Nella vigilia elettorale d'Israele pesa più la pace o l'economia?

Nella vigilia elettorale d'Israele pesa più la pace o l'economia? Arduo fare previsioni per il voto del 17 maggio Nella vigilia elettorale d'Israele pesa più la pace o l'economia? (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 13 maggio/. Israele vive, apparentemerite senza febbre, là\campagna elettorale oramai alle Stì/etie: si voterà martedì 17, mfygìo. Manca lo «spettacolo»} Mii starno abituati in Italia Rarissimi ì comizi all'apertoci-, è, se mai, nei piccoli ej/èntri — niente cortei di carfoonette con altoparlanti né làncio di volantini. In omaggio-.all'austerità, la campagna elettorale si svolge in sordina. Qui si vota con.-la proporzionale, per-questa.o quella lista politica, non esistono voti preferenziali; tuttavia la propaganda si è, come dire, «personalizzata» puntando sui leaders dei vari partiti o raggruppamenti politici. Sicché le concloni cedono il passo agli slogans in stile pubblicitario («Voglio "vendere" il Likud come si vende la Coca Cola», ha detto l'ex generale Weizmann, uno dei piccoli mostri sacri di Israèle, responsabile della campagna elettorale del Fronte nazionalista di destra), ai messaggi a domicilio, agli shorts televisivi. La tv dedica ogni giorno mezz'ora ai partiti e sul piccolo schermo si susseguono appelli, scenette satiriche o suasive e persino volgari, al punto che centinaia di telespettatori hanno protestato con vigore. Resistono gli annunci a pagamento sui giornali e non mancano i manifesti. E così vediamo Shimon Peres, oggi primo ministro ad interim, che ti fissa con aria grave. E' un bel manifesto, ami una bella fotografia, l'immagine di un uomo serio e pensoso, ben vestito, con tanto di cravatta «reggimentale». La propaganda laburista ricorda Ut definizione che di lui ha dato l'ex sottosegretario di Stato americano Sisco: «E' un politico capace, energi co, pragmatico che saprà osare decisioni importanti». Sono parole che piacciono al l'uomo della strada, all'israeliano medio il quale ama pensare a se stesso appunto come a un individuo in grado di decidere con coraggio della sua vita. (Un vecchio proverbio yiddish dice: «Vivere si potrebbe, solo che non ti lasciano campare»). E il professor Yadin, archeologo di fama mondiale, il primo capo di stato maggiore di Israele, leader del «Partito democratico per il cambiamento » (Dash), sorride al passante inarcando le sue espressive sopracciglia: «Ecco il primo ministro di cui abbiamo bisogno: integro, pronto al sacrificio, ricco d'esperienza». Icastico lo slogan del Likud che campeggia sui muri e sulle pagine dei giornali: «Per cambiare ho scelto Begin». / seggi in palio sono 120, se li contendono i tre partiti maggiori e venti liste minori. La Camera dei deputati, nel sistema monocamerale israeliano, si chiama Knesseth, l'assemblea, in ebraico. La «Grande Knesseth» aveva esercitato l'autorità temporale e spirituale a Gerusalemme all'epoca del Secondo Tempio, approssimativamente dal Sesto al Quarto secolo prima dell'era cristiana. La dichiara zlone dell'Indipendenza e la creazione dello Stato ebraico furono proclamati il 14 maggio 1948, venerdì. I firmatari furono i 37 membri del Consiglio provvisorio dello Stato scelti tra tutti i partiti preesistenti allo Stato e che, praticamente, oggi, sono gli stessi d'allora. Tra i firmatari, solo una decina sono ancora in vita e tra di essi Golda Meir. La dichiarazione firmata a Tel Aviv, fu subito depositata nei sotterranei della Banca Leumi, per timore degli attacchi arabi e dei bombardamenti aerei che ebbero effettiva mente luogo l'indomani. Il 25 gennaio 1949 si svolse ro le elezioni per l'Assemblea costituente che, il 16 febbraio 1949, diventò la prima Knesseth. Il numero dei membri che dovevano comporre l'As¬ semblea fu oggetto di lunghe discussioni. Ci fu.chi propose 71 seggi a simiglianza dell'antico Sinedrio (il tribunale davanti al quale comparve Gesù) ma ebbero partita vinta i sostenitori di una assemblea dì 120 membri: iVnumero dei componenti la «Grande Assemblea» sotto il tegno di Alessandro il Grande. Nel 1949 la prima preoccupazione degli israeliani era la pace con gli arabi ma i problemi economici («Scarseggiavano persino le cipolle», ricorda Golda Meir) erano del pari preminenti. Oggi dai sondaggi d'opinione risulta che il 65 per cento degli israeliani si preoccupa innanzi tutto della pace e della sicurezza dello Stato. Tuttavia, a parlare con gli amici si scopre come a preoccuparli di più sia la situazione economica, meglio il particulare, l'inflazione selvaggia, la corruzione, gli scioperi a catena. Nel 1977 il tasso d'inflazio ne ha raggiunto il 38 per cento; il valore della lira israeliana è inferiore di cinque volte rispettò a quello del 1970. Gli emolumenti degli israeliani a reddito fisso sono i più tassati del mondo: il 62 per'cento del salario viene tolto direttamente dalla busta paga; senza contare le tasse municipali e le ritenute per le assicurazioni sociali. Il salario medio è di 283 mila lire al mese; ebbene, primo Paese al mondo Israele ha portato nel luglio scorso la tassa sul valore aggiunto (l'Iva) all'! per cento, provocando l'aumento del 6 per cento di tutti i generi culla tassa è stata applicata e una ulteriore riduzione del potere di acquisto dei lavoratori. Un chilo di pane costa oggi due volte e mezzo di più che nel '74. Lo zucchero tre anni fa costava 2 lire israeliane al chilo, oggi si acquista a 5 lire e mezzo. L'olio è au: mentalo di sette volte rispetto al '74, il latte di una volta e mèzzo. Un pollo costa oggi tre volte in più che nel '74 e la carne congelata due volte. Va da sé che i salari non sono aumentati nella stessa misu: ra. Come stupirsi se nel 1976; per la prima voltò, gli ebrei che hanno lasciato Israele sono quasi lo stesso numero di quelli che vi sono arrivati: 18 mila partenze contro 20 mila nuovi immigrati? E ci sono altri motivi di disagio: la sperequazione, sempre più evidente e sfacciata, tra pochi privilegiati e la gran massa della popolazione, la discriminazione.tra gli ebrei provenienti dall'Occidente, gli Ashkenasi, che detengono le'leve del potére, e i Sefardìti venuti dai Paesi afro-apiatici, nella ; maggioranza- fuori' -dàlie 'varie camere deibott'pjii. A Tel,Aviv i risto- .jg.br Man '■tv. (Continua a pagina 2 in settima colonna)

Persone citate: Aviv, Begin, Dash, Gesù, Golda Meir, Secondo Tempio, Shimon Peres, Weizmann, Yadin