Quanta musica a Roma

Quanta musica a Roma DAI CANTI INDIANI AL MELODRAMMA Quanta musica a Roma Roma, luglio. Tanto teatro, tanta musica. Roma, un'orgia di teatro, un*orgia di musica. Gli annali capitolini dovranno ricordare l'estate del 77 come quella in cui lo spettacolo mise piede in città rovesciandone la faccia: meta di chierici vaganti, Roma sta diventando il tempio di Euterpe, di Thalia e di Melpomene. Le Muse a convegno hanno deciso di allestire sulle rive del Tevere il banchetto più fastoso di cui si abbia notizia nei tempi moderni. Centocinquanta spettacoli nel breve arco di un mese, poco più: si recita Lazarillo de Tormes, Gii dalle calze verdi, Plulo e Plauto, due edizioni simultanee del Borghese gentiluomo; Ottavia Piccolo si affaccerà a un balcone nella veste bianca di Giulietta-, Bruno Cirino metterà i panni di Rocco Scotellaro; canterà Eugenio Bennato, ballerà Amalia Hernandez (che si trascina dietro i colori del Messico); i Tarantolati di Tricarico si alterneranno alla Nuova compagnia di canto popolare. Tutto per l'egida del Teatro di Roma. Intanto, al Teatro Argentina, seconda edizione di « Teatro-Musica » (la prima si ebbe nel 73 al Teatro delle Arti; iniziativa firmatissima da John Cage, Sylva no Bussotti, Luciano Berio ecce tera). Questa edizione 77, sempre presidente Francesco Carrara c direttore musicale Marcello Panni, mette insieme concertisti ame ricani, uno spettacolo teatrale, gruppi di concertisti romani; lu un regista stabile nella persona dolce e romagnola di Meme Per lini. Vediamo. Parla Marcello Panni (romano, figlio in qualche modo d'arte: sua madre organizza l'Accademia Fi larmonica Romana; trentenne avviato verso la quarantina; direttore d'orchestra; compositore): « Per le scelte dei concerti non abbiamo pensato a un florilegio, a una antologia Abbiamo prese in blocco quei musicisti americani che in Italia vengono ancora considerati « cantina » mentre invece sono degni di altra attenzione. Per loro non si sa mai bene dove possano eseguirsi: in una sala da concerto? In una galleria d'arte? Abbiamo avuto a dispo sizione l'Argentina. Benissimo. Portiamo all'Argentina un pubblico che non ci mette mai piede: giovani eccetera o, se ci mette piede, ce Io mette non per la musica... ». Capienza ottocento posti, il tea tra ospita per queste serate fino a milletrecento persone: altre cen tinaia ne manda via. Un successone. Dice Meme Perlini, le palpe bre a mezz'asta, sorriso vaghissi mo come ritagliato da un fumet to: « Un pubblico che non fa ca sino. Silenziosi come a un rito: se si passano un joint lo fanno di nascosto... ». Serata d'apertura, Evening Ragas, con lo strepitoso vocalista indiano Pandit-Pran Nath; tabla Terry Riley; tambouras, La Monte Young e Marian Zarzeela. Era smo Valente ha scritto: « Successo pensoso », la serata era « calda, sudaticcia, fremente e anche inquieta per il continuo viavai dei ricercatori di posti, con sbattute continue di porte (quelle dei pai chi) ». Terry Riley e La Monte Young, rispettivamente, hanno dato concerti per altre due sere. Esperienza «indiana», nuova concezio ne del « tempo musicale »; questi americani, che pure hanno traffic, intensi con l'Italia, Roma e Trastevere, che ormai della musici) dicono cose inusitate, vanno considerati protagonisti: le cantine, ha ragione Panni, li hanno cacciati via a calci. Anche i «gruppi romani» inseriti nel cartellone (Gruppo pri ma materia, Gruppo di improvvisazione musicale «Edgard Varese ») escono dalla cantina: salgono sul settecentesco palcoscenicone dell'Argentina per la prima volta. A Roma, sempre per 1? prima volta, il milanese Paole: Castaldi, musicista esecutore (vo calista) di nuova fama: ha studiato a Darmstadt e a Siena; ne, presentare la sua musica fa i no mi di Karl Kraus e di Flaubert: è letterarissimo Nella stessa sera, extraits de concer della famosa Pastion selon Sade di Bussotti, mai eseguita a Roma. Un'altra prima (che poi è una seconda): pièce de resistance di Teatro-Musica 77, La partenza dell'Argonauta, autori Agliotti Panni-Perlini (pittore, musicista, regista), da uno spunto di Alberto Savinio. Cominciamo dalla musica. Rinasce l'opera, il melodramma? Risponde Panni: « La partenza dell'Argonauta è V "opera" rivisi tata, certamente; c'è il preludio, ci sono le arie, ci sono i concertati. Ma il canto emerge lentamente via via nello spettacolo: il canto è un pasticcio della romanza da salotto tradizionale, To sti-Grieg, eseguito in falsetto da un uomo travestito da donna. Ci sono