E la dc mise il pci fuori dal governo di Vittorio Gorresio

E la dc mise il pci fuori dal governo UN ADDIO DI TRENTANNI FA E la dc mise il pci fuori dal governo Trent'anni fa, sul finire di aprile, Togliatti andò in Sardegna a far discorsi od ispezioni, o propaganda in genere. Evidentemente era un incauto 0 quanto meno male informato, perché in quei giorni era in gioco ben più che l'efficienza del suo partito nell'isola: in quei giorni De Gasperi aveva maturato la decisione di estromettere i comunisti dal governo. Attese che Togliatti fosse andato in Sardegna, ed una sera, di sorpresa, parlò alla radio. Era un lunedì, 28 aprile, santa Valeria. Il socialista Ivan Matteo Lombardo era partito per gli Stati Uniti nella speranza di ottenere un prestito, come usava anche allora. A Montecitorio la Costituente discuteva sull'ordinamento della scuola, e un generale d'aviazione, Sandalli, aveva chiesto la revoca delle norme sulla cosiddetta epurazione. Disse De Gasperi quella sera che un soffio di follia stava passando sul paese: «Dattilografe e fattorini speculano in Borsa; chi ha roba non vende; un feroce istinto egoistico e antisociale si impadronisce di animi pavidi, uno spirito di avventura e di dissipazione spinge al gioco d'azzardo sotto ogni forma, ai corsumi di lusso, ai divertimenti più passionali e più costosi... ». E cosi via querimoniando, fino a che non espose un suo progetto politico preciso: «Certo, se i rappresentanti di tutti gli interessi onesti e di tutte le concezioni economiche fattive fossero dentro il governo e, consapevoli della estrema gravità dell'ora, concorressero alla salvazione del paese, il popolo che lavora riprenderebbe quel senso di sicurezza che vuol dire fiducia, c l'estero riconoscerebbe che la nostra solidarietà merita credito. E' questo il pensiero che mi tormenta da quando tornai dall'America». Era un chiarissimo annuncio di crisi di governo: gli «interessi onesti» e le «concezioni economiche fattive» dovevano entrarvi a sostituire la rappresentanza comunista. Con Togliatti in Sardegna, 1 comunisti si trovarono imbarazzati. A Montecitorio si discuteva sulla scuola, il pei impegnato a difenderne la laicità, ma Concetto Marchesi chiese una sospensione del dibattito per non aggravare il dissidio con la de, in momenti come quelli. Fu riunita a consiglio la direzione del partito comunista, quella notte si tentò di parlare a Togliatti per telefono. Non si riuscì a trovarlo, ma si decise di essere prudenti. Come già aveva fatto con il voto a favore dell'inserzione del Concordato nella Costituzione, per meglio preservare la possibilità di restare al governo (il potere vai bene il catechismo nelle scuole, come Parigi vale una messa) il pei cedette anche stavolta associandosi al voto dei democratici cristiani in materia scolastica. L'uomo politico, però, deve essere insensibile alle ragioni della gratitudine, e difatti De Gasperi non tenne conto alcuno di quel voto favorevole. Disse in consiglio dei ministri ad Emilio Sereni, che reggeva i Lavori pubblici, che era indispensabile una maggiore solidarietà del paese per la difesa finanziaria e la restaurazione economica: «Ora, noi vogliamo sapere se siete con noi oppure no. Noi ci appelliamo ad una più vasta solidarietà del paese in questo difficile momento». Anche queste erano dichiarazioni più che esplicite, ma Togliatti, in Sardegna, non pareva rendersene conto. La sera del discorso di De Gasperi, egli era a Sassari a cena con amici, un gruppo di vecchi compagni di scuola ritrovati: «Ho infatti frequentato il liceo di quella simpatica città — scrisse poi — e ci interessammo dei nostri comuni ricordi di scuola, e non di ciò che avveniva a Roma Appresi ogni cosa solo al mio ritorno nella capitale, e soltanto allora, ugualmente, lessi il testo del discorso di De Gasperi alla radio, a proposito del quale non ho altro da dire se non che al suo autore auguro, di tutto cuore, che Dio glielo perdoni». Parve gustosa la battuta, e Togliatti ebbe un altro momento di favore fra quanti lo consideravano spiritoso ed arguto, ma essa certo non bastava a fermare De Gasperi. Avuto l'incarico di formare un nuovo governo, fece scrivere da Andreotti per II Popolo un editoriale intitolato «Al Tripartito non si torna». Tripartito era il governo dcpsi-pci tramontano in quei giorni, e forse proprio grazie