Per l'Ipca pene da 3 a 6 anni di Francesco Bullo

Per l'Ipca pene da 3 a 6 anni Concluso con 5 condanne il processo della "fabbrica della morte,, Per l'Ipca pene da 3 a 6 anni I due amministratori, Sereno e Alfredo Ghisotti, 6 anni; il medico di fabbrica, Giovanni Mussa, 4 anni e mezzo; il dirigente amministrativo Paolo Rodano 4 e il dirigente tecnico Silvio Ghisotti 3 - Risarcimento di danni ai familiari e ai sindacati «Il tribunale di Torino dichiara Alfredo, Sereno, Silvio Ghisotti; Paolo Rodano e Giovanni Mussa colpevoli di omicidio colposo e lesioni... dichiara di non doversi procedere nel confronti di Pietro Calorlo perché I reati sono estinti per morte del reo». Sono le 17,30. Il presidente della terza sezione Jannlbelll, preannunciato da due colpi di campanello, esce dopo sette ore e mezzo dalla caera di consiglio con 1 giudici Maccarto e Vaudano e Incomincia a leggere la sentenza. Cinque condanne da 3 a 6 anni di reclusione. Quando termina, la vedova di Benito Pranza, l'ex operalo Ipca che si batté per portare alla sbarra 1 responsabili della «fabbrica del cancro», scoppia In pianto e abbraccia l'aw. Masselli: «Finalmente — mormora — Analmente... è stata fatta giustizia». SI conclude cosi dopo ventitré udienze una vicenda giudiziaria iniziata il 26 aprile e divenuta 11 simbolo della lotta per la tutela della salute dei lavoratori. Queste le pene. Sei anni ad Alfredo e Sereno Ghisotti, proprietari e amministratori della società; quattro anni e mezzo a Giovanni Mussa, medico di fabbrica; quattro anni a Paolo Rodano, dirigente amministrativo; tre anni a Silvio Ghisotti, responsabile del servizio manutenzione Impianti; tutti colpevoli di aver provocato la morte di Guido Benedetto, Mario Bonaudo, Giacomo Dottino, Emilio Franco, Benito Franza, Innocente Galuppo, Pietro Macario Cuia, Domenico Messina, Giovanni Prato, Mariano Qualdioli, Giovan Battista Turinetti, Giovanni Manetta, Settimo Michelotti (per Rodano, entrato all'Ipca nel '61, gli omicidi sono otto) e lesioni col- pose a Luigi Ghiado Cutln, Pietro Massa, Antonio Qualdioli e Picco. Gli imputati sono stati inoltre condannati a pagare le spese processuali, il risarcimento danni al sindacato unitario chimici (federazione Cgil, Clsl, UH) e alle altre parti civili da liquidarsi in separata sede, gli onorari degli avvocati dell'accusa. Per gli eredi delle vittime che sono rimasti in giù-I dizio, rifiutando l'iiofferta reale» proposta dall'Ipca, il tribunale ha stabilito, globalmente, una provvisionale di cinquanta milioni. L'udienza di Ieri, l'ultima in questo processo-fiume, era incominciata puntualmente alle 10, quando i giudici si sono ritirati in camera di consiglio per valutare le testimonianze drammatiche del sopravvissuti e dei familiari delle vittime, le deposizioni dei periti e del consulenti di parte,le dichiarazioni degli ispettori del lavoro, la posizione del sindacato (riconosuiuto per la prima volta in Italia parte cipile in un processo per «omicldi bianchi»), le «verità» di Paolo Rodano e Silvio Ghisotti, le richieste del p.m. Witzel (sei anni per gli amministratori, cinque annle mezzo per il medico, cinque anni per i dirigenti), le accuse implacabili e documentate dei patroni di parte civile, le abili argomentazioni del difensori. Un compito arduo e impegnativo che ha richiesto sette ore e mezza, con un brevissimo intervallo a mezzogiorno per bere due spremute di pompelmo e un caffè. Nell'aula gremita la lunga attesa carica di tensione: avvocati, «vedove dell'Ipca», giornalisti, cineoperatori della tv, fotografi, sopravvissuti che portano indelebile il marchio del cancro alla vescica, curiosi. Tra gli altri Andrea Longo, 54 anni, licenziatosi di recente da una fabbrica di pneumatici. «Ho lasciato il posto per non morire — dice — non ce la facevo più. Nel mio reparto, alle mescole, si usano le stesse sostanze cancerogene per colorare i copertoni». Il banco degli imputati è vuoto: hanno preferito attendere a casa la sentenza. Ad Albino Stella, leu operaio che con Franza ha sollevato il «caso Ipca» chiedono che cosa ne pensa di Ghisotti e Rodano: «Non ho mai avuto rapporti con loro — risponde — mi hanno solo regalato il tumore. Fin dall'istruttoria sapevo che non sarei stato risarcito. Il mio cancro è andato in prescrizione, ma sono andato fino in fondo per gli altri, per i mìei compagni, perché non si muoia più in fabbrica. E' stata un'esperienza umana irripetibile: ho conosciuto gente dotata dì tanto coraggio nell'affrontare la morte e nel cercare giustizia». Alle 17,30 la sentenza. Molti l'ascoltano con le lacrime agli occhi. I patroni di parte civile non nascondono la loro soddisfazione. «Perfetta ed equilibrata rispetto alle risultanze processuali» dice l'aw. Gltnaria. «E' un importante precedente — aggiunge l'aw. Masselli — sancisce il princìpio che spetta al sindacato la tutela, anche giudiziaria, della salute in fabbrica. La conclusione di cinque anni di lavoro duro». Per il prof. Lozzi è «esemplare sul piano tecnico, va paragonata a quelle per il Vajont, le macchie blu dì Rovereto, il talidomide». «Fino a poche ore fa — commenta Stella — non avevo fiducia nella giustizia, mi ricredo. La nostra battaglia è servita, i nostri morti possono riposare in pace». I difensori, dal canto loro, hanno annunciato il ricorso in appello. La sentenza comunque chiude solo un atto del dramma. Restano sotto accusa una legislazione carente, la mancanza di un'efficace opera di prevenzione e repressione, i silenzi e le inefficienze degli enti pubblici. E la tragedia dell'Ipca continua mietendo nuove vittime. Ci saranno altri morti e altri processi. «Il tribunale dispone ha concluso Jannobelli — Io stralcio degli atti relativi alle lesioni riportate da Ciro Flaugnatti e ne ordina la trasmissione al p.m.». Francesco Bullo Commozione delle vittime dell'Ipca alla sentenza; la vedova di Benito Franza e Albino Stella ascoltano in lacrime

Luoghi citati: Italia, Rodano, Rovereto, Torino, Vajont