L'incompreso papà degli anti-infarto di Ezio Minetto

L'incompreso papà degli anti-infarto Ezio Minetto Q uando, vent'anni fa, Raymond P. Ahlquist e James Black parlavano di «recettori Beta» e poi di «betabloccanti» (farmaci oggi di primo piano nella cura dell'insufficienza coronarica, dell'ipertensione arteriosa, di alcune aritmie e di non poche altre situazioni morbose) la loro era una voce isolata, pressoché inascoltata ed inavvertita nel mondo scientifico. Oggi quella lontana scoperta, «la più grande — ha commentato De Bakey — non so da quando», ha meritato non solo il «Ciba Award for Hypertension Research» ma anche l'«Albert Lasker Clinical Medicai Research Award», uno dei più prestigiosi premi scientifici del mondo. E' storia che si ripete, evidentemente, quella della iniziale «incomprensione» verso certi rivoluzionari risultati. Ahlquist (professore di farmacologia al Medicai College della Georgia), all'inizio, era partito nella «fortunata direzione sbagliata»: cercava cioè un farmaco per le anormali contrazioni uterine e finì invece per postulare l'idea, allora non ortodossa, di 2 tipi di «recettori», gli Alfa ed i Beta, specificamente attivati dalle catecolamine e dalle stimolazioni nervose simpatiche; ed arrivò a precisare che, a livello cuore, la stimolazione (contrattilità, automatismo, conduzione ed «irritabilità») era mediata dai recettori Beta. Quando però, nel '48, cercò di pubblicare i suoi risultati, se li vide respingere da due autorevoli riviste: e trattenere, a fondo perduto, da una terza. Poi — in quel modo che da tutti vien chiamato «il caso» e che è invece il giuste, e presto o tardi obbligatorio, «incontro» — il dimenticato dattiloscritto «illuminò», nella redazione dell'American Journal of Physiology, il dr. Black (sino a pochi anni fa capo del dipartimento di Farmacologia dell'University College di Londra, noto per i suoi studi sulle amine vasoattive e, più recentemente, per Raymond P. Ahlquist le sue ricerche sui recettori H2 istaminici della mucosa gastrica) . Sta di fatto che, alla fine degli Anni 50, Black arrivò a sintetizzare il «propanololo», il farmaco betabloccante cioè capace, a comando, di bloccare o moderare gli effetti delle stimolazioni sulla frequenza, sulla gittata e sulla contrattilità del cuore. Oggi, la nuova «linea» dei betabloccanti — sono ormai una ventina i nuovi farmaci, «figli e nipoti» del propranololo — è di primo impiego nell'ipertensione arteriosa, nella malattia coronarica, in alcune aritmie cardiache, nella stenosi ipertrofica subaortica. Ma la storia dell'«incomprensione» — si direbbe che Ahlquist è proprio preso di mira — non è ancora finita per i betabloccanti: perché adesso, almeno negli Stati Uniti, c'è l'ostracismo della Food and Drug Administration per il «metoprololo», il più recente, più sicuro e più efficace dei betabloccanti selettivi, già usato in almeno 1 milione di malati nel mondo intero (recenti studi svedesi e inglesi hanno appena finito di dimostrare, su più di 1000 soggetti, che il suo impiego a lungo termine può diminuire del 50 % la mortalità per infarto negli ipertesi). E' la solita questione dell'ipotizzata carcinogenicità sull'animale da esperimento — su cui fa leva il famoso ed antiquato emendamento Delaney della legge del '38 — che, per colpa di qualche topolino, ha già portato, in modo altrettanto assurdo. L'incompreso papà degli anti-infarto

Persone citate: Albert Lasker, De Bakey, Delaney, James Black, Raymond P.

Luoghi citati: Georgia, Londra, Stati Uniti