L'Italia produce e vende al Sud Africa cannoni Oerlikon per conto svizzero di Mario Bariona

L'Italia produce e vende al Sud Africa cannoni Oerlikon per conto svizzero NONOSTANTE L'ACCORDO PER L'EMBARGO D'ARMI L'Italia produce e vende al Sud Africa cannoni Oerlikon per conto svizzero Li fabbrica una società elvetica in una filiale che ha aperto a Milano - Il governo italiano tace (Dal nostro inviato speciale) Ginevra, 5 giugno. Un clamorose scandalo internazionale coinvolge Italia e Svizzera. E' esploso alla «Fiera mercato delle armi» in Sud Africa. Nello stock dell'armamento dell'esercito sudafricano, accanto ad un elicottero e ad un «Mirage» costruiti in Francia, figuravano al posto d'onore alcuni cannoni antiaerei da 35 millimetri, della multinazionale svizzera «Oerlikon Bùhrle-Contraves». Il Sud Africa per la sua politica razzista è colpito da embargo, sulla base di una convenzione internazionale dell'Onu del 1965. La società svizzera ha sostenuto di essere assolutamente estranea alla vicenda perché i cannoni esposti sono fabbricati da una società italiana affiliata, che è fuori dei confini elvetici e i divieti valgono soltanto per le armi fabbricate o esportate dal Paese, e soggette quindi alla legislazione interna. I cannoni antiaerei da 35 mm «Oerlikon Buhrle-Contraves» sono stati fabbricati ed esportati invece dall'Italia. La Oerlikon ha ammesso infatti di avere una filiale «nella regione di Milano», specializzata in questo genere di armi. Si ripete su un altro piano lo scandalo di Seveso. Gli svizzeri non si sporcano le mani nemmeno con le armi, ma coinvolgono gli altri Paesi secondo una regola che il socialista svizzero Jean Ziegler definiva «degli imperialismi secondari». In Italia si finge semplicemente di non essersi accorti di nulla e di ignorare quanto la stampa svizzera denuncia: nessun intervento a livello ministeriale, nessuna interrogazione, nessuna inchiesta. Dal 6 dicembre del 1963 la Svizzera non partecipa più all'esposizione di armi, da quando cioè l'Africa del Sud è stata messa sulle «liste nere» dei paesi ai quali non è lecito vendere materiale da guerra. L'embargo non fa eccezione neppure per il materiale da esporre alle Fiere. La convenzione non è chiara sul termine «armi da guerra» (per esempio le pistole sotto il calibro 6,35 non sono considerate tali) ma non ci sono incertezze per i cannoni Oerlikon antiaerei da 35 mm. Come è stato aggirato l'ostacolo? Soltanto la fabbricazione in Svizzera e l'esportazione di armi sono sottoposte ad autorizzazione. Fintanto che le armi non transitano sul territorio svizzero, qualunque banca, qualunque trafficante può comprare, vendere e rivendere armi da uffici di Ginevra, Losanna, o Zurigo. La ditta espositrice svizzera, quindi, non avrebbe violato le leggi elvetiche. Informazioni attinte direttamente alla sede della «Oerlikon Bùhrle-Contraves» per accertare se i cannoni fossero stati venduti della casa madre, hanno così potuto ottenere una secca smentita: «La legge non è stata violata». La casa madre però ha ammesso senza difficoltà di avere alcune filiali pochi chilometri al di là delle frontiere. Una, in particolare, a Milano fabbrica proprio Oerlikon-Contraves antiaerei da 35 mm. «Le esportazioni di armi — hanno precisato — ancora oggi sono soggette alla legislazione del Paese dove vengono fabbricate e vendute. Di conseguenza i cannoni esposti alla Fiera dell'Africa del Sud interessano soltanto la legislazione italiana e nessun'altra». Nel 1962, Jean Ziegler, prevedendo casi del genere, aveva formulato una proposta al Consiglio Nazionale, che demandava l'autorizzazione alla Confederazione, per tutti i commerci sviluppati fuori dei confini elvetici da società con casa madre in Svizzera. La proposta naturalmente fu respinta a grande maggioranza. E' un esempio della pseudoneutralità