Dopo l'accordo a sei chi è contento chi meno

Dopo l'accordo a sei chi è contento chi meno Dopo l'accordo a sei chi è contento chi meno Roma, 22 luglio. Due contrastanti bilanci di questa prima settimana dell'accordo programmatico dimostrano che anche in politica, e non solo nella vita, la stessa causa può dar luogo ad effetti ben diversi. Ci spieghiamo. Da una parte il governo e il Parlamento, come fossero ossigenati dall'intesa, lavorano di buona lena. Lo dimostrano il varo del decentramento regionale deciso questa sera dal Consiglio dei ministri; l'approvazione della nuova disciplina militare alla Camera; il delinearsi di un possibile compromesso sull'equo canone che, se ci sarà, potrà fornire nuovi investimenti all'edilizia proprio quando, in autunno, si teme una maggiore recessione; infine, c'è l'attività, spesso oscura, ma rilevante delle Commissioni parlamentari dove, ci dicono, «spira un'aria nuova di collaborazione». Questa è la faccia positiva della medaglia-accordo. Dall'altra parte, c'è la faccia, se non negativa, certo problematica: emerge dalle prime «verifiche» degli organi direttivi dei partiti contraenti, tranne il comitato centrale del pei che si è detto soddisfatto pur puntando su un graduale inserimento dei comunisti nella maggioranza e nel governo. Nella de ci sono gli scontenti dell'accordo (in generale le destre) ma anche i preoccupati della strategia del partito, come si ricava da un documento dei basisti Martinazzoli, che presiede l'Inquirente, e Gerardo Bianco, vice presidente del gruppo de alla Camera: ne riferiamo più oltre. Domani la direzione de discuterà partendo dalla legge 382 che decentra molti poteri statali alle Regioni, per passare alla data del Consiglio nazionale (29-31 luglio o primi di agosto) e al rinvio delle elezioni suppletive del 6 novembre alla prossima primavera. Anche nella de, tenuto conto di tutti gli umori, i primi passi della intesa saranno ratificati in direzione. Ben diverso discorso riguarda gli al tri sottoscrittori, ad eccezio ne del pri il cui Consiglio nazionale ha oggi confermato solo le riserve sulla parte economica. Il psi e il psdi sono fortemente preoccupati, inve ce, della preponderanza per cosi dire fisiologica della de e del pei che, unendo le loro forze, possono decidere tutto malgrado gli altri. E' accaduto al psi, contrario in larga misura al testo della 382, che però è «passata» tranquillamente sull'asse dc-pci. La direzione socialista ha proposto ieri ai comitato centrale di metà settembre un congresso anticipato per febbraio-marzo '78. E' la via per trovare «una precisa identità e strategia», cioè uno spazio politico ed elettorale più confacente a un partito di grandi tradizioni come quello socialista. Ma il ricorso al congresso anticipato è anche la prova che il psi si sente adesso soffocato dal predominio de e pei. I socialdemocratici hanno già lanciato un primo attacco ai comunisti accusandoli di «visione totalitaria» e criticando la de che per mantenere il proprio potere (secondo loro) si appoggerebbe agli «interessati cedimenti del pei». Al Consiglio nazionale del pli, come riferiamo altrove, Zanone rischia di cadere come prima vittima dell'accordo che ha sottoscritto, benché fra l'avversione degli altri dirigenti, ma consapevole che fosse una necessità per il Paese tanto più che l'intesa riguarda certi punti di programma necessari per superare la crisi generale. Da questo sintetico panorama di inquietudini nei partiti intermedi o minori, ad una Lamberto Fumo (Continua in 2" pagina) in quinta colonna)

Persone citate: Gerardo Bianco, Martinazzoli, Zanone

Luoghi citati: Roma