"Giustiziato,, da tre incappucciati

"Giustiziato,, da tre incappucciati Ieri mattina, sulla porta di un bar di corso Orbassano, all'angolo con via Pinchia "Giustiziato,, da tre incappucciati Giuseppe Zucco, 42 anni, piccolo impresario edile calabrese, era con il figlio di 16 anni e un cugino - E' stato fulminato da una doppia scarica di lupara alla schiena - Feriti anche il ragazzo e l'accompagnatore -1 killer erano stati visti aggirarsi nella via su un'"Alfetta", con la "coppola storta": insegna dell'appartenenza a una "famiglia" mafiosa - L'ucciso era stato sospettato dell'omicidio di Albert Francohi, ed era amico di Giuseppe Calabro Un impresario edile calabrese è stato ucciso Ieri mattina straziato dal panettoni d'una lupara e dal colpi di due pistole automatiche mentre con 11 Bello ed un cugino stava entrando In un bar di corso Orbassano all'angolo con via Pinella, A compiere l'« esecuzione », secondo un rito di vendetta maSosa, tre killers con cappuccio nero che gli hanno sparato alle spalle. Poco prima alcuni testimoni 11 avevano visti aggirarsi in auto nella zona con la tradizionale coppola scura inclinata sulle ventitré: inequivocabile segno per dimostra- re d'essere messaggeri d'una « famiglia » della «'ndrangheta». L'ucciso si chiamava Giuseppe Zucco, 42 anni, abitava In piazza Cattaneo 21,'c con la moglie Maria di 37 anni ed 1 figli Antonio, 16 anni (rimasto ferito nella sparatoria). Rosetta di 6 e Brunetta di 1. Un uomo dalla vita piena d'ombre il cui nome è apparso In molti episodi oscu I ri degli ultimi anni. Ma sempre ! sullo sfondo: sospetti, indizi mai concretatisl in prove. Legato da parentela e fraterna «amicizia» con la cosca dei Barlllaro, protagcci'.sia della ferece faida di Ciminà, era considerato in Pie- monte un vero «pezzo da novanta». Figura sfuggente, protettore e protetto, in un mondo che vive nascosto e nel silenzio, era stato sospettato d'aver ucciso il capo del clan del marsigliesi, Albert Praticoni; era stato implicato nella vicenda di Giuseppe Calabro, 11 «dottorino» accusato dell'omicidio dell'Industriale Ceretta e dei sequestri di Bongiovannl e Rosso. Ed ecco la cronaca dell'«esecuzione». Sono le 9,30. Zucco, che è conosciuto come «u pelusu», arriva su un puemi-no «850» davanti al bar del coniugi Annuii- | ziato Chirico, 54 anni e Maria Morena, di 47. Con lui 11 figlio Antonio ed 11 cugino Domenico Cataldo, 42 anni, via Reni 96/4. Da circa un mese Giuseppe Zucco è diventato cliente abituale. I proprietari, calabresi come lui, lo vedono arrivare ogni mattina per il solito caffè e le quattro chlacchere In dialetto. Anche oggi l'impresario edile va di fretta. Cataldo (era alla guida perché il cugino non ha patente) posteggia il pulmino in doppia fila: 1 tre uomini scendono ed entrano nel bar. Prima Antonio, poi l'autista, quindi Zucco. Ed ecco uno stridio di gomme: accanto al furgone arriva in velocità un'«Alfetta», Inchioda. Tre uomini si catapultano fuori: hanno il volto coperto da un cappuccio. In mano un fucile a canne mozze e due pistole. Zucco è ancora sulla soglia del bar, e si scatena un fragore infernale: il doppio colpo sordo del fucile da caccia, le detonazioni secche e acute delle pistole. Due scariche di lupara aprono un crivello di fori sanguinosi nella schiena di Zucco, che cade fulminato. Altri proiettili falciano l'aria ad altezza d'uomo: il figlio sedicenne Antonio e 11 cugino