Scudetto, l'opinione del tifoso di Massimo Mila

Scudetto, l'opinione del tifoso Scudetto, l'opinione del tifoso Papà mi spiegò perché dovevo essere del Toro Continua la serie degli interventi « extrasportivi » sul tema 1 liventus-Torino e sulla sfida per lo scudetto, giunta ormai ai momenti decisivi. Massimo Mila porta oggi la sua testimonianza di fede granata, che risale agli anni d'infanzia, quasi a confermare che tifosi di una bandiera, di qualunque colore essa sia, si nasce e non si diventa. Sono irrimediabilmente, costituzionalmente del Toro, per tradizione familiare. Un mio zio paterno era qualchecosa nell'amministrazione del Torino F. C, e quand'ero bambino mio padre — del tutto ignaro di storia antica — ripetè inconsciamente il gesto di Asdrubale che, condotto all'ara il figlioletto Annibale, gli fece giurare odio eterno ai Romani. Mio padre, che non perdeva una partita, mi condusse a vedere un Torino-fuventus sul Campetto di corso Sebastopoli. Un Torino in cui giocavano Bachinomi, Morando, Capra, Pennati, Mosso, Tirane, forse già la dinastia dei Martin, mentre erano ancora di là da venire le glorie di Aliberti e di fauni, per non parlare del trio Baloncieri, Libonatti e Rossetti, grandissimi ma ormai elementi d'importazione. Una fuventus dove ricordo l'ala sinistra Debernardi e il biondo Giriodi, distintissimi gentlemen, mentre quelli del Toro (salvo il roccioso Morando) erano esuberanti, sciamannati, spacconi. Là, sulla gradinata dei popolari, mio padre mi tenne una specie di «orazion picciolo» e press'a poco mi disse: «Vedi quelle maglie rosse? LI è il valore, la lealtà, il coraggio, la generosità e la fede. Vedi quelle maglie a strisce bianche e nere? Lì... ». Be', non ripeto quel che seguì a dire la venerata ombra paterna, perché in fondo, se per disgrazia questo campionato non lo dovesse vincere il Toro, mi va benissimo che lo vinca la coriacea fuve, con «il resto d'Italia» seminato a distanza immensa, nel polverone delle retrovie. Ma a questo proposito, e a sconfessione di certi eccessi vergognosi del tifo sportivo, mi piace ricordare un episodio, del resto abbastanza recente, al quale non si è mai dato il rilievo che merita. Quando il campionato lo vinse inopinatamente la squadretta del Cagliari, in tutta Italia, anche nelle città dei grandi squadroni sconfitti, Torino compresa, la gente scese nelle strade con entusiasmo, magari armata di bandiere improprie, tutti felici e esultanti come se avesse vinto la squadra di casa. In questa rissosa Italia sportiva, municipale e magari un tantino razzista, trionfò per un giorno la bella favola dell'innocenza vittoriosa, della ricchezza sconfitta, del valore premiato: insomma, la vecchia storia di Davide e Golia. Massimo Mila

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