Nella valanga dei crimini di Clemente Granata

Nella valanga dei crimini LA CRISI DELLA GIUSTIZIA: FATTI, CIFRE, ISTITUTI Nella valanga dei crimini Due milioni di processi pendenti, impunito P86 per cento dei reati - Pesa la triplice offensiva della piccola delinquenza in aumento, della grande criminalità organizzata e del terrorismo -1 primi intoppi negli uffici del p. m. e del giudice istruttore Non sono necessarie molte cifre per indicare che cosa s'intenda per crisi della giustizia penale. I processi pendenti sono circa due milioni e il ritardo, a volte, si misura a lustri. Il carico delle pendenze cresce ogni anno di 170 mila-200 mila unità. Aumentano anche i delitti compiuti ad « opera d'ignoti »: nel 1970 erano il 55,11 per cento; nel 1974 il 77,8. Secondo calcoli dell'Istat un individuo sottoposto a procedimento per un reato punito con la sanzione detentiva ha rilevantissime probabilità di non essere condannato: l'86,4 per cento. In altri termini un imputato è riconosciuto colpevole soltanto in 13,6 casi su cento. E' chiaro che le statistiche devono essere valutate con cautela. Le percentuali si riferiscono a valori globali e non distinguono tra piccola, media e grande criminalità. L'esperienza recente dimostra che nella lotta contro la criminalità organizzata, comune e politica, si registrano successi da non sottovalutare. Le statistiche però permettono di indicare una « linea di tendenza », che è fonte di preoccupazione. Ci dice il consigliere Berta d'Argentine: « L'amministrazione della giustizia per essere efficace deve scoprire con rapidità i colpevoli e punirli con altrettanta rapidità. Non è sempre neces¬ saria la previsione di sanzioni pesantissime ». E aggiunge con un'amara espressione sul volto: « Altrimenti si torna alle "grida" di mani zoniana memoria: erano molto severe, ma i "bravi" continuavano a circolare ». E' esorcismo o previsione di quello che potrebbe accadere tra poco? Contro ignoti Negli ultimi anni si è assistito (e non soltanto in Italia) ad un d-,plice fenomeno: l'espansione della delinquenza spicciola (furti, scippi e simili) e la concomitante esplosione della criminalità organizzata comune e politica. Gli inquirenti hanno dovuto combattere su due fronti riservando le migliori energìe al secondo e trascurando il primo. Il che può costituire una parziale spiegazione dei ritardi, dei cumuli e della mole di procedimenti contro «ignoti» (che riguardano soprattutto la delinquenza di piccolo cabotaggio). Il fatto è che le fondamenta dell'amministrazione della giustizia non erano preparate a sostenere il duplice contemporaneo urto, e nell'edificio si sono aperte le prime crepe; ora, se non si provvede, si è alla vigilia del crollo. C'è in tutti delusione e sgomento. Ci dice il giudi ìe istruttore Maddalena: « Siamo costretti a un lavoro frustrante, improbo, con scarsi risultati ». Ci dice il pretore di Genova, Sansa: « Il senso di frustrazione, di stanchezza, di mancanza di risultati è notevole. Oggi è in crisi tutto ciò che è istituzione ». L'analisi delle cause s'intreccia con la ricerca dei rimedi. C'è una tendenza, per la verità non molto marcata, a stabilire un rapporto di questo tipo: l'allargamento dei diritti della difesa nelle fasi della preistruttoria e dell'istruttoria è all'origine dei mali dei nostri giorni. Le riforme del 1955, le norme che dal '69 in poi hanno introdotto quelle innovazioni, sono dunque al centro delle accuse di taluni settori. E' una diagnosi plausibile? Molti sono di parere contrario. Ammettono che alcune normative, ispirate al culto del formalismo (come certe regole sulle nullità) sono troppo drastiche, he altre (come il regime delle notificazioni) sono troppo farraginose, ma sottolineano la necessità di una rigorosa salvaguardia della sostanza dei diritti della difesa. Dice l'avv. Gatti di Roma: « Il loro allargamento, il fatto che nelle fasi delle indagini di polizia giudiziaria e della istruttoria l'imputato non Ja più un oggetto senza diritti, sono stati una conquista civile, l'adeguamento della legge ordinaria alla Costituzione, le cui direttive erano state eluse dall'improvvida distinzione fatta dalle. Cassazione tra norme precettive e norme semplicemente programmatiche. E' una tesi pericolosa quella che