svizzera, ma coinvolge anche e soprattutto il nostro Paese. In Svizzera il commercio delle armi fa capo a tre categorie di mercanti. I mercanti internazionali ai quali la Confederazione elvetica serve da retrovia operativa. Se ne è occupato a fondo Jean Ziegler, nel suo libro «Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto» che fu oggetto di «scandalo» un anno fa negli ambienti dell'alta finanza svizzera. Insediati in uffici senza pretese, in rue du Mont Blanc a Ginevra in uno chalet di Gstaad, i mercanti d'armi internazionali comprano, vendono, trasferiscono e rivendono armi, senza che queste tocchino mai il suolo svizzero: usano il telex, il porto franco, la facilità di trasporto, i conti numerati ed i locali degli uffici fomiti dalle istituzioni locali. L'ex agente della Cia Samuel Oummings presidente e direttore generale dell'International Associated Ciunmings (Interarmco) con sede a Montecarlo, la più grande impresa privata per il traffico d'armi del mondo, può risiedere e «lavorare» per parecchi mesi ogni anno nel suo chalet di Gstaad. Altri trafficanti di armi possiedono a loro volta i crismi della rispettabilità. Sono le grandi società multinazionali e transnazionali, di origine straniera che intervengono nei campi più disparati della produzione industriale e che hanno stabilito il loro quartiere generale a Zurigo, o Ginevra. Il maggior fabbricante mondiale di Napalm, la «Dow Chemical Corporation» ha la sua sede europea a Zurigo. E' proprietaria di quattro società «svizzere» che hanno sbocchi di vendita, gestione e finanziamenti differenti. La «Honeywell» massimo fabbricante di ordigni antiuomo (bombe a biglia, mine a frammentazione) ha sede a Ginevra. Ci sono poi le società multinazionali che fabbricano armi localmente. L'impero di Dieter Buhrie, figlio del grande BUhrle, umanista, grande collezionista di espressionisti francesi, ma soprattutto uno dei più importanti fabbricanti d'armi della seconda guerra mondiale che ha lasciato in eredità al figlio la «Oerlikon Biihrle-Contraves» (Oerlikon è un sobborgo di Zurigo n.d.r.) e la Hispano (Ginevra), specializzate in mitragliatrici, cannoncini, e torrette per carri armati. La secon¬ d n l , r l i o a e e w a da società è la «Sig-Schaffouse» che fabbrica un fucile d'assalto. Sono società intoccabili, perché fabbricano a condizioni finanziarie che fissano loro stesse per le armi dell'esercito svizzero e dispongono di una enorme potenza finanziaria. Esse hanno approfittato e approfittano di una situazione «storica» particolare. BUhrle-Contraves e Sig-Schaffouse, fabbricano soltanto poche armi pesanti; le loro specialità sono il fucile d'assalto il cannone antiaereo, la, mina antiuomo. Le fabbriche svizzere detengono anche il monopolio del mercato mondiale per una certa parte del materiale bellico. Si veda l'esempio degli apparecchi Pilatus a decollo corto, 25-30 metri. Il «Pilatus Porter» è l'aereo che gli americani usavano in Vietnam. Per la sua mobilità l'aereo può volare a livello degli alberi ed è ottimo per individuare piccole unità di guerriglieri, o villaggi nascosti nella boscaglia. Localizzati gli uomini, il pilota sganciava un candelotto fumogeno in modo da segnalare l'obbiettivo ai bombardieri «Phantom». Il pacifista Villard aveva chiesto al Parlamento di interdirne la vendita. Ma l'aereo secondo un deputato di Buochs non poteva essere considerato aereo da guerra, perché troppo leggero e inadatto a portare razzi o bombe. Lo sostenne un collega di Nidwald certo Albrecht, che, guarda caso, era presidente della società che fabbrica i «Pilatus Porter». Società del trust Oerlikon-BUhrle. Il Parlamento elvetico naturalmente sposò la tesi a grande maggioranza. Mario Bariona (continua)

Persone citate: Dieter Buhrie, Jean Ziegler, Mont Blanc, Phantom, Pilatus, Pilatus Porter, Villard