Avremo un "anno della poesia" di Giulia Massari

Avremo un "anno della poesia" Avremo un "anno della poesia" Roma, 8 giugno. Irreale, un po' confuso, appena abbozzato, il progetto che espongono tre personaggi diversi come Maria Luisa Spaziarli, Danilo Dolci e Giorgio Caproni, ha una sua validità, anche se suscita facile sorriso: lanciare un « anno della poesia », come c'è stato l'anno della donna, e poi ci sarà quello del fanciullo e, pare, una « diversità » sembrando necessaria, anche della fanciulla. Quest'« anno della poesia », se tutto andrà bene, se ì'Unesco e l'Onu accoglieranno l'idea, potrebbe essere il 1980. Si leggerà poesia negli autobus, come si leggono i giornali, nelle stazioni si compreranno, invece d'un giallo e d'un fascio di riviste, volumetti di poco costo, in rima e no, e sarà tutto un interpellarsi sul primo Montale e sull'ultimo poeta appena uscito e subito pubblicato da editori premurosi, tutto uno scambiarsi informazioni e commenti che non riguarderanno l'onorevole Moro o l'onorevole Berlinguer o l'ultimo sequestro o la prossima bomba, e i bambini non ripeteranno più automaticamente le parole delle canzonette di moda, ma versi, versi, versi... Un insolito anno, senza dubbio. Ma ci sarà? Se n'è parlato per la prima volta a Knokke-le-Zoute in Belgio, dove ai primi di settembre si riuniscono poeti di varie nazionalità per celebrare la Biennale Internazionale di Poesia. Ne è sortita, per ora, una giornata della « poesia infantile », senza precisare se si tratterà di poesia per l'infanzia, o dell'infanzia; il 21 marzo di ogni anno, e vi hanno aderito già quarantadue paesi. L'altro progetto, senza dubbio più ambizioso, potrebbe a prima vista apparire d'un altro tipo, poiché non vi sarà una precisa connotazione per i bambini; se i poeti che lo lanciano non fossero pronti a spiegare che l'educazione alla poesia deve cominciare dall'infanzia, perché mai un adulto riuscirà a legger poesia da grande se non ne avrà l'abitudine da piccolo, quando il gusto del ritmo è esigenza. Lo dice Maria Luisa Spaziarli, la quale sostiene che i bambini già a due anni cominciano a sentire la poesia; lo ha già sperimentato Danilo Dolci per il quale la poesia recitata a bambini, o fatta recitare da bambini, è stata « un contravveleno per la mafia », psicologicamente inducendo i piccoli a contestare i padri mafiosi; lo ripete Giorgio Caproni, che ha fatto il maestro elementare, e ha visto l'effetto della poe¬ sia sui bambini. In attesa di i quell'anno ancora lontano, dunque, i tre poeti parlano di un movimento che si chiama « poesia - infanzia - adolescenza », e che in questi giorni si allea con una iniziativa romana, quella dei mille bambini che espongono disegni in via Margutta per sensibilizzare l'opinione pubblica al terribile problema degli handicappati: quest'anno, con una impostazione giustissima, parlandosi molto di medicina di prevenzione. Ma come si svolge una riunione di poesia, attorno alla poesia? Ecco alcuni personaggi, in un primo incontro attorno al tavolo di una trattoria, in via Margutta. Maria Luisa Spaziani è al centro, Caproni è stato trattenuto dal premio Viareggio, Dolci è rimasto in Svezia. Nessuno nasconde, in principio, la delusione per queste mancanze, poi le domande incalzano, fra una portata e l'altra, in un greve odore di cucina, in una mattina di scirocco. Si tratta di un nuovo metodo per l'apprendimento della poesia? Si tenta un'operazione per catturare nuovi lettori alla poesia? Il poeta è destinato alle masse? Le vuole? Che cosa è poesia? E" giusto pensare a una poesia per l'infanzia? Il bambino non ha il diritto di leggersi lo stesso Leopardi dei grandi? Da una parte si sente dire che Alfonso Gatto era più importante di Pasolini, come l'Himalaya in confronto al Pincio, eppure si è parlato più di Pasolini; da un'altra si lamenta la scarsa tiratura persino dei libri di Montale; si cita la solita Russia dove la poesia è pane quotidiano, si afferma che la poesia dev'essere come la preghiera, poi ci si pente di questa parola, che potrebbe suonare male a qualcuno là verso la sinistra e la si sostituisce con concentrazione o raccoglimento; si svolazza fra Giambattista Vico e i greci e gli ottonari del vecchio Corriere dei Piccoli, si sogna l'arrivo della poesia alla Rai e alla Tv, ognuno fa il suo breve esercizio, e chi recita un giovane Bassani («L'effimera creatura di luce coronata ») chi un Gatto impegnatissimo, e chi definisce la poesia « disinquinante » (dai fumetti e dalla televisione), chi « biologizzante » (con l'educazione dei primi anni). Infine si esce con l'impressione di non avere discusso di nulla. Ma questa impressione non si ha anche venendo fuori da riunioni dove si parla di politica o di economia? I fatti vengono dopo le parole. Aspettiamo i fatti. Giulia Massari

Luoghi citati: Belgio, Roma, Russia, Svezia, Viareggio