vuol vedere nel progresso giuridico la causa dei mali della giustizia. La crisi è antica ed è crisi di strutture. L'allarme lo abbiamo lanciato molto tempo fa. C'è voluta la paralisi perché il mondo politico se ne occupasse ». Anche l'inadeguatezza dei mezzi può essere testimoniata da poche cifre. Il bilancio dello Stato dedica alla giustìzia la cifra piti bassa, meno del 2 per cento, di fronte ad esempio al 4,5 per cento della Francia, al 5 dell'Inghilterra, al 6 della Germania. Ci sono 6000 magistrati, ne occorrerebbero almeno altri 1200. C'è il problema della irrazionale distribuzione degli organici. Alcune sedi, che avevano una ragion d'essere in un'epoca di difficoltose comunicazioni, adesso costituiscono autentici anacronismi, hanno un carico di lavoro talora irrisorio, ma tengono bloccato un personale che potrebbe essere impiegato in modo più proficuo altrove (quando però si parla di soppressione delle sedi inutili si rischiano tumulti). E non dimentichiamo: il personale ausiliario è stato dissanguato dalla legge dell'esodo, sono scarsi anche gli addetti ai nuclei di polizia giudiziaria. Sottolinea Beria d'Argentine: « Il problema delle strutture è stato sottovalutato da tutti, anche da parte della magistratura. AlcuA suoi esponenti di destra preferivano parlare di semplici disfunzioni, quasi che affrontare il problema della crisi fosse una " diminutio ", altri, di estrema sinistra, affermavano con sarcasmo che erano mere questioni di efficientismo, di neocapitalismo giudiziario e sostenevano che bisognava badare ai contenuti, a "quale giustizia". Le conseguenze di questi atteggiamenti le abbiamo sotto gli occhi ». In un sistema razionale dunque, le riforme organizzative devono procedere di pari passo con quelle legislative, le prime sono la condizione fondamentale per il buon funzionamento delle seconde. In caso contrario si rischia il caos. I mali si notano sin nella fase iniziale del procedimento, l'istruttoria. Occupiamoci con un esame «ravvicinato» di quello che può accadere nell'istruttoria formale (in cui si trattano i casi più complessi). Parliamo ■ «on,-4re giudici istruttori torinesi: Caselli, Laudi e Maddalena. Fanno la radiografia dell'ufficio istruzione. Pendenti: 3554 procedimenti penali contro persone note, di cui 180 per fatti di grossa criminalità (quelli « contro ignoti », giacenti in archivio, sono più di 100.000). Personale disponibile: 16 giudici, 3 cancellieri, 6 segretari, 7 dattilografi e 8 militari addetti a compiti di sorveglianza e di segreteria. Il personale è inferiore a quello di Milano, sede, alla sua volta, sfavorita rispetto a Roma e Napoli. Ma si può dire che la situazione è deficitaria in tutte le grandi città, anche se ci sono disparità di trattamento. Compiti nuovi Co.i una serie dì ritocchi legislativi avvenuti all'inizio degli Anni 70 si è, come dice il dott. Maddalena, « giurisdizionalizzata » l'attività di polizia giudiziaria. Prima carabinieri e polizia avevano ampio spazio nello svolgimento delle indagini e ne sottoponevano poi i risultati al vaglio del magistrato. Le nuove disposizioni, ispirate al « garantismo » hanno invece assegnato al pubblico ministero -e al giudice istruttore un ruolo più incisivo nell'inchiesta anticipando il loro intervento (e urtando anche la suscettibilità di poliziotti e funzionari, soprattutto anziani, che rivendicano la propria esperienza e i lunghi tirocini). I magistrati dunque sono divenuti un po' poliziotti. Affermano i nostri interlocutori: «Dobbiamo fare ì commissari, ma non abbiamo un ufficio idoneo, né una squadra di polizia giudiziaria a nostra diretta disposizione ». Dice Laudi: « L'ufficio è strutturato in modo da funzionare soltanto per i processi di poco conto. Per un processo difficile, bisogna bloccare un magistrato a scapito del resto ». Maddalena: « Ci sono inevitabili scollamenti, che nuocciono al buon esito delle indagini ». Vediamo casi concreti. Il magistrato ad esempio deve far compiere una perquisizione o un'intercettazione. Se egli avesse a disposizione diretta uomini dì polizia giudiziaria li incaricherebbe di quegli atti. Costoro per aver seguito l'attività del giudice sin dall'inizio sarebbero, a somigliar~a di Maigret, talmente « impregnati » dello spirito