Non l'autocensura, ma la cautela di Jader Jacobelli

Non l'autocensura, ma la cautela CHE COS'È LA DEONTOLOGIA RADIOTELEVISIVA Non l'autocensura, ma la cautela Il caso vuole che io abbia letto il « taccuino » dell'amico Gorresio dal titolo malizioso « Deontologia ninfa gentile » dopo avere appena conclusa la relazione di una ricerca condotta in questi mesi sulle norme di comportamento di 16 radiotelevisioni. La ricerca — riassumo in breve — ha accertato: 1) che ogni ente radiotelevisivo, pubblico o privato, è tenuto a rispettare certe norme di comportamento, più o meno particolareggiate, che a volte sono legislative, a volte regolamentari, a volte deontologiche. Ciò distingue sempre più nettamente il regime della radiotelevisione da quello della stampa: 2) che, ovunque, alla base di tali norme di comportamento vi sono dei concetti molto prestigiosi, ma altrettanto problematici per la cultura di oggi, quali l'obiettività e l'imparzialità, per cui si cerca di dare loro un senso concreto più sul piano della pratica quotidiana e della casistica che su quello teoretico; 3) che nei 15 paesi presi in considerazione (il 16° è il nostro e la situazione è diversa) le norme di comportamento non sono considerate repressive dell'autonomia professionale, ma doveri-diritti posti a garanzia, insieme, degli ascoltatori e degli stessi operatori nei confronti del potere; 4) che le norme di comportamento tendono a conno¬ j tare quella radiotelevisiva non 1 come una mediazione di pri- mo grado, fra i fatti e il pub-blico, ma come una mediazio-ne di secondo grado, fra le varie interpretazioni dei fatti e il pubolico. Soltanto in so cietà omogenee e consensuali sarebbe possibile agli operatori radiotelevisivi una mediazione di primo grado, cioè personalizzata. In società pluralistiche, conflittuali o, comunque, fortemente dialettizzate, come in genere sono oggi quelle occidentali, soltanto una mediazione di secondo grado può evitare che le radiotelevisioni creino nei loro paesi tensioni alla lunga insopportabili. Può darsi che la deontologia nelle intenzioni di qualcuno sia una « ninfa gentile » a cui far partorire l'autocensura e il ridicolo, come paventa Gorresio, anziché ragionevoli norme di comportamento, ma Gorresio non può ignorare che un conto è scrivere un articolo su un giornale che, legittimamente, può essere parziale, polemico, accusatorio, e che, comunque, è un giornale tra i tanti, acquistato soltanto da chi ne condivide la linea e la cui diffusione, purtroppo, è sempre limitata, e un conto è servirsi di uno strumento come una radiotelevisione nazionale i cui messaggi sono davvero « circolari », la cui diffusione è capillare ed indiscriminata, la cui risonanza è pantografica. Non può quindi meravigliare il fatto che nel caso del giornale sia giustamente prevalente la preoccupazione di garantire chi scrive, di sancire i diritti di libertà, men- 1 tre nei confronti della radio1 televisione sia prevalente la preoccupazione di garantire I chi ascolta, cioè di far vale- re i doveri di responsabilità, anche se le due esigenze non vanno disgiunte, ma opportunamente composte. Io non so dove debba correre la linea di demarcazione fra una deontologia pretestuosa ohe mira a introdurre l'autocensura nella cittadella ra- i diotelevisiva e una deontologia autentica che tenga conto della specificità del mezzo radiotelevisivo e del suo impiego a fini pubblici, ma come operatore radiotelevisivo so che il problema è serio e sentito nel paese e che sul modo in cui lo risolveremo si misurerà la nostra credibilità professionale che non è una ninfa gentile. Jader Jacobelli

Persone citate: Gorresio