Andreotti: una sola "testa,, per i due servizi di sicurezza
Andreotti: una sola "testa,, per i due servizi di sicurezza Secondo il governo è necessario unificarli Andreotti: una sola "testa,, per i due servizi di sicurezza Roma, 1 giugno. Il governo è del parere che i due servizi di sicurezza che fanno capo ai ministeri della Difesa e dell'Interno non possano coesistere e debbano quindi essere unificati. Se dovesse prevalere la tesi della duplicità, che trova peraltro diversi assertori, sarebbe necessario almeno creare, attorno al responsabile politico del corrdinamento, cioè al presidente del Consiglio, e al comitato interministeriale, una snella struttura che comprenda la «testa» dell'uno e dell'altro servizio per poter garantire un effettivo coordinamento, lo scambio vero e tempestivo delle informazioni e la sintonia operativa. Lo ha detto oggi il presidente del Consiglio, Andreotti, nel corso di una relazione svolta dinanzi alla speciale commissione della Camera che deve esaminare i progetti di riforma dei servizi di sicurezza e che nei giorni scorsi aveva sentito l'ammiraglio Casardi, capo del Sid, e il dottor Santillo, capo del servizio di sicurezza del ministero dell'Interno (l'ex antiterrorismo). Per «snella struttura» Andreotti propone un organismo minuscolo che non sia in grado di assurgere al rango di «terzo servizio». Andreotti ha spiegato che la distinzione dei due servizi ha una sua logica essendo affidata al Sid l'azione di controspionaggio e la sicurezza in qualche modo legata alle strutture militari, mentre all'organizzazione del ministero dell'Interno spetta la prevenzione e la repressione del terrorismo. «In pratica — ha però osservato — i confini tra i due campi sono di difficile delimitazione e comunque aventi numerose intersecazioni. Basti pensare alle operazioni contro i nuclei eversivi, vuoi di estrema destra, vuoi di segno opposto. Se ne sono occupati ambedue i servizi e non sempre in collaborazione tra di loro». Ha aggiunto che « uno scambio di informazioni e la concentrazione di sforzi restavano a restano legati alla buona volontà delle persone ed anche alle direttive dei due ministri, non sempre, peraltro, progredienti nel senso e nella misura giusta ». Dovendo mettere mano al riordinamento dei servizi, il governo ha preferito perciò la loro unificazione scegliendo come «sede di riferimento» la presidenza del Consiglio data l'estrema delicatezza dei compiti e «l'opportunità di poter rispondere al Parlamento e al Paese ». Circa la posizione giuridica del personale, Andreotti ha affermato la opportunità di « avere un quadro permanente di tecnici specializzati che non possono non essere stabili, affiancato da elementi comandati da altre amministrazioni ». Per quel che concerne la tematica del segreto, l'on. Andreotti ha osservato che « è d'obbligo confrontare il testo governativo con la recentissima sentenza della Corte Costituzionale, che nelle sue linee generali, mi sembra si muova nella stessa direzione, accentuando il rigorismo di fondo e sottolineando in modo marcato la eccezionalità». Il presidente ha poi detto che nei rapporti con le autorità giurisdizionali «sarà sufficiente che l'esecutivo precisi le ragioni essenziali che stanno a fondamento del segreto». Si è chiesto però quali conseguenze derivano dalla decisione della Corte Costituzionale «in primo luogo sull'attuale disciplina normativa concernente il segreto di Stato e in secondo luogo sugli indirizzi di politica legislativa in tale materia». Quanto al primo problema, egli ha detto, «potrebbe rendersi necessaria l'immediata copertura del vuoto legislativo che la pronuncia della Corte ha indubbiamente determinato»; quanto al problema sugli indirizzi di politica legislativa, «occorre rilevare — ha proseguito — che la sentenza della Corte, nell'affermare il principio del controllo parlamentare sull'atti¬ vità del governo in materia di segreto dì Stato, sembra aver voluto ampliare notevolmente i limiti di tale controllo, estendendolo anche ai contenuti di merito di tale attività». Il presidente del consiglio ha espresso l'esigenza «di deliberare al più presto sia sulle strutture che sulla disciplina del segreto, in quanto l'incertezza può essere motivo — e se si vuole anche pretesto — di minor funzionalità ed efficienza», g. fr.
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