Terroristi vestiti da carabinieri incendiano "Marelli" e Siemens

Terroristi vestiti da carabinieri incendiano "Marelli" e Siemens Milano - Danni per 40 miliardi e oggi processano Curcio Terroristi vestiti da carabinieri incendiano "Marelli" e Siemens Gli attentati compiuti contemporaneamente da due "commandos" - Rivendicati da "Prima linea" con telefonate a Torino e Milano e con un comunicato - Nella notte gli incendi non erano ancora stati domati (Dal nostro inviato speciale) Milano, 19 giugno. Due « commandos » travestiti da carabinieri hanno incendiato un magazzino della Magneti Morelli e un deposito della Sit Siemens. I danni raggiungono complessivamente i quaranta miliardi: 35 alla Magneti Marelli e 5 alla Siemens. Migliaia di operai delle due fabbriche da domani saranno sema lavoro. A sette ore degli attentati, le fiamme non sono ancora state domate. Alla Magneti Marelli sono accorse squadre di vigili del fuoco da tutta la Lombardia, ma l'incendio ha proporzioni enormi, ormai cinque dei sei capannoni di cui è composto il magazzino sono quasi completamente distrutti. E' in pericolo anche uno stabilimento attiguo della Teksid. A Torino poco prima delle 20,30 uno sconosciuto ha detto telefonicamente al- ia redazione torinese della Ansa: « Alle 14,30 nuclei armati dell'organizzazione comunista "Prima linea" hanno attaccato a Milano contemporaneamente le multinazionali "Sit-Siemens" e Magneti Marelli, (del gruppo Fiat, n.d.r.) contemporaneamente a Torino un nucleo armato della stessa organizzazione ha espropriato l'ufficio del geometra Nico Crivello, costruttore delle nuove carceri delle Vallette. Data l'irregolarità dei documenti il proprietario — ha detto ancora lo sconosciuto — non ha ritenuto opportuno fare denuncia». « In mattinata — ha detto l'uomo prima di riagganciare — pubblicheremo un comunicato con il resoconto dei documenti trovati». L'architetto Crivello ha negato ai carabinieri e polizia di essere stato vittima dei terroristi. Gli incendi sono infine stati rivendicati sempre da « Prima linea » con un lungo comunicato fatto trovare a Milano in una cabina telefonica. Nel delirante volantino fra l'altro si afferma che: « l'attacco del 19 mag¬ I gio alle linee della metropo- litana milanese, voleva indicare la necessità di sabotare il funzionamento della metropoli capitalistica come macchina di riproduzione del comando e di divisione della classe. Gli attacchi contro le multinazionali Stet, Sip Siemens e Fiat vanno a colpire due momenti fondamentali del rilancio della grande impresa italiana come multinazionale, condizione imprescindibile per la ricostruzione dell'unità e della forza del comando in Italia ». I due attentati sono stati compiuti con la stessa tecnica, e, praticamente, alla stessa ora. Poco prima delle quindici, due giovani armati di mitra con la divisa da carabinieri, si sono avvicinati all'ingresso del magazzino della Magneti Marelli, in via Stephenson. non lontano dai raccordi Nord per Varese e Como. Hanno chiamato il guardiano, Giulio Zampieri, di 35 anni: « Aprite. C'è una bomba nei capannoni, dobbiamo controllare ». L'uomo, spaventato, ha aperto il cancello. I due finti carabinieri lo hanno subito immobilizzato. Due auto sono entrate nel deponto. Oltre ai due giovani con la divisa, sono scese cinque persone, fra le quali anche una donna. Tutte erano a viso scoperto. Hanno estratto dalle vetture sette toniche colme di materiale infiammabile, probabilmente con un innesco a tempo. Le hanno piazzate nei capannoni, sono risaliti sulle auto e sono fuggiti. La operazione è durata pochi minuti. Le fiamme sono di¬ vampate immediatamente, violentissime. L'allarme è stato dato da Francesco Ciapetti, guardiano d'un vicino deposito. Sono accorse le prime autopompe dei vigili del fuoco, ma è subito apparso chiaro che le forze disponibili erano insufficienti. Solo uno dei sei capannoni è rimasto isolato dall'incendio, gli altri sono diventati un immenso rogo. Le fiamme si sono estese soprattutto nel reparto cartonaggio, dove il materiale era più facilmente incendiabile, poi hanno distrutto tutti i prodotti elettrici già pronti per le spedizioni (il deposito riforniva 12 filiali italiane e tutto il mercato estero). Nella tarda serata i pompieri stavano ancora tentando di domare le fiamme. Era in pericolo anche un vicino stabilimento della Teksid. L'opera di spegnimento potrà forse essere terminata solo domani: l'acqua scarseggia e le autopompe sembrano perdersi nel¬ l'enorme nuvola di fumo che ha avvolto tutta la zona. Nemmeno l'incendio alla Sit Siemens, in via Fermi, a Settimo Milanese, a tarda sera era ancora stato spento, benché alcuni degli ordigni piazzati dal « commando » non abbiamo funzionato. I danni non sono neppure paragonabili a quelli della Magneti Marelli, ma pare sfiorino i quattro miliardi. Anche qui, un giovane in divisa di carabiniere si è presentato, poco prima delle quindici, all'ingresso. Ha convinto il guardiano Francesco Ferretti ad aprire, poi l'operazione di via Stephenson si è ripetuta. Cinque terroristi sono scesi da due « 128 » blu. Hanno piazzato nei tre capannoni quattro toniche incendiarie con innesco a tempo. Solo due hanno funaionato. Sono state sufficienti per distruggere il magazzino contenente gli imballaggi di cartone, ma l'intervento dei vigili del fuoco ha potuto essere più tem¬ pestivo. Due ordigni sono stati disinnescati dall'equipaggio di una volante giunta sul posto pochi minuti dopo lo sprigionarsi dell'incendio. Ferretti, il guardiano, immobilizzato durante l'azione, non è stato subito rilasciato, ma caricato su una delle « 128 » è stato scaraventato fuori dall'auto a un chilometro di distanza dallo stabilimento. Gli inquirenti hanno ricordato che sia la Sit Siemens, sia la Magneti Marelli, sono state in un certo senso « la culla » delle brigate rosse. E' negli stabilimenti delle due aziende che hanno preso il via le prime azioni dei brigatisti, all'inizio degli Anni 70. Anche il primo sequestro compiuto dalle Br era stato effettuato ai danni di un dirigente della Sit Siemens, l'ing. Macchiarmi. Lo stesso Semeria, uno dei capi, processato qui.a Milano giovedì scorso, è figlio di uno dei dirigenti dell'azienda. Silvano Costanzo Milano. Vigili del fuoco contro le fiamme davanti a un capannone della Marelli