Le "favole,, vere di Roma arcaica

Le "favole,, vere di Roma arcaica Le "favole,, vere di Roma arcaica Lo scrittore dell'elzeviro, troppo stesso accusato di sentirsi altezzosamente a una sfera inaccessibile ai profani, prova un senso d'insicurezza ad affrontare il terna di religioni arcaiche, specie in tempi aspri e amari come questi; se qualche interesse distoglie dalla stupefatta e dolorosa contemplazione del presente è di carattere prevalentemente scientifico o tecnico: il passato appare ai più un lusso, una romanticheria superflua; ma quando l'indagine, attraverso le categorie mentali e le strutture sociali del mondo antico, conduce fino alle radici del pensiero umano, la storia serve al presente; e non, come spesso si dice, quale strumento di potere o distorsione tendenziosa, ma come mezzo per promuovere nell'uomo una più chiara conoscenza di se stesso: che è il fine al quale essa tende. Risponde indubbiamente a questo scopo la poderosa storia della religione romana arcaica (ed. Rizzoli, L. 12.000) di G. Dumézil, sintesi del pensiero che il celebre studioso ha esposto in libri e articoli da un quarantennio in qua. Il volume è di dieci anni fa — l'ultima edizione francese del 1974 —. Mancano dunque, per quel che riguarda la testimonianza archeologica sulle origini di Roma, i dati forniti dagli scavi recentemente compiuti sul territorio laziale dalla scuola del prof. Castagnoli, che hanno riempito di stupore i visitatori della mostra del Lazio Primitivo a Roma e a Parigi, Ma, anche se questo aggiornamento fosse stato fatto, l'impostazione fondamentale sarebbe rimasta la stessa; l'A. l'ha ribadita, revisionata, arricchita sin dalla sua prima intuizione che il pensiero religioso occidentale deriva da quello indoeuropeo. I Romani dunque, grazie al loro conservatorismo, ci hanno trasmesso residui di un retaggio remotissimo di idee ed esperienze, filtrate attraverso il rituale, quale ci è stato descritto da autori — Varrone, Cicerone, Livio, Virgilio ecc. — piamente nostalgici d'un passato di cui non comprendevano più il significato, specie quando l'influenza greca sommerse le tradizioni. In polemica con gli assertori dell'animismo primitivo, lo studioso ritiene che gli dèi di Roma non furono forze diffuse nel cosmo gradatamente personificate, al contrario ebbero sempre connotati spiccatamente individuati e funzioni precise; gli abitatori del villaggio che poi fu Roma sin dagli inizi sarebbero stati in possesso di credenze e riti sistematici anche se non scritti: un patrimonio religioso immesso in tutto il mondo occidentale da popoli emigrati dall'India, o, secondo altri, assimilato attraverso scambi. L'esame comparato delle religioni permette allo studioso, che possiede un'erudizione sorprendente, di riscontrare figure leggendarie ed episodi mitici analoghi in India, in Persia, in Irlanda, in Scandinavia, il che prova l'identità delle origini nonché l'identica struttura mentale nella stessa fase di sviluppo. A Orazio Coclite fa riscontro il dio dei Germani, Odino, guercio lui pure, a Muzio Scevola un dio mancino, lo scandinavo Tyr. I personaggi di T. Livio, secondo la interpretazione del Dumézil, nella concezione originaria erano divinità; i Romani li avrebbebero calati sulla terra, conforme alla loro tendenza a conferire statura umana agli dèi, realtà storica alle leggende e successione cronologica a istituti che costituivano funzioni gerarchiche ma compresenti (una mitologia storicizzata, dunque, il che però non esclude che un germe di verità storica sia stato « pensato » nelle forme del mito e financo una elaborazione cosciente di esso). Gli eroi e le loro gesta, scesi nella storia, nell'epopea, nel romanzo, rispecchiano l'organizzazione sociale e politica primitiva: conforme a questa interpretazione, i primi re non regnarono uno dopo l'altro ma furono sia gli esponenti di gruppi etnici diversi (romani, etruschi e sabini) sia l'espressione delle istanze sociali fondamentali: la legge, la forza e l'espansione demografica ed economica. L'idea base del Dumézil è appunto quella che nel pensiero mitico si riflettano categorie empiriche, e cioè le strutture fondamentali di ogni gruppo umano, idea che al suo apparire potè sembrare audace e arbitraria ma oggi, con la diffusione di dottrine che si affiancano alla storia (psicologia, etnologia, sociologia) e spesso impongono ad essa metodi e risultati, appare quasi irrefutabile. Questa ideologia delle tre funzioni si riflette anche negli dèi della Triade maggiore, Giove signore del Campidoglio, Marte del Palatino, Quirino del Quirinale: essi rappresentano rispettivamente il primo la legge e il culto, il secondo la guerra, il terzo la produttività; in qualsiasi compagine sociale il Dumézil scorge fatti paralleli, nozioni equivalenti, la suddivisione della comunità in tre classi, quella che prega, i sacerdoti, quella che combatte, i guerrieri, quella che produce, gli agricoltori; esse rispecchiano tre nozioni elementari, il diritto, la forza, il piacere. In altre opere l'A. ha riscontrato in paesi diversi questa stessa struttura triplice: citerò una sola ipotesi, che le tre dèe concorrenti al titolo di Miss Olimpo, nel famoso concorso di bellezza, fossero anch'esse il simbolo dei tre aspetti fondamentali della società primitiva, Hera il potere politico, Atena la forza militare, Afrodite la fecondità. Ciascuna di esse, in effetti, offrì sottobanco un compenso all'arbitro, Paride, per ottenere il pomo: Hera il dominio dell'Asia, Atena la vittoria nelle armi, Afrodite la più bella donna del mondo. Paride scelse Elena e scoppiò la guerra di Troia. Una ricerca condotta con questi criteri rientra nell'ambito della psicologia comparata, la scuola iniziata da Meyerson e da Vernant, nella quale si cerca di individuare alla radice dei miti schemi concettuali appartenenti alla sfera della psiche collettiva. Non si tratta dunque più di contrasti non risolti a livello del subconscio individuale — i famosi « complessi » — quanto di istituzioni che si riflettono in forme emblematiche, concetti elementari della vita sociale che si proiettano in figure divine o leggendarie. Il meccanismo mediante il quale le categorie mentali, i concetti fondamentali, le prime forme di divisione della società in funzioni particolari si trasformano in favole resta oscuro. Esso coincide forse con l'emergenza d'un principio d'ordine contrapposto al caos (la « mediazione tra gli opposti» di Lévy Strauss), prima che si sia delineato consapevolmente un pensiero razionale e l'intelletto si sia destato dai sogni del mito. Lidia Storoni

Persone citate: Castagnoli, Cicerone, Hera, Lidia Storoni, Muzio Scevola, Orazio Coclite, Strauss, Varrone, Vernant