Carlo Rosselli inedito

Carlo Rosselli inedito UNA POLEMICA ANCORA ATTUALE Carlo Rosselli inedito 9 giugno 1933. Carlo Rosselli scrive da Parigi a Egidio Reale, \ che risiede a Chàteau-d'Oex sulle Alpi vodesi e capeggia idealmente l'emigrazione antifascista in Svizzera: « Puoi credere quale sia in questi giorni il nostro umore! Un bel giorno sentiremo Mussolini fare l'elogio della libertà e posare a campione dei diritti della persona umana. Nonostante il nostro giustificato scetticismo sulle possibilità di accordo RomaParigi, non si può escludere che Mussolini, convinto che l'unica grande parte da giuocare in Europa, con gli attuali rapporti di forza, sia quella del pacificatore, non accetti il consiglio di Ludwig e non aspiri a succedere a Briand. Bada che una simile politica gli assicurerebbe una autentica popolarità in Italia dove la guerra faceva paura, specie alla borghesia ». Sono i giorni del massimo sconforto nelle file dell'antifascismo, esiliato e indigeno. Mussolini ha lanciato da poco la proposta del « patto a quattro », in funzione di stabilizzazione europea e di coinvolgimento moderato della Germania da poche settimane hitleriana, riscuotendo consensi e appoggi a Londra e a Parigi. Nella primavera MacDonald è venuto in visita a Roma, insieme col ministro degli Esteri Simon, rinnovando quasi l'impressione della tradizionale amicizia italo-inglese. La diffidenza verso l'incognita Hitler sembra accompagnare la diplomazia italiana, preoccupata delle sorti dell'Austria, non meno di quella anglo-francese, timorosa di un impetuoso e sconvolgente revisionismo germanico. Nei giornali italiani non esce una riga di appoggio al dilagante antisemitismo nazista: riviste cattoliche inclini all'intesa col fascismo aprono anzi, senza mezzi termini, le ostilità contro il «neopaganesimo» della Croce Uncinata, la collaborazione, già in atto, fra cattolici e fascisti sembra trarre nuovo alimento dal comune fronte antirazzista. Mussolini dichiara a Ludwig che il lealismo degli ebrei italiani è fuori discissione, ricorda i generali israeliti, le confluenze fra nazionalismo ed ebraismo. « Credo che raramente nella storia — è sempre Rosselli che scrive a Egidio Reale — ci sia stato un periodo più statico, più liscio di quello che si svolge ora in Italia. Finché la dura così siamo ridotti a fare i moralisti, nonostante lutti gli sforzi che facciamo per rimanere nella politica». Sono sfoghi inediti ma rivelatori, compresi in un epistolario tutto inedito: qual è quello di Egidio Reale, una delle più nobili e più appartate figure dell'antifascismo di stampo democratico e risorgimentale, dopo la Liberazione ambasciatore a Berna. Pagine tutte ispirate a un pudore e a una discrezione di tipo ottocentesco; pagine dove senti circolare le stesse amarezze e insofferenze e delusioni che caratterizzarono gli esuli del riscatto nazionale, dove cogli le stesse divisioni e animosità che anche un secolo prima avevano distinto il fronte degli emigrati. Frammenti di una storia d'Italia ancora tutta da scrivere (dobbiamo alla cortesia della signora Antonietta Guazzaroni, la figlia di Egidio Reale, la possibilità di aver preso conoscenza delle purtroppo non numerose lettere scambiate fra il '31 e il '35 con Carlo Rosselli: ma sullo sfondo di un epistolario ben più vasto, amorosamente ordinato, puntualmente ricostruito). Sono passati da poco quarantanni dall'assassinio dei fratelli Rosselli a Bagnoles-de-l'Orne, sotto i colpi della « Cagoule » fascista. Un importante convegno di studi è stato organizzato a Firenze, con contributi anche internazionali e un livello scientifico pari al valore delle testimonianze dirette; un dibattito su Quarto stato, la rivista di Nenni e Rosselli di poco successiva alla morte di Rivoluzione liberale e ancora compenetrata di vene gobettiane, è stato promosso a Milano da Critica sociale, la rivista di Turati e Treves risuscitata da pochi mesi; la Facoltà fiorentina « Cesare Alfieri », che vide Carlo Rosselli studente e laureato con Dalla Volta sui temi del sindacalismo, rivoluzionario e no, lo ha ricordato con un discorso di Enzo Tagliacozzo, antico compagno di battaglie salveminiane (e fra i salveminiani l'amico Galante Garrone lo ha evocato da par suo su queste colonne). Ma nel complesso, Firenze a parte, non sembra che la ricorrenza rosselliana abbia suscitato quelle risonanze, anche popolari, che la memoria dei fratelli Rosselli, e il loro ruolo nella Resistenza, e in un filone inconfondibile della Resistenza, meritavano. Senza contare i silenzi o le riaffioranti riserve della cultura comunista: indice che certi solchi non sono ancora colmati, che le polemiche lontane rivivono nelle ritrosie di oggi. Le lettere di Carlo Rosselli a Egidio Reale (non esistono, purtroppo, le risposte) gettano nuova luce sulle