Segate le sbarre e messe ko le guardie fuggono in strada assaltando 4 auto di Vincenzo Tessandori

Segate le sbarre e messe ko le guardie fuggono in strada assaltando 4 auto I dieci detenuti evasi di notte dal carcere di Asti Segate le sbarre e messe ko le guardie fuggono in strada assaltando 4 auto Fra i reclusi scappati vi sono tre nappisti - Il maresciallo comandante degli agenti è stato sospeso dal servizio - I fuggitivi hanno portato via denaro e una pistola - Ansia nell'Astigiano per i banditi in libertà (Segue dalla 1* pagina) l'arresto di alcuni componenti della banda Vallanzasca. Agli agenti che gli mettevano le manette, il giovane dichiarò: «Mi ritengo un prigioniero politico». Nel processo per il possesso delle armi al momento dell'arresto, i nappisti vennero condannati a due anni e mezzo. Gli altri formano la « nuova mala ». Scorzelli, condannato per furto, lesioni e un'evasione, doveva lasciare il carcere nel 1980; due anni più tardi sarebbe dovuto uscire Lamberti, condannato per rapina; nel 1984 sarebbe toccato a Pietro Marzocca, anch'egli con una sentenza per rapina, furto e detenzione d'arma; infine, nel 1986, il cancello di ferro si sarebbe aperto per Flavio Zola, conosciuto come l'ex calciatore-rapinatore. In attesa di giudizio erano in tre: Ortolani, rapinatore; Mistretta, rapinatore e accusato di tentato omicidio; Franco, anch'egli secondo l'accusa, mancato omicida. C'era stata una dimostrazione, giovedì 16. I detenuti avevano protestato dalle 15,30 a mezzanotte e mezzo. Alcuni volevano poter firmare gli otto « referendum » radicali. Altre richieste: un'ora al giorno in più di aria, maggior libertà di movimenti all'interno della prigione, la creazione di una commissione di detenuti, un maggior numero di colloqui, l'eliminazione del tavolo di separazione nella stanza colloqui. Soltanto per il voto vennero accontentati. Era stata una manifestazione pacifica che aveva tuttavia lasciato il segno sulle guardie. E' in questa situazione eternamente tesa che si prepara la fuga dell'altra notte. Sono le 22,50 quando, da una cella al terzo piano, viene chiamata la guardia Angelo Compagnone. All'interno del carcere ci sono 59 detenuti, nove in più della capienza massima. Le celle disponibili sono nove: due al primo piano, cinque al secondo, due al terzo. L'organico dei sorveglianti è di 16 unità, quat- tordici guardie e due ausiliari. Dicono al carcere: « E' il numero stabilito 15 anni fa, oggi è insufficiente ». Infatti la sorveglianza, soprattutto dopo l'ultimo controllo, poco prima di mezzanotte, è quasi inesistente: una guardia per l'intero carcere. All'ora in cui Compagnone sale all'ultimo piano, i detenuti sono nelle proprie celle. Chi ha chiamato vuol dare incarico alla guardia di portare alcuni giornali ad altri reclusi, al secondo piano. Si perde tempo, forse una decina di minuti, per la scelta della lettura migliore. Il piano è già scattato. Le sbarre in ferro delle finestre delle celle « 8 », « 9 » e quella chiamata « infermeria », vengono segate. Forse l'operazione era iniziata giorni prima e ora è soltanto ultimata. Poi, in dieci, escono nel corridoio. I nappisti occupavano la cella « 8 » dalla quale, in passato, altri se n'erano andati. DaH'«infermeria», dove si trovavano in cinque, scappano Ortolan, Franco e Mistretta; gli altri lasciano la « 9 ». Si nascondono dietro l'angolo del corridoio che, sul fondo, s'incrocia con un altro e forma una « T ». Quando Compagnone arriva con i giornali, gli balzano addosso, 10 colpiscono a) capo, lo imbavagliano e lo legano al termosifone. I rivoltosi percorrono il corridoio, tagliano le sbarre di un secondo cancello, irrompono