all'articolo di Andreotti finalmente Togliatti si rese conto che i comunisti erano esclusi dal governo, irrimediabilmente. Ma la reazione gli venne male. Il segretario di Stato americano Sumner Welles disse alla radio americana che in Italia si avevano le prove «del sussidio finanziario che Togliatti riceve direttamente da Mosca ». Infuriato, Togliatti gli telegrafò invitandolo a fornire le prove: « Se Ella non lo fa, tutte le persone oneste di tutto il mondo hanno il diritto di pensare che Ella è un mentitore e un calunniatore ». Su l'Unità fece scrivere che « anche un cafone di Calabria » si sarebbe accorto facilmente dell'infondatezza dell'accusa, ed un suo editoriale di risposta lo intitolò « Ma quanto sono cretini! », intendendo insolentire così tutti gli americani (oltre ai « cafoni » di Calabria già vilipesi). Né gli bastò: fece affiggere un manifesto per segnalare il suo articolo, e le mura di Roma furono così tappezzate della parola « cretini! » stampata in grossi caratteri neri. La tenne in conto De Gasperi, immaginando che poteva servirgli come un pretesto. Una sera, verso la fine di maggio, durante la crisi, De Gasperi invitò Togliatti a colloquio: « Ti ho pregato di venire perché devo parlarti — gli disse — di una cosa molto importante. No, non si tratta della crisi. Desidero però che sia presente anche il ministro degli Esteri ». Entrò difatti Sforza, e De Gasperi cavati due fogli dal cassetto proseguì: « Questi sono due dispacci cifrati dagli Stati Uniti. Li manda Lombardo ». Ivan Matteo Lombardo che stava là alla questua di un prestito, informava nel primo dispaccio che i negoziati andavano male. Nel secondo riferiva che la polemica Togliatti-Sumner Welles a proposito dell'oro russo con la finale ingiuria « cretini! » aveva molto irritato gli americani. « Certo — intervenne Sforza a questo punto — è poco allegro avere così stretto ed urgente bisogno di aiuti». De Gasperi domandò a Togliatti come gli fosse venuto in mente di reagire a quel modo: dava l'impressione di aver perduto le starle. « Certo — proseguì come parlando a se stesso — è mio dovere portare a conoscenza del paese quello che è accaduto. Il paese ha il diritto di sapere perché gli sono negati ulteriori aiuti ». Leggermente innervosito, Togliatti disse di aver saputo anche lui della ripercussione in America dell'articolo sui cretini: avrebbe radiotelegrafato a Lombardo ed eventualmente anche a Sumner Welles: « Non sarà mai detto — concluse — che sarò stato io a impedire l'afflusso di aiuti dall'America al popolo italiano ». Aveva effettivamente perduto le staffe, adesso si pentiva della parolaccia adoperata, sebbene gli apparisse perfettamente chiaro che tutto quel chiasso altro non era che un pretesto: le cause dell'estromissione dei comunisti dal governo erano ben altre. A Togliatti, però, bruciava come una ferita essere stato proprio lui ad offrire agli avversari il pretesto di prenderlo anche in giro. Fu in questo modo che trent'anni fa ebbe fine la collaborazione governativa dcpci. Ricordare qualche momento della cronaca di quei giorni, oggi che si parla di una ripresa di qualche forma di possibile collabotazione, è stimolante — a mio giudìzio — ed istruttivo. Considerata pari la gravità della situazione economico-politica di allora ed oggi, uguali anche sono gli appelli alla più lar¬ ga solidarietà nazionale possibile: quelli del '47 erano però rivolti da De Gasperi all'indirizzo della destra che doveva prendere il posto dei comunisti nel governo; in questo 1977, gli appelli solidaristici sono orchestrati invece dai comunisti che al governo vorrebbero rientrare. Trent'anni fa la carta U.S.A. era giocata esattamente come oggi, con la differenza che Berlinguer non farebbe mai l'errore di chiamar cretini gli americani. Morti in questi trent'anni quasi tutti i protagonisti dell'operazione chiusura al pei, rimane sulla scena dei grandi personaggi solo Andreotti, che ebbe il compito, allora, di sanzionare in un editoriale per II Popolo il tramonto della collaborazone dc-pci. Deve essere per questo suo peccato di gioventù che i suoi concorrenti democristiani fanno intendere oggi che non potrà gestire lui l'operazione riapertura al pei. E' ovviamente un pretesto per prendere il suo posto, ma con pretesti si è agghindata la politica italiana fino dal 1947. Vittorio Gorresio