esecutori musicali, componenti d'orchestra, mescolati agli attori. Ci sono interventi submusicali: suono di docce, frustate, gridi, pianti...». Passiamo allo spettacolo. Parla Perlini. Il tema, anzitutto. « E' ricavato da una pagina deh'Hermaphrodito di Savinio. Savinio e D<? Chirico suo fratello sono richiamati in guerra, nel '15. La tradotta che li porta soldati costeggia l'Adriatico, fra Ancona e Ferrara. Lo spettacolo è quel che si vede dal finestrino del treno: gj oggetti della visione; e gli oggetti dell'angoscia La visione è filtrata dall'angoscia del partire soldati, dal timore di restare feriti, chissà morti... Due, ci sono due ordini di eventi: quelli fisici, e quelli mentali. Quelli fisici: il mare, un mare che diventa una marana, ci si casca dentro, ci ca scano dentro attori e musicisti, un mare anemico sistemato dentro la buca dell'orchestra; poi ci sono bambini che giocano sulla spiaggia; le anguille di Cornacchie, le vecchie che passeggiano... « Vediamo poi gli eventi mentali: la metafisica, sono i reperti della metafisica dechirichiana, la metafisica scoperta a Ferrara, poi mutatasi nel sogno saviniesco: statue che passano in fila sul palcoscenico; bocca, naso, occhi che invadono tutto lo spazio del boccascena, e su di essi un pittore in platea (Antonello Agliotti), manovrando a un tavolo alcune lavagne luminose, butta colore, come se le statue metafisiche, ad esempio, vomitassero dalla bocca succo di pomodoro ». Siamo fra le poltrone vuote del l'Argentina, una fresca mattina; evocate da Perlini, le statue in due gruppi, dalla quinta di sini¬ stra e dalla quinta di destra, giocate dalle mani dei macchinisti che provano, avanzano a sipario ] sul palco, silenziose, dominante il color grigio-azzurrino di Savinio nella loro cartapesta. Domando a Perlini se nel colore abbia fatto suo il cinerino che Savinio amava tanto, il color del sogno; e Perlini risponde di si e di no. Parla pacato con un fare ironicamente cerimoniale di chi scherza e fa sul serio: lievemente olivastro, lievemente in carne, la pelle liscia di un bambino. Autore di Tarzan, Perlini è una star del teatro europeo: New York lo ha accolto questo inverno come un re; in autunno, poco più in là, ci tornerà, e verrà ospitato al Lincoln Center. L'avan guardia italiana entra nei Teatri nazionali esteri; da noi fa ancora cabotaggi nei teatrini « spe rimentali ». « No, non mi piace la parola "avanguardia" né la parola "postavanguardia". Sono di quelle etichette che servono al ministero Turismo-spettacolo per castrarti e confinarti ai pochi soldi. Io trovo, non cerco: lo diceva Picasso, no? Aveva ragione ». Allora faccio con lui il giocc della torre. « Chi butti giù, Carmelo Bene o De Filippo? » « De Filippo ». « Fra Panni e Bussotti, chi butti giù? » « Bussotti » « Chi salvi degli italiani? » « L'e sperienza di Leo e Perla, di Simone Carrella ». (Sono i nomi del futuro, sostengono alcuni). « E fra gli stranieri? » « Peter Stein. Richiard Foreman. Foreman, per esempio, sta in un loft a New York, giù in fondo a Broadway a Downtown: fa spettacolo in casa. Suoi titoli, ad esempio, sono Rhoda nel paese delle patate, Libro degli splendori ». 2; si entra in una trentina di persone, e si assiste a qualcosa che ha una base privata evidentissima; l'autobiografismo di Foreman è forsennato. Lui ha problemi sessuali con sua moglie, problemi di impotenza: fa spettacolo di questo, con gli odori malsani di una vita a due; eppure, riesce a farti sentire tutto il resto, quello che c'è fuori, tutto il fuori... ». Perlini, invece, fa spettacoli plastici, di forme e colori: una fantasmagoria di mirabilia (nostro inveterato secentismo teatrale). Eppure, il « privato », la «memoria», il «personale» ci sono anche in lui. La partenza del l'Argonauta venne dato in prima l'anno scorso al Maggio Fiorentino. I trent'anni scoccati da poco portano Meme a rendere sofisticata la noia: la noia d'ascoltare il nome di un « grande » accostato al suo: noia e una sottile soddisfazione. Amarcord? Il sorriso di Perlini, a questo punto, è il sorriso di un quieto gattono Dal palcoscenico si precipita giù come un saltapicchio Agliotti il pittore: « Diciamo anche che il nostro spettacolo, un'ora e quaranta di durata, sei repliche, costa un milione a sera: un milione per quindici attori, tre cantanti, dieci musicisti, una banda, sei tecnici e noi... una schiocchezza, no? Si sappia, si sappia». E si sapra. Enzo Siciliano scc] scnlcdsfcmcbY Sylvano Bussotti, uno dei protagonisti dell'estate romana