nell'ufficio matricola dove si trovano il maresciallo Maniscalco e la guardia Francesco Ciccone. I dieci immobilizzano la guardia, la legano; un altro scivola alle spalle del sottufficiale e gli punta alla gola uno stiletto ricavato da un cucchiaio col manico appuntito. « Se parli ti ammazziamo. Dacci le armi e facci aprire il portone ». Un solido armadio in metallo racchiude però pistole e mitra e la chiave non si trova. Allora i detenuti trascinano 11 maresciallo fin davanti al battente in ferro che dà nell'ingresso, accanto alla portineria. Chiamano l'appuntato Giovanni Pace, 50 anni: « Apri, sennò ammazziamo questo ». Non c'è niente da fare, l'appuntato spalanca il battente, che è il penultimo; l'altro cancello è a meno di due metri. « Le chiavi », ordinano i rivoltosi. Pace cerca di prendere tempo, è abile e nasconde il mazzo sotto la camicia, lo fa passare dietro alla schiena. Ma è tutto inutile: viene perquisito, gli trovano le chiavi, lo picchiano. Andrà all'ospedale e lo dichiareranno guaribile in 10 giorni; verrà medicata anche la guardia Compagnone: se la caverà in dodici giorni. Ma da Pace i detenuti pretendono almeno la sua pistola. E' nel cassetto del bancone, lo forzano e s'impadroniscono dell'arma, una Beretta cai. 7,65. Nelle tasche dei dieci finiscono anche 100 mila lire, denaro depositato da parenti per i detenuti. Prima di andarsene strappano i fili del telefono. Poi, di corsa scendono cinque gradini, sbucano in via G. Testa. Piegano a destra, ancora pochi metri, attraversano largo Berrà. E proprio in piazzetta Var- rone, non lontano da via Alfieri, la sorte decide di dar loro un cospicuo aiuto. Bloccano una « 500 »: strappano dal posto di guida il conducente, Pier Ugo Lanfranco, lo percuotono, e un gruppo sale sopra e si allontana. Anche l'automobilista dovrà farsi medicare all'ospedale. Gli evasi si sono divisi: il gruppo con Attimonelli, riconoscibile per la tuta da ginnastica rossa che indossa, blocca la Ford Fiesta di Antonio Rocco, 18 anni, astigiano. Dirigono a sud, ma a Rocca d'Arazzo abbandonano la macchina e rapinano la « 127 » a Cesare Fungo. Sotto la minaccia della pistola, l'uomo consegna le chiavi, poi però sale in casa, afferra il fucile da caccia e spara in aria, per dare l'allarme. I banditi rispondono al fuoco. Ancora due chilometri e la macchina si blocca: ha una gomma a terra ed è senza benzina. Allora i quattro costringono un altro automobilista, Giovanni Mastroianni, a fermare e fuggono con la sua Giulia diesel. Presso Montegrosso, poco dopo mezzanotte, si perdono le tracce dell'auto. L'allarme è generale. Il fatto che della 500 non si sia più avuto notizie fa pensare che, almeno un gruppo degli evasi sia rimasto nella zona. C'è paura, fra la popolazione, si temono aggressioni. Carabinieri e polizia istituiscono posti di blocco, all'alba si leva in volo un elicottero, la campagna è perlustrata a palmo a palmo, nelle ricerche sono impegnati « centinaia di uomini ». Verso le 10 di stamane un allarme: a Valfenera una ragazza è rapinata all'uscita da una banca. Più tardi si stabilirà che il colpo lo hanno fatto « altri banditi ». Intanto al carcere giunge la commissione d'inchiesta. La guida il dott. Bondonno, c'è il generale dei carabinieri Dalla Chiesa, da Torino arriva il colonnello delle guardie carcerarie. Viene preso il provvedimento contro il maresciallo; altri, sembra, ne verranno decisi. Vincenzo Tessandori Asti. Sei dei dieci evasi: in alto, da sinistra, Emanuele Attimonelli, Eugenio Oriolai!, Enzo Caputo; sotto, Alfeo Zanetti, Vittorio Lamberti e Alfa io Scorzelli

Luoghi citati: Asti, Mistretta, Montegrosso, Rocca D'arazzo, Torino, Valfenera