Chi sono gli eroi di Tino Neirotti
Chi sono gli eroi Chi sono gli eroi Gli attentati delle Brigate rosse continuano ad occupare la prima pagina. Il risalto che diamo a queste notizie non dipende certo dalla presunzione che l'incolumità dei giornalisti possa essere ritenuta più preziosa di quella degli altri cittadini colpiti a rivoltellate in passato, né tanto meno che i giornalisti si sentano eroi. Come tutti gli altri, essi fanno semplicemente e onestamente il loro mestiere, e il mestiere consiste nel dare puntuali tutte le notizie, buone 0 cattive, gradite o sgradite, cercando di spiegarle nel modo più esatto possibile. Se parliamo tanto del ferimento di Indro Montanelli, di Vittorio Bruno e ora di Emilio Rossi, direttore del TGl, il giornale televisivo che 20 milioni di persone seguono ogni sera, è perché l'assalto dei forsennati, che si raggruppano nelle Brigate rosse, nei Nap o simili anche se cambiano colore, si è esteso e investe ormai non solo gli organismi dello Stato, ma l'intera società civile in una stessa furia di distruzione. Le intimidazioni — che vanno dai sequestri ai ferimenti, agli omicidi — sono state vane con i magistrati, con gli avvocati, con la polizia, con i politici, con coloro che coordinano il lavoro nelle fabbriche. Saranno inutili con i giornalisti, che continueranno a fare il loro lavoro, a dare le notizie e ad esprimere 1 giudizi, piacciano o non piacciano di volta in volta a chi ha il potere o a chi lo combatte. Brigate rosse comprese. E il giudizio sulle Brigate rosse, come su tutti gli altri gruppi che praticano o predicano la violenza armata, è di recisa condanna, politica e morale. Vogliono e fanno la guerra di classe, si dicono il partito combattente del proletariato, ma provocano soltanto lutti e distruzioni, senza alcun fine costruttivo, senza sbocco politico. Il caos a cui tendono danneggia soprattutto gli operai, i sottooccupati, i disoccupati, perché nell'incertezza e nella paura l'economia peggiora, quando non si sfascia. La loro bandiera è rossa e quanti di loro sono stati finora arrestati o riconosciuti si dimostrano convinti sino al fanatismo di volere una rivoluzione proletaria e totale. In quarantamila pagine di atti istruttori non c'è un solo rigo che li leghi ai neofascisti. Ma la realtà italiana ed europea, in tutti i suoi aspetti, è ben diversa da quanto essi scrivono nei loro volantini: i lavoratori sono maturi e le istituzioni democratiche più solide di quanto sembrano. Se la loro azione isolata e sanguinaria dovesse avere un risultato, questo sarebbe fatalmente una svolta autoritaria: non sono fascisti, ma certo finiscono per farne il gioco, e qualcuno sicuramente se ne compiace o li aiuta. Si proclamano «Movimento di Resistenza» e questo è offensivo anche sul piano morale. I Resistenti, i partigiani di allora, affrontavano le SS o tendevano agguati ai carri armati tedeschi, per conquistare la libertà; sapevano che, una volta presi, sarebbero finiti o fucilati o impiccati. La «guerriglia» degli attentatori di oggi, che ha come unico scopo il suicida annientamento della società, è assai più comoda, e anche vile: sparare nel petto del settantenne avvocato Fulvio Croce o nelle gambe di Montanelli, Bruno o Rossi, di gente che va a passeggio o a lavorare, non implica grandi rischi. Nel peggiore dei casi si viene arrestati, si alzano le braccia invocando le garanzie della Convenzione di Ginevra, e si andrà in carcere reclamando i privilegi che la riforma penitenziaria dovrebbe dare. Forse non saranno eroi i cittadini che, nonostante le minacce e le intimidazioni, continuano a fare il proprio lavoro, ma certo dimostrano più coraggio dei terroristi: soprattutto danno un contributo al progresso civile ed economico della società che quelli vorrebbero distruggere. Tino Neirotti
Persone citate: Emilio Rossi, Fulvio Croce, Indro Montanelli, Montanelli, Rossi, Vittorio Bruno
Luoghi citati: Ginevra
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