L'andropausa di Guido Ceronetti

L'andropausa L'andropausa Esiste l'andropausa? Lo affermano convinti il sessuologo Giuseppe Aprile e la collaboratrice di Grazia Caterina Kolosimo, in un libro che costituirà un simpatico regalo nelle matrimoniali degli alberghi, nei compleanni e anche — per pensarci in tempo — nelle Prime Comunioni: L'Andropausa (Sugar 1977). Lo trovi a pile nelle edicole librarie, piacerà alle coppie non sessuofobe, capaci di mettere le mani nel nido di vipera delle loro intimità malaticce. Nota per i timidi: si può comprarlo senza vergogna. Ormoni disappetenti, prostata invelenita, spasmi pseudoanginosi, ulcera, strana stitichezza, erezioni svogliate, insonnia, nevrosi depressive e ossessive, fobie, manie, asma, esaurimenti, sbalzi della pressione arteriosa, tutta la piaga d'Egitto delle malattie psicosomatiche l'utile volume tratta in paragrafi di facile divulgazione. Per parte mia, credo volentieri che l'andropausa esista: è una spiegazione di tante cose, e c'è posto anche per questo nello schema del microcosmo umano. Secondo vari autori citati, esisterebbe in quanto esistono le mestruazioni maschili, sintomi ricorrenti in rapporto alle fasi lunari (emicrania, ematuria, nervosismo, a volte emorragie dal naso, abbondante escrezione di acido urico, ciclici sogni erotici, perfino rigonfiamenti periodici dei nostri miserandi capezzoli). Siamo donne malriuscite, femmine barbute, culmini del virilismo, bande di fuchi vaganti, e alla fine dei tempi non ci sarà salvezza: perché i logia apocrifi di Gesù predicono che le donne diventeranno maschi, per essere salvate, mentre è più probabile che gli uomini diventeranno femmine, e sarà per tutti la perdizione. Tiamat si vendicherà crudelmente di Marduk, il Caos riprenderà i suoi diritti sull'oppressione dell'Ordine apparente e insignificante. * ★ Li creò maschio e femmina dice la Genesi elohista: il primo Adamo è androgino, una mestruata con membro erettile, che viene spezzata in due per compassione e misura, e per rendere l'Eden più avventuroso e la tentazione del serpente possibile. Vissuto novecentotrentanni, padre per l'ultima volta a centotrenta, Adamo avrà avvertito i sintomi dell'andropausa tra i quattrocentocinquanta e i cinquecento, corrispondenti ai nostri quarantacinque-cinquanta. L'androgino è la nostra immagine primordiale: la separazione successiva esigeva due apparati sessuali, due diversi cicli, due pubertà, due climateri. Niente di strano, è natura. Ma, in profondo, non c'è che l'unità dei due. Perciò se un gruppo di uomini decisi s'impadronisse del cartello femminista L'Utero è mio! innalzandolo al di sopra delle proprie barbe, non rivendicherebbe un'anomalia. Le visioni cicliche del mondo ci tramandano anche il riposo del membruta generationis Dei, più attivo di quello tolstoiano, il silenzio creativo di Amon-Ra e di Brahman, la cessazione della fertilità della Madre universale, fenomeni che vorrei intrepidamente — Mircea Eliade non disapproverà — chiamare teopausa. Dio non muore, è in teopausa... Peccato che dopo la teopausa venga l'Apokatàstasis, che tutto ricominci a scricchiolare, a urlare e a decomporsi. Testosterone, androsterone, estrogeni di ogni estro servono a formare l'aggregato individuale, ma a sentirne trattare isolatamente fai la distruttiva scoperta dell'inesistenza dell'individuo, ti soffoca il bianco lenzuolo della specie... La discesa nel mondo ormonale è come una discesa agli inferi, un andare, per pallidi frananti e stagni che ingoiano, alle divinità ctonie. Li temo, non ho il ramo d'oro... Posso illudermi che nell'ipotalamo che li governa si nasconda il quid ineffabile che solo amiamo, di cui i tratti, il sorriso, le lacrime, la voce, le inclinazioni, il pensiero raccontano le sconcertanti storie? E se nell'ipotalamo non ci fosse che un groviglio di fili senza nome? Per disperato amore dell'anima individuale dirò le andropause, non l'andropausa, come i due autori del libro, sottraendo il transito più difficile e oscuro dell'esistenza maschile alla fossa comune della sintomatologia anonima: perché, mancandogli l'evidenza fisiologica del climaterio femminile, il nostro, per i suoi fatti incerti, il caliginoso pullulare di guizzi, cali, torcimenti e novità interiori, per lo spessore della foglia di fico, una vera lamiera, che lo copre, è più subbuglio e frenesia muta per chi lo fruga. Come il diavolo, sa farsi negare benissimo e fornire prove d'improbabilità. Gli autori parlano anche di vampe di calore maschili al viso, ai piedi... Ma sono le vampe di dentro, le furiose e strane, e le brinate repentine del cuore, che caratterizzano le asteroidi delle andropause, gli danno un nome breve nel crepitare dei cieli umani. Ah l'età climaterica è tutta un soccombere agli incantesimi, brulica di stregati e di impazziti! Sembra di calcare la foresta di Brocelianda. L'estrema giovinezza la colpisce con radiazioni ustionanti, risvegliando le paternità murate, le paternità dell'ultima Thule, in cui la tenerezza alimenta i suoi eccessi nell'incestuosità. Quante poetiche e celebri storie, e monotone cronache familiari, di climaterici e ragazzine, di climaterici e ragazzacci, con