Leopard in Libia? Altre smentite Non esclusa una manovra tedesca di Filiberto Dani

Leopard in Libia? Altre smentite Non esclusa una manovra tedesca Il mistero dei carri armati partiti da La Spezia Leopard in Libia? Altre smentite Non esclusa una manovra tedesca (Dal nostro inviato speciale) , La Spezia, 1 giugno. Questo affare dei «Leopardi' è davvero un mistero. 11 tedeschi accusano gl'italiani di aver spedito in Libia cinque esemplari del sofisticato | carro armato, gl'italiani rispondono che non è vero niente perché i «Leopard» non hanno mai varcato i patrii confini, poi salta fuori un documento che sembra dar ragione ai primi e torto ai secondi. «Ecco la prova della vostra malafede», dicono i tedeschi. «E' tutto un equivoco», ribattono gl'italiani. E il j mistero resta. Vediamo da vicino questo affare che ha per protagonisti il Bundeswehr, l'esercito tedesco di Bonn, e l'Oto-Melara. la fabbrica d'armi di La Spezia. Alleati nella Nato, tedeschi e italiani sono legati da accordi che riguardano anche il loro armamento, come quello, appunto, dei «Leopard», creature del Bundeswehr. Autorizzati a costruire in proprio questo tipo di carro armato, gl'italiani passano la commessa (si parla di 600 unità) all'Oto-Melara, che s'impegna a produrli esclusivamente per le forze armate nostrane. Tutto procede bene finché non arriva dalla Germania la notizia che provoca il trambusto. Dice la notizia che l'Oto-Melara non ha rispettato i patti perché cinque «Leopard», usciti dallo stabilimento spezzino, sono finiti in Libia e in Libia, si sa, vanno e vengono tecnici militari sovietici, cui i piani di costruzione di questi carri armati hanno sempre fatto gola. L'Oto-Melara respinge sdegnosamente l'accusa, rimbalzata sui giornali, con un secco comunicato firmato dal suo presidente, l'ingegner Gustavo Stefanini: «Tutti i carri armati prodotti e in produzione di questa società sono destinati esclusivamente al Ministero della Difesa italiano». E' una smentita che ricalca quella di cinque anni fa. Anche allora l'Oto-Melara, accusata da altra fonte di aver fornito carri armati alla Libia, aveva soltanto ammesso di aver spedito al Paese africano, da tempo suo buon cliente, un certo numero di M 113, semoventi che servono per il trasporto di truppe. Anche se è fuori discussione che da La Spezia sono partiti, in varie epoche, materiali bellici per i turbolenti Paesi del Terzo Mondo. Si dice persino che siano state imboscate qui le armi destinate alle cinque motovedette israeliane che, alla vigilia di Natale del 1969 erano fuggite avventurosamente dai can'ieri navali di Cherbourg, in Francia, dov'erano state costruite, ma poi bloccate da un embargo del governo di Parigi. Torniamo ai «Leopard». Un giornalista spezzino, corri spondente del quotidiano «Il i Lavoro» di Genova, non si ac contenta del comunicato dell'Oto-Melara, va alla Capitaneria di Porto e passa al setaccio una montagna di carte. Trova quello che cerca. E' il manifesto di carico numero 264, si riferisce a venti cingolati imbarcati sulla «Sirius I», una motonave panamense partita da La Spezia per Marsiglia il 16 febbraio 1976. C'è qualcosa di più. Sul registro delle partenze della Capitaneria, a specificazione del carico dei cingolati, è scritto, tra parentesi, «Leopard». Tutto chiaro? Nemmeno per sogno. L'indagine del giornalista, cui si affiancano altri colleghi, approda nell'ufficio del direttore della dogana spezzina. Dice il funzionario: «Escludo nel modo più assoluto che l'Oto-Melara abbia imbarcato dei "Leopard". Evidentemente si tratta di un equivoco. Il marinaio della Capitaneria che compila il registro ha erroneamente scritto "Leopard", quando qualcuno gli ha detto che erano stati caricati dei mezzi cingolati». Ma è una versione che la Capitaneria di Porto non digerisce. «Il marinaio scrive quello che gli dice lo spedizioniere», precisa un ufficiale. Aggiunge: «Comunque quello che viene scritto sul registro a proposito del carico, viene poi confrontato con i documenti doganali. Nel caso specifico, il rapportino di parten za della "Sirius I", consegnato pochi minuti prima che la nave salpasse, parlava generi salpasse, parlava generi-i camente di un carico di merci varie». Allora, chi ha parlato di «Leopard»? Forse l'agenzia marittima Delfino, cui la motonave si era appoggiata per le operazioni portuali? Interpellato, il responsabile del settore esportazioni, risponde così: «Noi non abbiamo niente a che vedere con la Sirius I. Le abbiamo soltanto prestato assistenza tecnica. La motonave era noleggiata dall'Oto-Melara». Il mistero s'infittisce. All'Oto-Melara, quando vengono a sapere la storia del registro della Capitaneria, mostrano di cascare dalle nuvole. Il presidente smentisce per la seconda volta: «Do la mia parola d'onore che non abbiamo consegnato Leopard ad altri che all'esercito italiano». Categorico anche il direttore generale, ingegnere Sergio Ricci: «Non abbiamo mai imbarcato Leopard su alcuna nave che andasse fuori dall'Italia». Interviene il questore di La Spezia, dottor Vito Calabrese De Feo: «Non abbiamo dato alcun benestare per l'esportazione di Leopard costruiti dall'Oto-Melara». Il comandante del porto, capitano di vascello Giuliano D'Este, precisa: «Escludo che a bordo della Sirius I siano stati caricati Leopard. La bolletta relativa all'impiego del semovente che ha "stivato" la motonave parla di movimentazione di venti mezzi per un totale di 178 tonnellate. Ciò signifi di 178 tonnellate. Ciò signi]i-\ ca che ciascuno di questi mezzi, probabilmente M113, pesava meno di 9 tonnellate, mentre il Leopard pesa più di 40 tonnellate. Oltretutto, la Sirius I, che ha una stazza lorda di 2339 tonnellate, non sarebbe stata in grado di sopportare un carico di 800 tonnellate abbondanti». Insomma, chi ha ragione e chi ha torto? Non si sa. Qualcuno, oggi, ha buttato lì questa ipotesi: che si tratti di una manovra di bassa cucina commerciale, ordita dai tedeschi, per sostenere in sede Nato che il «Leopard», ormai conosciuto nei dettagli oltrecortina, dev'essere sostituito da un altro carro armato di cui gli stessi tedeschi hanno già pronto il progetto. Qualcun altro invece, ha ricordato ciò che il presidente del Consiglio regionale della Liguria, il socialista Angelo Landi, disse l'anno scorso in una pubblica riunione: «... l'Oto-Melara viene chiamata a montare carri armati di progettazione tedesca per venderli al Terzo Mondo in quanto la Germania Federale non intende sporcarsi le mani in forniture d'armi ai Paesi emergenti, preferendo che a questo provvedano gl'italiani...» Fra chi dice bianco e chi dice nero, andrà forse a finire che l'unico a lasciarci le penne in quest'affare sarà quell'anonimo marinaio che il 16 febbraio 1976 scrisse sul registro l'annotazione. Filiberto Dani \ Filiberto D'ara