Belgrado, scontro Est-Ovest

Belgrado, scontro Est-Ovest Prima verifica alla conferenza per la sicurezza Belgrado, scontro Est-Ovest Usa e Paesi Cee chiedono un esame dell'accordo di Helsinki separato dalle proposte future: i sovietici sono per un dibattito unico - I romeni su posizioni diverse dagli altri comunisti (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 20 giugno. Le schermaglie procedurali dei giorni scorsi sono sfociate oggi in una battaglia a viso aperto, durante la quale i trentacinque Paesi rappresentati a Belgrado si sono divisi, sulla base di tradizionali affinità politiche e ideologiche, in tre schieramenti. I nove Paesi della Cee, gli Stati Uniti e il Canada hanno fatto blocco compatto, al quale si è contrapposto lo schieramento del Patto di Varsavia. I neutrali e i non allineati hanno trovato, attraverso i discorsi dei loro delegati, una pragmatica unità d'azione e di intenti. Isolata resta la Romania, che pur aderendo al Patto di Varsavia, ha confermato oggi, così come durante la preparazione del vertice di Helsinki, di voler tenere una posizione autonoma con accenti critici verso l'Urss. Il pomo della discordia, che ha provocato questa frattura multipla tra i trentacinque Paesi firmatari dell'Atto finale della Conferenza di Helsinki, è l'agenda dei lavori dell'« incontro principale », che si svolgerà ancora qui a Belgrado in autunno per esaminare lo stato di attuazione degli accordi di Helsinki e concordare potenziali sviluppi della distensione Est-Ovest. Due proposte di agenda erano state presentate, prima della pausa del fine settimana, nella sala delle riunioni del costosissimo Sava Center. Secondo i nove Paesi della Cee e gli Stati Uniti, il dibattito in ottobre dovrà articolarsi in tre fasi: un esame accurato dello stato di attuazione delle disposizioni e dei compiti definiti dall'Atto finale di Helsinki; un « approfondito scambio di opinioni » sulle prospettive di miglioramento dei rapporti Est-Ovest; la « definizione delle modalità necessarie » per lo svolgimento di futuri incontri multilaterali simili a quelli di Belgrado. Secondo i sovietici, invece, i lavori dell'incontro di lavoro dovrebbero essere meno articolati. Citando l'Atto finale di Helsinki, l'ambasciatore Vorontsov ha proposto per l'autunno « uno scambio di vedute approfondito sia sulla attuazione delle disposizioni dell'Atto finale e dei compiti definiti dalla Conferenza, come pure, nel contesto delle questioni trattate da quest'ultima, sull'approfondimento delle loro relazioni reciproche, sul miglioramento della sicurezza e lo sviluppo della cooperazione in Europa e lo sviluppo del processo di distensione in futuro ». Mentre gli occidentali propongono, dunque, che l'esame di quanto è stato fatto (o non è stato fatto) nei due anni trascorsi tra Helsinki e Belgrado proceda separatamente dalla discussione su nuove proposte per la distensione, i Paesi del gruppo sovietico propongono un dibattito unico sul passato e sul futuro. Il significato politico di questa divergenza procedurale è assai chiaro. I sovietici e i loro alleati vogliono imI pedire a tutti i costi che l'in¬ contro d'autunno diventi un processo alle loro inadempienze nel mettere in pratica le disposizioni dell'Atto finale di Helsinki. L'ossessione sovietica per la questione dei diritti civili e la circolazione degli uomini e delle idee è la molla che ha fatto scattare questo meccanismo difensivo procedurale, attraverso il quale i sovietici sperano di bloccare un dibattito su questi temi. Illuminante è stato, sotto questo aspetto, l'intervento del delegato cecoslovacco, il quale, sostenendo a spada tratta la proposta sovietica, ha detto che l'incontro d'autunno deve avere un carattere «positivo» e deve evitare ogni «critica» ai Paesi partecipanti. La proposta sovietica ha incontrato l'opposizione di tutti i Paesi occidentali con in testa gli Stati Uniti, i quali, secondo la linea dell'amministrazione Carter, intendono fare dei diritti civili uno dei temi principali dell'incontro di ottobre. L'ambasciatore Sherer ha detto, con polemici riferimenti al discorso di Vorontsov, che questa riunione preparatoria di Belgrado non deve servire soltanto a «ricopiare su un altro pezzo di carta l'Atto finale», bensì deve definire una precisa «lista di temi» che dovranno essere discussi nell'incontro d'autunno. Altrimenti, ha aggiunto Sherer, la riunione autunnale rischia di risolversi «in una grande confusione» e sarà molto più difficile avere allora quel dibattito costruttivo che noi tutti desideriamo. I Paesi neutrali e non allineati (Svezia, Svizzera, Austria, Malta e Jugoslavia sopra tutti) hanno espresso alcune riserve sulla proposta Cee-Stati Uniti, ma sono stati assai più critici, sia pure con diverse sfumature, verso il progetto sovietico. Ma, soprattutto, hanno insistito affinché l'agenda della riunione in autunno preveda un esame approfondito della possibilità che all'incontro di Belgrado seguano altri incontri analoghi, ad intervalli regolari di tempo. L'ambasciatore Lipatti, che dirige la delegazione romena, si è dissociato nettamente dagli altri Paesi del Patto di Varsavia, criticando la proposta sovietica, pur senza citarla direttamente, come espressione di un «dogma sciePaolo Garimberti (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Persone citate: Garimberti, Lipatti, Vorontsov