Settanta giornate perse allo Scientifico "Volta"

Settanta giornate perse allo Scientifico "Volta" Mondo tormentato della scuola Settanta giornate perse allo Scientifico "Volta" Dopo il rifiuto della sperimentazione guidata, impossibile ogni dialogo con i professori - Inquietudine e risultati sconfortanti « Da tempo ormai, né la scuola né la lamlglia sanno far valere, al momento giusto, le ragioni dell'impegno personale. E così i nostri giovani rifiutano ogni fatica e sacrifìcio, quali sono appunto ■lo studio perché nessuno ha spiegato loro che cosa significano. Tutti siamo colpevoli: la scuola con i gravi difetti universalmente riconosciuti, e le famiglie che, per timore di perdere i figli, non li guidano più ». Questa l'autocritica di genitori che vedono ogni giorni 1 ragazzi coinvolti in scioperi ed autogestioni, collettivi, assemblee, proteste. Unanimi invocano qualche provvedimento che « consenta, a chi lo desidera, di frequentare le lezioni con un minimo di serenità. Perché la scuola è un servizio pubblico, che non deve essere di continuo impedito ». Abbiamo già visto come la tempesta abbia toccato parecchi istituti superiori; vediamo oggi che cosa è accaduto al liceo scientifico Volta (mille iscritti), dove è unanimemente riconosciuto che «non si prova neppure a reprimere». Parlano i genitori, i docenti, gli stessi giovani insoddisfatti. Opportunismo Le giornate interamente « perse » al Volta sono state una settantina, a queste si aggiungano iniziative che hanno bloccato l'attività per una parte della mattinata. Dice Dejoma di un consiglio di classe: « Le lezioni sono state frammentarie e dispersive, le continue interruzioni non hanno consentito ai professori di garantire quella continuità di dialogo indispensabile ad una formazione culturale seria. Il livello generale dì preparazione è scadente ». Secondo Dejoma le manifestazioni « lungi dal coinvolgere gli studenti in una azione comune per affrontare e risolvere i problemi concreti, li hanno al contrario profondamente divisi ». Peggio ancora « hanno favorito il naturale e dannoso opportunismo giovanile per cui scioperi e assemblee sono stati accolti come occasioni per una giornata di vacanza ». La conclusione è sconsolante. « Da una parte ci sono ragazzi che subiscono la prepotenza d'una minoranza faziosa e ben addestrata, dall'altra quelli che reagiscono per garantirsi il diritto allo studio. Dove arriveremo di questo passo? ». Eppure, fin dallo scorso settembre, i docenti del Volta, si erano dichiarati disposti ad iniziare una sperimentazione più ampia di quella che erano riusciti a concretare l'anno precedente. « Purtroppo — spiega la prof. Berlanda — ci sono state difficoltà di comprensione. Noi cercavamo un unico grande argomento per poi formare gruppi che ne studiassero i particolari. Eravamo riusciti a convincere anche i colleghi generalmente poco sensibili a questo tipo di iniziative ». Ma gli studenti hanno rifiutato. Spiegano Mauro Peradotto, Massimo Gibelli, Claudia Valentino: « Noi volevamo il monte-ore, non la sperimentazione. Ci venivano riproposte materie di studio, mentre per noi era importante non lo studio di "un" argomento, ma il reale ingresso della società nella scuola. L'accordo è mancato anche per colpa nostra, che non siamo riusciti a portare avanti una seria battaglia, perché incerti sugli obiettivi e fragili nella volontà ». La prof. Fernanda Bassi, che un anno fa lavorò alia sperimentazione, si rammarica. Banalità « 1 giovani, dice, hanno tentato di fare un referendum per vedere quali erano gli argomenti di interesse generale. Sono usciti SS temi, fra cui la nazionale di calcio. Forse sono stati aumentati gli argomenti banali per provocazione. Resta il fatto che, come sovente accade, l'incomprensione fra docenti e studenti è cominciata a livello di linguaggio. La parola "sperimentazione" ci avrebbe consentito di fare molto, la parola "monte-ore" ci ha divisi e bloccati ». Nessuno ha realmente impedito la libera attività dei ragazzi, il monte-ore è stato concesso, due ore la settimana, senza la presenza dei professori. Eppure è fallito. Perché? « Abbiamo fatto la nostra autocritica — dicono gli studenti — ed abbiamo dedotto che l'errore iniziale ha creato sfiducia. La gente, in genere rispondeva, "lasciateci stare, siamo stanchi, dobbiamo studiare ». E cosi, fra una disputa e l'altra, anche a suon di pugni, ci sono state due sospensioni. Oggi mancano i voti sui registri, i programmi sono raffazzonati, la preparazione scarsa. Come rimediare? « Che ci importa dei voti? — afferma Claudia Valentino —. Sono i professori che non li hanno dati per cattiva volontà. Comunque non servono a niente, così come non serve a niente questa scuola ». La prof. Stella Jennings: « Anche il ministero ha le sue colpe. Tanto per citare l'ultimo esempio di molti: nelle medie inferiori si cancella l'insegnamento del latino, ma si ripropone il latino per la maturità del licei scientifici. E' una specie di sfida, di ritorno all'indietro ». La presidente del consiglio di istituto, Sassi, madre ed insegnante al Politecnico, dice: « Il tentativo di migliorare la sperimentazione guidata è fallito. Ma quanto ha reso ai ragazzi il fare da soli? Un profondo solco ha diviso alunni, genitori, insegnanti. Da questa situazione si può dedurre che dopo cinque anni chi ha polvere spara, cioè soltanto chi è preparato può sperare di ottenere qualcosa. Una situazione che potrebbe essere sanata abolendo il valore legale del titolo di studio. Entrerebbero, così nella scuola, soltanto coloro che vogliono studiare ». Il prof. Benedetto Manzone incalza: « Occorre uscire dal linguaggio degli slogans, smettere di pensare che esiste « La riforma » e credere che qualcuno ce la voglia strappare di mano. Non esiste un modello perfetto. Esiste una realtà che mette la nostra scuola agli ultimi posti dei valori mondiali. Siamo seguiti soltanto da Madagascar e Corea ». Gli insegnanti « non rifiutano un impegno serio di rinnovamento; piuttosto quando propongono un lavoro approfondito incontrano difficoltà di partecipazione. Un esempio: alle riunioni sull'Informatica le 40 presenze iniziali sono scese a 10 nell'arco di quattro riunioni ». Maria Valabrega

Luoghi citati: Corea, Madagascar