Un po' di colore le dona di Marziano Bernardi

Un po' di colore le dona La futura sistemazione di piazza Vittorio Un po' di colore le dona Lo spazio urbanistico sul Po è passato dall'albero alla pietra e al mattone - Ora si vorrebbe un ritorno al "verde": non certo un giardino, semmai con molta sobrietà qualche breve tappeto erboso che rompa la grigia monotonia dei fabbricati Sì discute molto a Torino in questi giorni, e a tutti i livelli della cultura cittadina (quella popolare e quella specializzata in materia urbanistica) su una eventuale sistemazione di Piazza Vittorio Veneto, già Piazza Vittorio Emanuele I; discussioni vivacemente iniziate quando nel marzo dell'anno scorso, anche in sede municipale, si cominciò a ventilare il progetto di trasformare l'immensa area in.un vasto giardino con prato all'Inglese, panchine, ecc.: Ora un banco di prova è stato fornito dalla bellissima «festa dei fiori», iniziativa municipale di vago intendimento «ecologico», ammirata da migliaia di torinesi, la quale addirittura, oltre le aiuole fiorite, Introdusse tra le quinte architettoniche d'un calmo andamento «neoclassico», piante d'alto fusto e provvisori boschetti d'effetto scenografico. Il problema del «verde in Piazza Vittorio» può dunque esser riveduto alla luce dell'esempio della trascorsa «Festa dei fiori», ferme restando alcune considerazioni di carattere storico, urbanistico ed estetico, già dibattute su 'La Stampa' del 5 marzo 1976; e non dimenticando che un riassetto del suolo della piazza, in discesa di ben 7 metri dal fondo di Via Po al Ponte napoleonico, già era stato studiato una quarantina d'anni fa quando si svolse il concorso per il monumento al Duca d'Aosta. Questo si sarebbe dovuto collocare nel primo terzo della lunghezza della piazza, ed Arturo Martini aveva ideato il suo stupendo bozzetto in modo da non disturbare la visuale, da Via Po, della chiesa neoclassica della Gran Madre di Dio, e viceversa: su un basamento basso si ergeva la statua del Duca, con ai lati i due gruppi degli Eroi e delle Vittorie, e lievi cotonature di pietra avrebbero impedito il transito veicolare al centro della piazza sospingendolo, al margine delle appena percettibili terrazze determinate da codeste cordonature, su due corsie laterali lungo i portici. Su questo giornale ci battemmo, malgrado minacciosi avvertimenti «dall'alto», a favore di questo progetto, ma per Imposi¬ zione di Mussolini la geniale concezione del Martini fu bocciata e vinse l'infelice opera di Eugenio Baroni, purtroppo ora in Piazza Castello. Era una soluzione puramente architettonica, senza alcuna intromissione di «verde» nella piazza; ma oggi che una parte della cittadinanza sembra propensa ad accettarlo, ripercorriamo con la memoria la storia del luogo rifacendoci ai commenti, desunti di prima mano da documenti d'archivio, di Dina Rebaudengo alle vecchie cartoline illustrate e fotografie del suo Un saluto da Torino. Solo del febbraio 1819 è la deliberazione di Vittorio Emanuele I per la formazione di una piazza al fondo della contrada di Po (dove un tempo si ergeva la Porta disegnata dal Guarirli): «utile non men che necessario ingrandimento... per il progressivo aumento di popolazione della nostra capitale». Prima, lo spazio compreso tra la Porta guariniana ed il «Ponte in pietra» era un terreno pressoché vuoto in forma di esedra delimitata da un viale alberato In curva formante un «rondò» che I francesi dell'occupazione napoleonica chiamavano «de l'Eridan: La dimensione edilizia della Piazza Vittorio Emanuele I, come nitidamente di vede in una stampa di Giacomo Arghinentl su disegno dell'architetto Gaetano Lombardi (Ada Peyrot, Torino nel secoli, Torino, 1965, pag. 477) deriva dunque da un'architettura arborea vissuta in parte fino al 1826, data dell'incisione, ed abbattuta quando su progetto dell'architetto luganese Giuseppe Frizzi tra il 1825 ed II 1830 la Piazza Vittorio prese la forma attuale quasi contemporaneamente alla costruzione (1818-1831) della chiesa della Gran Madre di Dio progettata in stile neoclassico, e ad imitazione del Pantheon, da Ferdinando Bonsignore. Dall'albero al mattone ed alla pietra, dunque. Ora qualcuno pensa — ed è un «rovesciamento» del problema di ristrutturazione — ad un ritorno del «verde», questa volta tra la pietra ed il mattone. Ma è un problema delicatissimo, la cui eventuale soluzione consiste nel non rompere il perfetto equilibrio stilistico tra questa meravigliosa -finestra» aperta dalla città sulla collina ed il panorama che ha per fulcro il tempio ch'è al di là del fiume. Perciò il sindaco Novelli intende ascoltare il consiglio di una commissione composta di docenti universitari e di critici e storici dell'arte, Giulio Carlo Argan, presidente, Marziano Bernardi, Giuliano Briganti, Luigi Carlucclo, Antonio Cederne, Angelo Dragone, Maurizio Fagiolo, Andreina Griseri, da tre assessori e da un consigliere di minoranza, i quali si riuniranno la prima volta il prossimo 1 luglio. SI dovrà tener conto dell'unità urbanistica ambientale che deriva dalla contemporaneità costruttiva della piazza, del ponte e della chiesa, e dello spirito geometrico dell'insieme che esclude, a parer nostro, qualsiasi ristrutturazione «a giardino»; mentre si può ammettere forse l'introduzione di qualche breve tappeto erboso, nota di colore che rompa la grigia monotonia dei fabbricati che cingono su tre iati la piazza. Ma nessuna soluzione estetica potrà riuscire soddisfacente se non si darà un definitivo bando al mercato delle auto usate, alla periodica invasione di padiglioni da «fiera», e se non si trasferirà in altro luogo l'annuale manifestazione carnevalesca. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Aosta, Torino