partenze per le Canarie, o per il Nulla! Sulle sbatacchiami imposte del climaterio si avventano sfrontatezze insolite e vergogne mai patite, sfide, eroiche al ridicolo e terrori di essere scoperti. Si moltiplicano i sogni ben noti dell'annegamento, del precipizio e dell'evacuazione in pubblico, tra folle curiose. L'uomo è un centauro la cui parte inferiore è nello stesso tempo toro e cappone; vuole mangiare più raffinato, si mette a collezionare, sgraffigna potere, ammucchia denaro, calpesta con più gusto gli altri, gusta di più in segreto il plaisir de descendre. C'è una sensazione che tre parole che Luigi XIV ripeteva nei suoi ultimi giorni esprimono bene: — Quando ero re. — La regalità formale c'è ancora, l'effettiva è perduta. A vol¬ te, più niente: il re contempla dal buco di una porta il suo trono vuoto, è nudo e nessuno gli butta una coperta. Chi gliela buttasse, in quel momento, lo vedrebbe trasformarsi in un essere alato, pronto a precipitarsi nel vuoto, dove le ali non lo sosterrebbero. E' un'angoscia delle più duttili. Non è necessario che il re sia malato perché senta di essere stato: l'immaginazione prevale e lo fa ammalare. Vengono i giorni in cui i viziati dall'amore, i più teneramente amati da una donna sentono di essere niente più che generosamente sopportati, per gratitudine del passato e per paura dell'incombente. Impulsi contrari, per lungo tempo latenti, tirano l'uomo con dita d'acciaio: da una parte un divincolarsi per raccogliersi, tornare solo; dall'altra una smania ebbra che annaspa in cerca di tutti i tepori possibili, emanati da un'anima viva. Una volta Miguel de Unamuno sentì un tremendo bisogno di pianto, su di sé e sulla vita, e nel velo di quelle lacrime la moglie che, accorsa, con un fulmineo colpo di genio femminile, lo chiamava disperatamente suo figlio. Ma c'è anche una privazione del deserto che è più dura del deserto, per l'uomo d'oggi; la città umana, arrivata a coprire tutto, ne è un pessimo surrogato. La tirannia della faccia non ha più fine. Siamo esseri fragili e assurdi, sempre barcollanti o avvinghiati. Uno dei più forti bisogni che la vita avanzando ci appioppa, un bisogno veramen¬ te di agonia, e che la prefigura, è il bisogno di dire grazie a qualcuno. L'essere più ingrato che esista arriva a mostrare, per benefici immaginari, più gratitudini di un cane. Chi ti regala una giornata non qualunque diventa un dio. Il quando ero re rimbomba nella caverna del cuore, con echi di dolore, ogni volta che scopriamo, dopo gli anni del facile e del liscio, la scabrosa difficoltà di ottenere da un essere amato tutti quei doni di entità trascurabile, ma ingenti d'anima, che prima, insieme ai più grandi, piovevano come la manna. Il flusso dei piccoli tributi s'inceppa, si rarifica fino al non essere: scacco matto, il re è morto. Quante pene ci ha portato il fantasma monogamico! Quanta solitudine, l'abolizione minuziosa della schiavitù! ★ ★ Chi ha avuto una formazione romantica, come i climaterici attuali, anche se vive oggi e se ha letto i classici, il secolo XVIII e gli psicanalisti, non riesce ad accettare l'amore fisico come un rito liberatore, o igienico-assistenziale, o un gioco in cui si confrontano due egoismi imparziali: cercherà sempre l'ai di là della carne, la catastrofe giustificativa della passione. Nello specchio climaterico, l'amore coniugale scopre la sua limpida e commovente finalità assistenziale, anche in quegli atti a cui la nebbia romantica negava il contorno; allora il desiderio deluso arretra o cade o si trasferisce con scatti obliqui altrove. L'errore è di non considerarsi, in casa propria, come in una Casa da Tè, affidati a cure delicate e precise. Werther, Ortis, Julien Sorel, Pavese, si oppongono. Gli autori consigliano patti sessuali con la moglie, quando è amica, l'ipnosi, l'autoipnosi, e una macchina millenaria, l'arte di persuadersi e di dominarsi, che ha preso tra noi il nome ignobile di training autogeno. Raccomandano anche, da medici ottimisti, di non drammatizzare l'andropausa. Ma, per molta gente, il climaterio è l'unico momento drammatico dell'esistenza, l'unico a dargli il senso del vuoto e del tragico, che gli toglie e aggiunge fami, che gli procura qualche brivido; forse è crudele guarirli. Tra le innumerevoli andropause, dovrei dare una piccola connotazione alla mia, che per ora non è delle peggiori. Tra i sintomi, ho notato come tutto quel che non è tenero e dolce, delicato e armonioso, felicemente intuitivo, in rapporti umani stretti, mi faccia in modo insolito e disastroso soffrire. La più leggera, la meno cattiva increspatura di asprezza mi è subito brutalità, pugno, coltellata; la sola idea che le unghie esistano mi copre di graffi. Di qui un odio, un orrore senza limiti per tutto quel che è brutale e volgare, insensibile e sordo, grosso, metallico, vittorioso, calpestante, senza umidità, senza unguento. Cosi sono sempre stato, ma adesso di più, di più... Invito i climaterici a scrivermi, a confessarsi. Non so dare consigli, servirà a istruirmi. Guido Ceronetti

Persone citate: Caterina Kolosimo, Julien Sorel, Luigi Xiv, Miguel De Unamuno, Mircea Eliade, Ortis, Pavese

Luoghi citati: Egitto