Lef ebvre: s'avvicina l'ora dello scisma?

Lef ebvre: s'avvicina l'ora dello scisma? Ore difficili per la Chiesa Lef ebvre: s'avvicina l'ora dello scisma? Pare ormai certo che il vescovo della restaurazione ordinerà domani nuovi sacerdoti disubbidendo al Papa - Scomunica? Roma, 27 giugno. Restano ventiquattr'ore di drammatici dilemmi. Poi, mercoledì, sarà per Paolo VI l'ora della scelta più dura, ma chiari, del suo pontificato; forse per la Chiesa cattolica l'ora dello scisma del Secolo Ventesimo. E', dunque, una vigilia storica per tutti — credenti o laici — a prescindere dalla portata che potrà avere la eventuale Chiesa scismatica di monsignor Marcel Lefebvre. Tutto dipende da lui. Se mercoledì ordinerà i quattordici preti tradizionalisti a E co ne, si porrà da solo, con la sua disubbidienza alla «paziente volontà» del Papa, fuori della Chiesa cattolica: e sarà lo scisma di fatto, anche se Lefebvre non avrà ordinato alcun vescovo, avviando così una propria gerarchia. Se Paolo VI gli lancerà la scomunica o, più probabilmente, lo dichiarerà «autoescluso» dalla Chiesa, la responsabilità dinanzi alla storia cadrà tutta intera sul vescovo ribelle. Ciò va detto con estrema chiarezza. Non più tardi di ieri mattina, dalla sede solenne del Concistoro, il Papa ha «supplicato» ancora una volta, l'estrema volta, Lefebvre chiamandolo «fratello nell'episcopato» a non provocare questa frattura che il 20 giugno definì «irreparabile» nella lettera autografa inviata al vescovo ribelle. Si ha la precisa sensazione che il Papa abbia inteso confermare, nel discorso di ieri ai cardinali, la volontà di non finire il pontificato come responsabile diretto d'uno scisma. Volontà più che legittima per chi, come Paolo VI, ha realmente dedicato ogni sforzo, pur fra contraddizioni, all'unità della Chiesa e all'unione pi'i vasta fra gli uomini. Sarà evidente a tutti, ce npresi i seguaci più obiettivi di Lefebvre, che la colpa è di chi accampa l'assurda pretesa di essere un superpapa nel giudicare l'ortodossia cattolica. Certo, apparirebbe singolare che, dopo una pazienza quasi biblica, dopo tanti moniti ed esortazioni che si succedono da circa 6 anni, Paolo VI evitasse un verdetto in chiave di diritto e si limitasse, invece, a una semplice dichiarazione. Se cosi fosse, tentian.o di spiegare. Lefebvre è pur sempre un vescovo e un Papa evita sino agli estremi di scomunicare un vescovo. Un vescovo, infatti, è in linea di dottrina «succes-ore degli apostoli»; ha la «pienezza del sacerdozio» e il potere di ordinare nuovi preti e vescovi. La validità delle ordinazioni sacre rimane anche se il vescovo è colpito dalla sospensione «a divinis», come è il caso di Lefebvre, dall'interdetto, dalla riduzione allo stato laicale, dalla stessa scomunica. Perché il suo carattere episcopale è «eterno»; le sue ordinazioni sono valide sotto il profilo sacramentale ma illecite sotto il profilo disciplina;^. Il Papa sceglie i vescovi, ma il sacramento dell'ordine sacro, come tutti i sacramenti, deriva direttamente dal potere di Cristo, non dal potere personale del Papa: la Chiesa amministra i sacramenti, ma non può modificarli. Ciò è ancor più vincolante per il sacramento dell'ordine che i vescovi ricevono, secondo la dottrina, mediante l'ordinazione per la «successione apostolica» direttamente da Cristo che, per primo, «ordinò» gli apostoli i quali furono i primi vescovi della Chiesa. Quindi, le stesse quattordici ordinazioni di preti che Lefebvre farà domani ad Econe (come confermano le notizie sui preparativi della cerimonia) sono valide, ma illecite, né il Papa può impedirle sul piano sacramentale. Vi è, però, il canone 2314 del codice di diritto canonico, esso prescrive: «Gli apostati, tutti e singoli, gli eretici, gli scismatici incorrono ipso facto nella scomunica». Il rifiuto di sottomissione di monsignor Lefebvre al Papa rientra in questo canone per la parte relativa agli scismatici? Qui i pareri si dividono, spesso rispecchiando occulte simpatie di qualche curiale verso Lefebvre. Si dice," per esempio, che il segretario di Stato, cardinale Jean Villot (francese), appoggiato da tutti i vescovi francesi, sostenga che Lefebvre sia di fatto scismatico e, i ime tale, ipso facto scomunicato. Altri, come il cardinale Pericle Pelici, pare obiettino, invece, che non si tratta di sci¬ sma, ma di disubbidienza e, quindi, che non vi sia una scomunica automatica, almeno sino alla sentenza di un processo canonico. Uno scisma e una scomunica, aggiungono, complicherebbero enormemente qualsiasi possibilità risanatrice. E' indubbio che Paolo VI, al di là della sua incredibile pazienza, debba mediare fra contrastanti pressioni interne al Vaticano e per conseguenza si lasci aperti i ponti alle spalle. Ma la scelta dura s'avvicina: se Lefebvre e i lefevriani, molti dei quali reazionari e fascisti in politica, trovassero ancora pazienza e misericordia presso il Papa, non si vede perché un dom Franzoni, che era ordinario nel territorio della abbazia di San Paolo, e un don Girardi siano stati ridotti allo stato laicale, senza troppe attese. L'autorità del Papa e l'unità stessa della Chiesa rinnovata dalle aperture conciliari al mondo verrebbero messe in discussione: ciascuno potrebbe ritenersi cattolico a modo proprio, accettando o rifiutando ciò che gli aggrada, come fa Lefebvre in nome della «Chiesa di duemila anni». L'ora della scelta è l'ora della chiarezza. Lamberto Fumo

Luoghi citati: Econe, Roma, San Paolo