immense difficoltà che quel movimento di intellettuali, e di assoluta minoranza, che fu « Giustizia e libertà » dovette superare negli anni fra il '31 e il '34. Non partito, e anzi sgradito ai partiti organizzati nella fragile, e composita, « Concentrazione antifascista » di Parigi. Movimento di ispirazione socialista, ma rifiutante il marxismo, sia nella versione leninista, sia in quella, diciamo così, pre-rivoluzione d'ottobre. Gruppo fondato su un volontarismo tutto sorretto da un afflato intellettuale, da un'alta tensione morale: ma con echi sempre più scarsi in Italia, dopo l'arresto di Riccardo Bauer, dopo i colpi dell'ottobre '30. Nucleo di ripensamento culturale visto con diffidenza dai settori dominanti della resistenza in casa, dall'antifascismo di stampo crociano (è uscito in questi giorni, sulla Rivista abruzzese, anno XXX, n. 2. un inedito di Croce sugli « esuli », una descrizione, severissima, degli incontri a Parigi con Rosselli, « che non aveva la mente » pari al coraggio). Fra '32 e '34, le angustie di quel movimento toccano le punte massime. In Italia è in atto uno spostamento di intellettuali verso il partito comunista (lo ha evocato bene La Malfa nell'I«tervista a Ronchey). A Parigi la convivenza fra la « Concentrazione » e « Giustizia e libertà » è precaria, e tormentata, e oscillante. Il partito repubblicano, che è poi il partito di Reale, esce dalla « Concentrazione » come reazione al primo « quaderno » del gennaio '32 del nucleo rosselliano, quaderno che si contrapponeva a tutti gli altri partiti, con 10 stesso slancio con cui il Rosselli del '26 si era contrapposto all'Aventino, nella battaglia domestica. Egidio Reale, che è un repubblicano con larghe vene di indipendenza (ha preferito la Svizzera, dopo la fuga insieme con Pacciardi alla fine del '26), fa da mediatore, cerca di superare i contrasti fra i « giellisti » e i fedeli della tradizione mazziniana. Trova un alleato in Pacciardi, un avversario in Facchinetti. Nel '33 11 reingresso del pri nella concentrazione è assicurato (« è bette non indugiare ulteriormente — gli scrive Rosselli il 27 giugno 1933 — anche perché potrebbero nel frattempo rafforzarsi ulterior¬ mente nel partito socialista certe pigre forze sabotatrici o centrifughe »). Ma non sarà tregua di lunga durata. Nel febbraio '34 un nuovo articolo sui « Quaderni » di Giustizia e Libertà, incline a svalutare il vecchio partito socialista, romperà gli equilibri faticosamente raggiunti e per i quali Egidio Reale aveva lavorato dall'esilio svizzero con pazienza, perseveranza e riservatezza (tutte doti connaturate nell'uomo). La Concentrazione conoscerà la parola fine; il blocco repubblicanosocialista, rilanciato da Carlo Rosselli con gli stessi accenti risuonanti nel '26, non potrà tradursi in atto, sarà bloccato dagli esclusivismi di partito, tenaci in terra d'esilio non meno che in patria. Il carteggio fra 1 due amici si prolungherà, ma con un tono più mesto e distaccato. Reale continuerà a mandare un po' di franchi svizzeri per i « Quaderni »; nel settembre '34 Rosselli chiederà all'amico un appoggio per un « inviato speciale » clandestino nel Mezzogiorno (« vorresti preparare uno o due biglietti di presentazione per i tuoi amici delle Puglie? »). Avanza la grande tragedia europea: l'Etiopia prima, la Spagna poi. Mentre « Giustizia e libertà » si trasferisce col suo capo nelle trincee spagnole, Egidio Reale lancia da Ginevra le nuove « edizioni di Capolago », dove era esplicita — ricorda Silone, coautore dell'iniziativa — « la reminiscenza risorgimentale mazziniana ». Sono le edizioni che consacreranno l'uscita del Seme sotto la neve di SiIone, del Mussolini diplomatico di Salvemini, di Liberazione di Guglielmo Ferrerò (e Gina Lombroso animatrice dell'impresa). La parabola dell'esilio democratico e repubblicano riportava al Risorgimento. Le radici di Carlo Rosselli e di Egidio Reale erano identiche: una vena più gobettiana nel primo, una tenace e rigida fedeltà mazziniana nel secondo. Tornano in mente le parole che Carlo Rosselli, a metà del '26 aveva scritto sulle pagine semi clandestine di Quarto stato, la ri vista che dirigeva insieme con Nenni a Milano sotto l'occhiuta vigilanza della polizia fascista « L'Italia è un paese nel quale non si ebbero mai le grandi lotte di religione che costituirono dovunque il massimo lievito dei regimi liberali e la più sicura garanzia del principio di tolleranza e del rispetto di un minimo comune denominatore di civiltà...». Gobetti era morto da poche settimane; ma l'ombra della « rivoluzione mancata » si prolungava su una generazione, che avrebbe testimoniato col sangue la sua fede in un risorgimento ideale sempre perseguito e mai raggiunto. Quasi lievito di una storia perennemente incompiuta. Giovanni Spadolini Carlo Rosselli nel 1933