Settimana della disoccupazione

Settimana della disoccupazione Capi di Stato, di governo, industria, sindacati, contro Settimana della disoccupazione Bruxelles, 26 giugno. A tre anni e mezzo dall'inizio della crisi economica mondiale, la Cee discuterà nei prossimi giorni i primi timidi piani per rilanciare l'occupazione mediante nuovi investimenti. Troppo tardi e troppo poco è il caso di dire, eppure non è sicuro che il Consiglio dei capi di governo a Londra, a metà settimana, approvi il progetto di raccogliere mille miliardi di lire di prestiti per investimenti produttivi e il piano di accrescere di altri mille miliardi il capitale della Banca europea degli investimenti per lo stesso scopo. Nonostante i fallimenti di venti anni di politica comunitaria idealistica a parole e tecnocratica nei fatti, abbiamo quasi sei milioni di disoccupati nei nove Stati membri della Comunità, un fenomeno non ancora riconosciuto come elemento disgregante per l'Europa anche se lo si ammette come fattore sociale destabilizzante sul piano nazionale. Creata per gli anni di boom e per rinsaldare il capitalismo europeo, sotto lo schermo mistificatore dell'ideale europeista, la Cee non ha mai battuto la strada dell'unificazione sociale dell'Europa perché significherebbe affrontare i problemi alla radice, risolverli al prezzo di sacrifici comuni, con la partecipazione attiva delle masse. Così, ci si trova di fronte a quella che si può definire «la settimana della disoccupazione in Europa». Questo, infatti, sarà il tema dominante domani alla conferenza tripartita tra governi, sindacati e confindustrie, alla quale interverranno i ministri delle Finanze, degli Affari sociali, i leaders sindacali e i responsabili della politica delle multinazionali europee, oltre alla Commissione esecutiva di Bruxelles. Lo stesso argomento verrà discusso dai capi di Stato e di governo della Cee, giovedì, a Londra, al Consiglio europeo. I massimi responsabili della politica dell'economia dell'Europa dovranno constatare innanzitutto il fallimento della loro opera negli scorsi dodici mesi e dell'impegno preso all'ultima conferenza tripartita. Si decise, allora, il ritorno alla piena occupazione entro il 1980, una crescita economica del 5 per cento all'anno in termini reali e la riduzione del tasso di inflazione al 4-5 per cento entro il 1980. Un anno dopo, la crescita economica media sflora appena il 4 per cento, la disoccupazione è aumentata ovunque e solo l'inflazione è diminuita d'un paio di punti ma resta sul dieci per cento. Alla Conferenza tripartita, i sindacati ci vanno con poche speranze di vedere approvati i loro piani, la Commissione europea presenta generiche proposte, mentre i governi e gli imprenditori fanno fronte unico nell'opporsi a nuove politiche organiche contro la disoccupazione. Tutto questo avviene mentre le proiezioni econometriche degli specialisti lasciano prevedere un aumento della disoccupazione giovanile e femminile in Europa nei prossimi cinque anni, sempre che l'economia di mercato non sia modificata strutturalmente nella Comunità. Il problema della disoccupazione giovanile è sentito con urgenza per i riflessi sociali che comporta, ma anche qui la Commissione fa suggerimenti blandi.

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