormai prova che non ci si limita al '76, alla lotta per la successione vera e propria. Il vice primoministro Chi Teng-kuei parla di «guerra civile generale», le requisitorie spostano la data al '73, ed è chiara la tendenza a processare tutta l'ultima gestione maoista del partito e dallo Stato. Vi sono quindi due domande che pesano sulla Cina d'oggi. Fino a che punto Mao non è coinvolto nel processo? Fino a che punto le istituzioni nate in quel periodo (statuto del partito e Costituzione) sono messe in discussione? Naturalmente è impossibile rispondere prima che la sorte dei quattro sia decisa, e prima che il nuovo congresso stabilisca «quale passato» venga rinnegato, «quale» lettura venga fatta della nuova Costituzione. La risposta ufficiale è che «i quattro sono stati isolati e sottoposti a inchiesta»; che hanno «già scritto la loro autocritica», che «dal punto di vista organizzativo il problema è risolto», e che «un giorno il partito deciderà». In ogni conversazione sì evita di localizzare il loro «isolamento», di specificarlo meglio, di usare la parola processo in rapporto alla decisione. Soltanto la decisione di questi giorni annuncia la loro «esclusione dal partito» deliberata dal comitato centrale. Nessuno può quindi prevedere l'ampiezza dell'istruttoria in corso, il tipo di processo che si vorrà, magari sulla falsariga dei famosi processi di Mosca. Ma non è controverso che proprio l'istruttoria contro i «quattro» sia diventata la preparazione del congresso. Il fatto nuovo della Cina senza Mao è che l'ideologia di domani viene cercata nel buio di un'inquisizione. Verso una crisi? La sorte dei «quattro» dipenderà adesso dalla situazione interna; si avrà clemenza se saranno utili nelle nuove lotte di potere, verranno giudicati inesorabilmente se ciò gioverà alla nuova ideologia che presiederà alla revisione dello statuto del partito. Si può presumere anche che il vecchio antagonismo tra Hua e Teng (ora riabilitato e potente) potrà incidere sul loro destino. Si sta rafforzando in molti osservatori, del resto, il dubbio che la sovrapposizione dell'istruttoria col congresso, dell'ideologia col processo, sia per la Cina fonte di una grave crisi. Alla vecchia ricchezza ideologica delle famose lotte tra linea giusta e linea sbagliata, si va sostituendo la ricerca di una politica diversa fatta per inchieste e per metodi amministrativi. Peggio ancora (come ha scritto anche Fontaine) si può davvero pensare che il processo ai «quat¬ tro» sia un metodo molto cinese per «demaoizzare» senza clamori krusceviani. Infatti: quanto di Mao sopravviverà al processo contro i «quattro»? Fino a che punto il processo non diventerà un processo contro Mao per interposte persone? Shangai, «città del male», naturalmente aiuta le amplificazioni. Le requisitorie qui assumono dimensione d'i¬