Krasnov e Pljusc, storie di persecuzione di Lia Wainstein

Krasnov e Pljusc, storie di persecuzione A ROMA DUE ESPONENTI DEL, DISSENSO RELIGIOSO E POLITICO DELL'URSS Krasnov e Pljusc, storie di persecuzione Roma, maggio. Anatolij Emmanuilovic Levitin-Krasnov, noto esponente del dissenso religioso nell'Urss, è giunto a Roma per presentare un appello al presidente del Consiglio Andreotti e a mons. Casaroli in cui segnala le persecuzioni contro le Chiese ortodossa e cattolica e contro le sette dei battisti, dei pentecostali e dei Testimoni di Geova, «braccati come bestie». Ha inoltre diffuso un comunicato sul violento attacco uscito nella Literaturnaja Gazeta («La libertà religiosa e i calunniatori», 13 e 20 aprile) che con insulti ed insinuazioni infondate cerca di compromettere i sacerdoti Dimitrij Dudko e Gleb Jakunin, e gli attivisti laici Lev Regelson e Aleksandr Ogorodnikov. Se venisse a mancare l'appoggio dell'opinione pubblica occidentale, una loro eventuale condanna sarebbe, secondo Levitin, il preludio di un inasprimento delle repressioni. Nel raccontarci la sua vita, si proclama tuttavia un ottimista. Piglio di un giurista ebreo e di una madre attrice, entrambi non credenti, sin dall'infanzia (nacque nel 1915) si sentì attirato dalla religione. Studiò a Leriingrado all'istituto pedagogico Herzen e negli Anni Trenta fondò il Fronte socialista, un' organizzazione studentesca clandestina mai scoperta dal Kgb. Scoppiata la guerra, fu richiamato, si trovò a Leningrado durante l'assedio, poi, evacuato sul Volga, dove c'era «un Vaticano russo», diventò segretario del vescovo Vvedenskij, capo del movimento modernista. Insegnò ancora all'università di Taskent, città gremita di profughi, ma nel 1949 fu arrestato sotto l'accusa di aver contrabbandato delle idee religiose e di aver chiamato Stalin «superbandito», termine in realtà usato da suo padre. Condannato a dieci anni, dopo orribili torture che non vuol rievocare perché è «contrario al naturalismo», fu mandato in un Lager nella regione di Archangel'sk. Lì un medico lo assunse come aiuto. Con la riabilitazione ottenuta nel 1956 riprese l'insegnamento in una scuola moscovita, e insieme scrisse una sessantina dì articoli per la Rivista del patriarcato di Mosca sotto lo pseudonimo di Krasnov (poiché come insegnante non aveva il diritto di occuparsi di questioni religiose). Gli anni cattivi Acuitesi, per decisione di Kruscev, più fanatico dello stesso Stalin, le persecuzioni contro la Chiesa nel 1958, Levitin-Krasnov insieme con Tarsis e Savrov fondò il samizdat religioso e venne quindi espulso sia dalla scuola sia dalla rivista. Eccolo dunque guardiano di una chiesa, ma anche autore di due libri. Il tramonto della Chiesa del rinnovamento e la Storia dei torbidi della Chiesa russa (in collaborazione con Savrov). Ora è uscita a Parigi l'autobiografia (fino al 1941) Gli anni cattivi. Levitin, che partecipò al Gruppo d'iniziativa per la difesa dei diriti dell'uomo, dopo l'arresto nel 1970 e la condanna a tre anni di Lager l'anno successivo, nel 1974, potè emigrare a Lucerna. A suo parere nellUrss le persone battezzate o comunque non estranee alla religione sono 45 milioni, di cui 18 milioni si possono considerare religiose in modo attivo. Dagli stessi dati della propaganda ateistica risulta d'al¬ tronde che su ogni due morti i è detta una messa funebre, e che ogni terzo bambino è battezzato, rito che comporta la registrazione obbligatoria del sacerdote e dei genitori e, qualora si tratti di comunisti, l'espulsione dal partito. Le chiese invece sono pochissime (sette a Leningrado, una a Novosibirsk), in alcune regioni mancano del tutto, e i 40-50 sacerdoti che ogni anno finiscono i due seminari e le tre accademie teologiche sono insufficienti. La rinascita della fede è, in parte, favorita dagli ebrei, la cui religione improvvisamente ritrovata è colorata di nazionalismo, un fatto che li induce spesso a soddisfare le loro aspirazioni spirituali convertendosi, come per esempio Galich, alla religione ortodossa. L'ottimismo di Levitin, che si autodefinisce un discepolo del filosofo V. Soloviev e un cristiano socialdemocratico, si fonda anche su di una serie di altre considerazioni. Innanzitutto, mentre oramai la fama di Sacharov appare non inferiore a quella di Breznev, nellUrss si sono verificati alcuni fenomeni positivi, tra cui la diminuzione della distanza tra gli intellettuali, diventati più proletari, e gli operai più colti. Svanito così il pericolo di un nuovo decabrismo e facilitata — in confronto a quella ottocentesca — l'«andata nel popolo», Levitin ritiene possibile la formazione di gruppi dissidenti negli ambienti operai. Di fronte ad uno scontento generale, al senso di una Russia che, secondo l'espressione del poeta Tjutcev, è «un Achille tutto