dell'inchiesta da interessarsi del minimo dettaglio, da collocarlo nel giusto contesto. Ma questi uomini mancano. Così il giudice istruttore si rivolge ai carabinieri, alla polizia, alla guardia di finanza. Arrivano gli ufficiali di polizia giudiziaria x. y, z. Essi si trovano di fronte a un'inchiesta in corso, ne hanno conosciuto forse i primi passi, ma dopo l'invio del rapporto al magistrato sono stati assorbiti da altro lavoro. Ignorano così i risvolti, i punti nevralgici dell'indagi- ne del giudice istruttore. Dice Maddalena: « Fanno una perquisizione, ma può capitare che trascurino in un cassetto una lettera apparentemente "innocua", in realtà importante ». Oppure ascottano la telefonata dei rapitori alla famiglia della vittima e non ne individuano un passaggio « significativo » (cosa comprensibile perché sanno poco o nulla del lavoro precedente). Dice ancora Maddalena: « Quando arrivano sul mio tavolo i nastri registrati mi rendo conto del valore di certi elementi. Bella consolazione, se pensiamo che nel frattempo sono passate settimane. D'altro tato l'ascolto immediato non ci è possibile poiché non abbiamo nel nostro ufficio apparecchiature adeguate ». In sintesi la legge ha predisposto un'importante innovazione (l'anticipo dell'intervento del magistrato nell'inchiesta), ma non ha fornito i mezzi operativi perché quell'innovazione operasse con la dovuta efficacia. L'intero panorama del resto è molto deludente. Manca un'attività d'indagine che abbia un minimo di coordinamento nazionale. Sotto questo profilo i magistrati affermano che sarebbe necessario istituire una « banca dei dati ». Dice Caselli: « Essa sarebbe indispensabile per tutti i personaggi implicati nella criminalità organizzata (adesso se vogliamo sapere qualcosa di preciso dobbiamo sfogliare una enorme quantità d'incartamenti con comprensibile perdita di tempo e con il rischio che ci sfuggano elementi importanti). La "banca" sarebbe utilissima anche per le grafie, le voci, le impronte, la tecnica del volantinaggio, compiuto dai gruppi eversivi, i caratteri dattilografici, lo stesso linguaggio adoperato ». Laudi: « Tutto invece è affidato al volontarismo». Caselli: «E bisogna dar atto che pur con questi limiti organizzativi le forze dell'ordine raggiungono risultati rilevantissimi ». Ci sono poi altre incongruenze. I nostri interlocutori muovono parecchie cri¬ tiche alla legge stille intercettazioni. Esse sono autorizzate per un periodo di 15 giorni, prorogabile altre due volte. « Invece — dicono — dovrebbero essere permesse durante tutto l'arco della permanenza del reato e poter essere utilizzate anche in un procedimento diverso da quello per cui sono state consentite, altrimenti si è costretti a riunire i processi con conseguente elefantiasi ». Rilevano inoltre che nel corso dell'istruttoria si registrano troppi « tempi morti » (continua trasmissione di atti al Pubblico Ministero, che non ha la possibilità di formulare tutte le richieste; perizie la cui lungaggine è indirettamente favorita dal modo con cui la legge dispone la remunerazione dei periti, remunerazione oltretutto inadeguata). Caselli e Laudi sarebbero favorevoli alla introduzione per reati di particolare gravità di un'istruttoria « formale rapida » (durata massima sei mesi). Gli accusatori Mancanza di personale, mezzi tecnici inadeguati, norme che dovrebbero essere riviste senza pregiudicare peraltro i diritti della difesa e all'opposto continua espansione della criminalità: ecco le premesse (non tutte, ma buona parte) di ritardi, cumulo di lavoro e insuccessi. Uno dei punti centrali è rappresentato dalla questione degli addetti ai nuclei di polizia giudiziaria costituiti presso le Procure della Repubblica. Tutti gli interessati chiedono che siano rafforzati per imprimere speditezza alle indagini. Ma il problema non è facilmente risolvibile. Gli stessi corpi che dovrebbero fornire gli uomini non hanno personale abbondante. E c'è di più. Il problema ha importanti risvolti politici poiché chiama in causa i rapporti tra i poteri dello Stato. E' argomento di dibattito, che s'intreccia con quello sulle funzioni e sulla natura del Pubblico Ministero. Clemente Granata

Luoghi citati: Francia, Genova, Germania, Inghilterra, Italia, Milano, Napoli, Roma