I laici non si sono dati per vinti ripresentano la legge sull'aborto di Gianfranco Franci

I laici non si sono dati per vinti ripresentano la legge sull'aborto Dopo il no del Senato lo stesso testo alla Camera I laici non si sono dati per vinti ripresentano la legge sull'aborto La decisione è stata presa dai capi dei gruppi parlamentari dello schieramento abortista (pei, psi, psdi, pri, pli, indipendenti di sinistra) riunitisi su invito del sen. Spadolini - La discussione, secondo il regolamento, non potrà svolgersi prima di 6 mesi al Senato ma forse potrebbe cominciare fra breve alla Camera Roma, 8 giugno. Ed ora che cosa accadrà? Il voto con il quale i senatori della de e dell'estrema destra, con l'aiuto di almeno sette «franchi tiratori» laici, hanno silurato, affondandola; la legge sull'aborto ha lasciato dietro di sé un turbinio di polemiche, di preoccupazioni, dì sospetti e di accuse di cui è difficile calcolare, sul momento, tutte le possibili conseguenze. Nel tentativo di placare gli animi e di sdrammatizzare la situazione che si è creata i due opposti schieramenti hanno cercato entrambi di correre ai ripari. Il direttivo del gruppo de del Senato ha deciso di ritirare la propria proposta di legge sui consultori familiari, che era all'ordine del giorno dell'assemblea insieme con la legge per l'aborto, affermando esplicitamente che ciò è da interpretare come «un atto di distensione». Dall'altra parte, i capi dei gruppi parlamentari dello schieramento abortista si sono riuniti stasera, su invito del repubblicano Spadolini, decidendo di ripresentare domani stesso alla Camera la stessa legge bocciata al Senato. Il provvedimento sarà firmato dai rappresentanti di tutte le forze politiche, compresi gli indipendenti di sinistra nelle cui file si raggruppano i cattolici del dissenso e i demoproletari, che «si sono riconosciute nello schema di legge sulla interruzione della gravidanza». La presentazione della legge non è tuttavia di per sé sufficiente per un automatico inizio dell'iter parlamentare. Prima che possa essere affidata alle competenti commissioni per l'esame referente, il presidente Ingrao dovrà convocare la giunta del regolamento per sciogliere un nodo procedurale. Sia il regolamento della Camera sia quello del Senato contengono una norma precisa secondo cui una legge bocciata non può essere ripresentata prima di sei mesi, a meno che non sia «sostanzialmente diversa». Al Senato quindi non c'è dubbio che per riaffrontare il medesimo argomento deve essere trascorso interamente questo periodo. Ma il voto negativo di uno dei due rami del Parlamento può vincolare l'altro che, oltretutto, in questo caso già si era espresso in modo del tutto diverso? I pareri sono naturalmente discordi e solo nei prossimi giorni sapremo quale sarà l'interpretazione esatta. Se dovesse prevalere quella restrittiva è certo che non vi sarebbe il tempo sufficiente per approvare definitivamente la legge prima del referendum che, al momento, si presenta come unica alternativa e che dovrà essere indetto per la primavera del prossimo anno. Al contrario, invece, si potrebbe guadagnar tempo consentendo al Senato di poterla riesaminare non appena scaduti i suoi sei mesi di intervallo. I radicali hanno trovato nel voto di ieri nuova esca per fiammeggianti accuse. Il loro leader Marco Pannella ha tuonato oggi contro i gruppi «cosiddetti laici» che «stanno dilapidando le lotte radicali e femministe insistendo sulla loro strada suicida e subalterna agli interessi clericali della de e della Chiesa». Anche le organizzazioni femminili sono in fermento. Alla soddisfazione del Cif, che fa capo alla de, per quanto accaduto ieri a Palazzo Madama, fanno riscontro le proteste vivaci delle organizzazioni giovanili e femminili dei partiti laici che minacciano altre agitazioni nelle piazze. Il movimento femminista romano ha già indetto una manifestazione intemazionale, cui saranno chiamate a partecipare donne di tutta Europa, da tenersi probabilmente sabato prossimo a Roma. Da parte di quasi tutti i partiti politici dell'arco costituzionale, e tra questi in prima posizione la de ed il pei, si cerca di mantenere un atteggiamento prudente. Per l'on. Piccoli il voto del Senato ha rappresentato una vittoria della coscienza «che non conosce frontiere di partito». Circa le conseguenze ha detto che le forze politiche democratiche hanno un grande senso di responsabi!u** e che «la ragione saprà prt. ile- re». Il sen. Bufalini, del pei, ha detto invece che il voto costituisce «grave danno per le donne e le masse femminili». Ha anche lamentato la presenza dei «franchi tiratori» da non ricercare però tra i cattolici della sinistra indipendente «che hanno dato battaglia alla luce del sole e che non avevano alcun motivo per tradire le loro posizioni». Secondo Bufalini, più che di «casi di coscienza» bisogna parlare di volontà di provocare «una situazione di tensione per ostacolare lo sviluppo di intese circa il programma e l'indirizzo di governo». Spadolini, repubblicano, ha detto: «Noi non vogliamo un'altra legge. Vogliamo che questo testo torni al Senato così com'è». Il liberale Bozzi ha affermato che si trattava di un testo «ragionevole» non potendosi pensare che l'aborto sia un privilegio dei ricchi. Né è consigliabile attendere il referendum che spaccherebbe il Paese. Occorre trovare, a suo parere, una intesa purché resti salvo, come hanno sostenuto gli altri esponenti laici, il principio della autodeterminazione e della depenalizzazione. Gianfranco Franci

Persone citate: Bozzi, Bufalini, Ingrao, Marco Pannella, Spadolini

Luoghi citati: Europa, Roma