talloni», di fron- te ai giovani comunisti onesti che auspicano lo scioglimento e il rifacimento del pcus, 1 Levitin spera in un'evoluzione di massa che in dieci o quin- dici anni conduca alla socialdemocrazia senza spargimento di sangue. /I matematico Pur partendo da una situazione apparentemente assai diversa, quella di marxista convinto, il matematico Leonid Pljusc concorda in sostanza su molti punti con il pensiero di Levitin. Alla sua un po' improvvisata conferenza stampa nella sede di Amnesty International, la prima tenuta a Roma, dove è giunto per una serie di incontri politici, Pljusc, presentato dal professore E. Di Giorgi, entra subito nel vivo dell'argomento. Davanti al foltissimo pubblico e a Natalia Scaranskij, la giovane moglie di Anatolij Scaranskij, uno dei sette esponenti del Gruppo di Helsinki arrestati recentemente, con leggero accento ucraino spiega come si svolga ora nellUrss « il peggior pogrom fin dai tempi di Stalin ». Il fenomeno è connesso appunto con gli accordi di Helsinki e con l'attività dei gruppi di opposizione democratica — in Romania, in Polonia, in Cecoslovacchia, nell'Unione Sovietica — mirante non alla distensione prevalentemente economica, voluta da Breznev, ma al raggiungimento dei diritti dell'uomo. Alla vigilia della Conferenza di Belgrado, prosegue Pljusc, è in corso nell'Unione Sovietica una violenta azione repressiva, sciovinista e antisemita che ha condotto per esempio all'arresto dell'ebreo Scaranskij, accusato dal delatore Lipavskij (nett'Izve ! stija del 5 marzo) di aver lavorato per la Cia. In genere Pljusc non sembra nutrire molta fiducia nei possibili risultati della Conferenza di Belgrado: uno scoraggiamento dovuto in parte alla mancanza di reazione del vertice comunista di Madrid alla sua lettera, rimasta senza risposta e mai pubblicata. Conta invece sulla pressione dell'opinione pubblica e insiste soprattutto sulla necessità di difendere concordemente i perseguitati politici sia dell'America Latina sia dell'Europa Orientale. Una nota parziale, limitata alla difesa dei soli cileni o argentini è in effetti dannosa, poiché equivale ad una giustificazione implicita della politica interna di Breznev. Assai cauto, data la scarsezza di informazioni, è il giudizio di Pljusc sulla destituzione dell'ucraino Podgorni, forse dovuta alle lotte per il potere tra i vari gruppi in vista del dopo-Breznev. In questo modo si spiegano gli allontanamenti del gruppo di Polyanskij, di tendenza nazista e fautore di Ivan Sevcov, scrittore dell'estrema destra, del gruppo di Mikojan, più liberale di Kruscev e perciò disperso, di Selest, sconfitto nella lotta per il potere in Ucraina. Attualmente si sta combattendo una lotta contro i nazionalismi che mira all'insediamento dei russi o comunque di georgiani, armeni eccetera, fedeli al governo centrale. Ateo ma solidale Dalle sue conversazioni in Germania, in Francia, in Inghilterra, in Italia con uomini vicini agli ambienti governativi, Pljusc ha riportato tre impressioni negative: la paura di irritare l'Urss, l'intenzione di non compromettere i rapporti con un Paese che costituisce un così vasto e vantaggioso mercato e il rimprovero rivolto a Pljusc | di non desiderare che l'aiuto commerciale dell'Occidente vada ai popoli sovietici. Quest'ultimo argomento «demagogico e ipocrita» suscita il doloroso ricordo del 1933, quando Stalin buttò il grano sui mercati esteri, causando la morte per fame di 5-10 milioni di contadini ucraini. Come e più di Levitin l'ateo Pljusc traccia un quadro agghiacciante delle persecuzioni religiose nell'Unione Sovietica. La Chiesa cattolica ucraina fu distrutta da Stalin e gli elementi opportunisti si convertirono alla religione ortodossa, le sinagoghe quasi non esistono più, e a Kiev l'accesso è impedito ai giovani ebrei dalla polizia, che lascia invece passare gli anziani. Più allucinante ancora — lo testimonia l'esibizione di alcune indescrivibili fotografie — l'accanimento contro i battisti e le altre sette e contro singoli credenti. Su richiesta di un giornalista, Pljusc rievoca alcune tappe della sua evoluzione. Nato in una famiglia poverissima (sua madre ai tempi di Stalin guadagnava 30 rubli), Pljusc rimase profondamente scosso dalle rivelazioni di Kruscev su Stalin nel 1956. Si rese conto che nessun miglioramento era raggiungibile né nel Komsomol né, in seguito, nel lavoro scientifico, cominciò anche a nutrire qualche dubbio non sulle parole ma sulle azioni di Lenin e si convinse che nell'Urss il marxismo, in conseguenza della distruzione degli avversari, è diventato una ideologia morta. E' in polemica con Marchais, che si era impegnato nella liberazione di Pljusc ma che ora accusa il matematico ucraino di essere «un fautore della guerra fredda e un nemico della distensione». Lia Wainstein