Cataldo sono raggiunti dalle schegge, la proprietaria del bar si nasconde urlando dietro il bancone mentre si rompono cristalli e bottiglie. Ma 1 killers non vogliono altri morti: Zucco è a terra Immobile in una pozza, le spalle trapassate dai panettoni, la caccia è finita. Risalgono in auto e fuggono. Qualcuno dirà più tardi: «Erano gli stessi che da un'ora giravano attorno all'isolato con la coppola sugli occhi». Arrivano sul posto gli investigatori: il colonnello Calabrese ed il capitano Lotti per 1 carabinieri, il capo della Mobile, Ferslni con 1 funzionari Faraoni, Ninetti e Sassi. Due ambulanze accompagnano al Maurizlano il figlio ed il cugino dell'ucciso; guariranno in poco più d'un mese. Ora si cerca, frugando nel passato turbinoso di quest'uomo, di dare una spiegazione a questo delitto. Tre sono le ipotesi degli inquirenti: vendetta del clan del marsigliesi sei mesi dopo l'uccisione di Franconl, esecuzione «comandata» da San Vittore dove Giuseppe Calabro è In attesa di processo o, ed appare la supposizione più verosimile, sentenza del tribunale mafioso a pochi giorni dal giudizio di Reggio Calabria sui protagonisti della falda di Ciminà. Quest'ultima appare la spiegazione più probabile. Vendetta dei marsigliesi. L'episodio chiave è l'assassinio dì Albert Franconl avvenuta la sera del 7 novembre dell'anno scorso. L'uomo, un passato di violenza e di morte, figura di primo plano nella malavita internazionale, trafficante di droga e valuta, venne ammazzato con, quattro colpi di pistola proprio in via Cattaneo (a due passi dall'abitazione di Zucco e dal luogo dove questi è stato «giustiziato» ieri) su una rampa sotterranea che portava ad un garage. A dargli «l'ultimo castigo», due uomini a tutt'oggi senza volto né nome. Ma subito i sospetti della polizia si appuntarono sul piccolo impresario calabrese: alibi di ferro. Venne però seguito a lungo in attesa che compisse un passo falso. Ed ecco, dal rapporto d'un brigadiere della Mobile, la sua descrizione: «E' un uomo che ha paura. Quando esce di casa è guardingo, c'è sempre un autista che lo aspetta sulla sua "132", forse un vero guardaspalle». bnnfzsnctcrd1pcSA Esecuzione comandata dei Calabro. Zucco ed il «dottorino» sono stati legati a doppio filo sino al momento in cui Calabro fu catturato a Milano. Un'amicizia di vecchia data: l'uomo accusato del sequestri di Dongiovanni Costa e Rosso è di S. Luca, comune calabrese a 14 chilometri da Ciminà, dove è nato Zucco. Due mesi fa la Mobile torinese fece irruzione in un residence di via Ormea per catturare 11 «dottorino»: l'uomo non c'era più ma si trovarono nomi, banconote «sporche», alcune fotogra¬ fie di gruppo In cui compariva anche il volto quasi pacioso di Giuseppe Zucco. Calabro fuggi al Sud: lo segnalarono a Ciminà, in casa del «compare». Ma riuscì a dileguarsi prima che arrivasse la polizia, e si rifugiò a Milano in un appartamento di via Beato Angelico dove quindici giorni fa fu sorpreso. A tradirlo, un'agenda trovata nella borsetta d'una sua amica con nomi ed indirizzi. O, forse, un tradimento? Al momento della cattura Giuseppe Calabro aveva detto: «Mi vendicherò». La scena del delitto: 1) il furgoncino da cui è sceso l'impresario; 2) la posizione dei killer; 3) il punto in cui è stato colpito. Il figlio Antonio e il cugino Domenico Cataldo. I coniugi proprietari del bar

Luoghi citati: Ciminà, Milano, Reggio Calabria