Giocando con la dinamite di Carlo Casalegno

Giocando con la dinamite Il nostro Stato di Carlo Casalegno Giocando con la dinamite Per chi non ricordi la cronaca, ampia e neutrale, apparsa lunedì su « Stampa Sera », riassumiamo i fatti. Balestrini e Fachinelli, due intellettuali più noti per la ruggente predicazione rivoluzionaria che per la qualità delle loro opere, hanno chiesto alla Biennale di dedicare una mostra-spettacolo « alla repressione del dissenso in Italia », per far sapere al mondo che il nostro regime non è meno oppressivo di quelli dell'Est; ed hanno chiesto a imprecisate dittature straniere uno scambio tra i loro e i nostri prigionieri politici. Una doppia iniziativa è stata presa, nello stesso tempo, anche da studiosi francesi dell'Università di Vincennes. Questi crociati degli Immortali Principi denunciano alla conferenza di Belgrado il governo italiano, perché viola i diritti dell'uomo con un « pericoloso giro di vite reazionario » contro operai e intellettuali; e chiedono imperativamente a Roma l'immediata liberazione dei militanti imprigionati, la revoca della caccia alle streghe contro i fautori del Movimento. La duplice iniziativa dei professori di Vincennes, molto gallica nella tracotanza delle intimazioni e nell'arrogante affermazione che «il nostro complotto è la nostra intelligenza», sembra nascere dalle sollecitazioni di amici italiani. Gli intellettuali francesi di solito non sono molto attenti ai nostri problemi, e per contro è abitudine italiana cercare conforti oltre confine: anche Emo Bettiza, muovendo da un diverso fronte politico, piange sulla spalla di Raymond Aron. Comunque le iniziative dei due gruppi, nate da una stessa dichiarazione ideologica, si integrano in un'unica battaglia, cancellando le frontiere nazionali: per il manifesto di Vincennes, si cercano firme anche fra gli intellettuali italiani. Se vivessimo in tempi allegri, queste dichiarazioni di guerra alla tirannide che opprime l'Italia ci potrebbero divertire. Esse offrono infatti motivi d'irresistibile comicità: come la proposta di portare alla Biennale un happening di Cavallo Pazzo, un corteo di autonomi, un documentario su Radio Alice; o come il vecchio spettacolo di intellettuali affamati di successo, che diventano eroi stilando senza rischi manifesti di fuoco, e si offrono al martirio per mano d'un carnefice inesistente. Ma i tempi non sono propizi a questi scherzi, e diventano incitamenti irresponsabili al terrorismo e alla guerra civile. Non fa ridere, ma offende il rispetto dovuto alla conferenza dei perseguitati veri, la affermazione che anche l'Italia ha i suoi Bukovsky e i suoi Corvalàn, da liberare con scambi di prigionieri. Né si può accettare in silenzio che un gruppo d'intellettuali pretenda di far politica con manifesti pieni di menzogne. Dopo 8 anni di terrorismo rosso e nero, l'Italia rimane uno dei Paesi più liberi del mondo: alla violenza politica ha risposto non con leggi speciali, ma allargando la partecipazione democratica. Il «giro di vite reazionario» è così poco efficace che si sta ancora discutendo se restituire alla polizia una parte dei poteri, di cui essa dispone in Inghilterra o in Scandinavia. Il dissenso è così poco « criminalizzato» che ogni giorno quattro quotidiani e decine di riviste possono con¬ durre la loro guerra contro il Sistema. In Italia non esistono prigionieri « politici»: la legge non colpisce le idee, ma i reati comuni compiuti per affermarle. I Balestrini di casa nostra e i loro amici di Vincennes questi fatti, naturalmente, li conoscono: menzogne e iniziative provocatorie nascono dunque da un calcolo politico, sia pure utopistico o dissennato, e si inseriscono in un programma. E' facile individuare, alle radici della loro campagna, un'ideologia rivoluzionaria, autentica o accarezzata per dilettantismo snobistico, nutrita di odio per il Sistema e per l'Occidente, sostenuta dal vagheggiamento di un mai veduto comunismo libertario. Ma l'obiettivo a scadenza vicina appare assai più concreto e meno velleitario: è un attacco da sinistra al pei, alla linea Berlinguer, al compromesso storico. I francesi lasciano intuire questo proposito; gli italiani l'indicano con estrema chiarezza, quando denunciano il «monopartitismo repressivo» che sta nascendo dall'intesa (inquietante anche per molti democratici) tra democrazia cristiana e partito comunista. Fachinelli e Balestrini giocano su questa linea con leggerezza tra provocatoria e goliardica, ma nella loro campagna non sono isolati. Si trovano in mezzo ad uno schieramento composito che va da Pannello e da Avanguardia operaia agli Autonomi e alle Brigate rosse; che può contare sulla alleanza indiretta del nucleo duro missino, come è confermato da convergenze polemiche non casuali tra Lotta continua e Secolo d'Italia: che trova amici nell'oltranzismo di sinistra europeo. Ma se l'esistenza di frange folli è una tragedia comune a tutte le grandi crisi sociali, si vorrebbe maggior senso di responsabilità in quanti hanno l'orgoglio di proclamarsi intellettuali. La proposta Balestrini, il manifesto di Vincennes, ogni consenso a queste iniziative sono pericolosi incoraggiamenti alla violenza politica e al terrorismo.

Persone citate: Balestrini, Berlinguer, Bukovsky, Emo Bettiza, Fachinelli, Raymond Aron

Luoghi citati: Belgrado, Inghilterra, Italia, Roma