Le sevizie sugli animali riconosciute dalla legge

Le sevizie sugli animali riconosciute dalla legge Le nuove disposizioni sulla caccia e lo sterminio dei "migratori 9? Le sevizie sugli animali riconosciute dalla legge Le principali associazioni protezionistiche protestano contro la nuova legge-quadro sulla caccia, già approvata dal Senato. Se si considera che l'Italia è ormai inserita con gravi responsabilità nel contesto della comunità europea e che ne ha accettato le direttive anche in materia di caccia, non si vede perché gli ambienti venatori non debbano adeguarsi al concetto di unità e di solidarietà europea come già hanno fatto, seppure tra gravi disagi economici, agricoltori, allevatori, trasportatori. Il problema di fondo è quello della sorveglianza, tuttora sottovalutato e disatteso. Le stesse associazioni protezionistiche sono considerate elementi di seconda categoria rispetto alle compagini venatoriali che hanno possibilità economiche tali da consentire manifestazioni di pres- sione politica che sfociano poi nella più totale indifferenza di fronte alle leggi naturali, ai diritti della maggior parte dei cittadini e agli interessi degli agricoltori che vogliono una drastica riduzione dell'attività venatoria. Il Comitato Anticaccia Internazionale ha pubblicato un documento inviato a tutti i parlamentari sulle contraddizioni della nuova legge. L'argomento è allo studio della presidenza dell'Ente Nazionale per la Protezione degli Animali, che rappresenta quella grossa fetta di cittadini che vogliono una nuova e moderna legge sulla difesa degli animali e che vedono nelle nuove norme una patente violazione dei diritti umani e delle leggi biologiche. La caccia è infatti autorizzata per un periodo eccessivamente lungo, dal 18 agosto al 31 marzo, in piena stagione turistica prima e nel periodo più delicato per gli animali poi. Improponibili sono l'esercizio dell'uccellagione, che arricchisce pochi con danno all'intera comunità, e la cattività degli uccelli nostrani e migratori. L'autorizzazione del tiro a volo, già vietato in alcune regioni e da quasi tutto il mondo civile, l'impiego della civetta come zimbello, l'uso del falco e dell'arco che porterebbe a indescrivibili agonie degli animali colpiti, l'addestramento dei cani su selvaggina naturale, la caccia su terreni in¬ nevati, la vivisezione o sperimentazione sugli animali, dovrebbero rientrare senz'altro nel reato di maltrattamento e sevizie agli animali. Altrettanto discutibili sono le disposizioni che danneggiano ulteriormente l'agricoltura italiana: caccia su terreni altrui, creazione di zone di ripopolamento e cattura senza l'autorizzazione dei coltivatori interessati, innalzamento delle recinzioni agricole da metri 1,80 a 2 metri, controllo da parte dei cacciatori attraverso un ennesimo carrozzone il cosiddetto Comitato Tecnico Venatorio — dell'uso degli antiparassitari dopo che gli insettivori sono stati distrutti da questa caccia indiscriminata. Inoltre si ipotizzano ma non si realizzano, per mancanza di chiare disposizioni, i territori regionali f aunisticovenatori (che altro non sarebbero che i già ventilati venatodromi o campi di tiro a volo alla selvaggina d'allevamento) e il coordinamento venatorio su aree internazionali con palese significato antieuropeo, antinaturalistico e antidemocratico nei confronti degli altri popoli manifestamente ostili alla caccia. La mancanza di esami psicotecnici, le sospette cacce selettive regionali, la depenalizzazione dei reati, i costi minimi delle licenze, la mancata difesa dell'agricoltura restano infine rare le speranze dei protezionisti e dei cacciatori più responsabili. G. C. Ferrerò Caro

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