I gatti nel campiello di Alvise Zorzi

I gatti nel campiello I gatti nel campiello Signori un tempo delle notti di Venezia, oggi tendono a diminuire Venezia, maggio. «E' morto il gatto del Caffè dei Frari - Gatto bel, gatto buon, senza malizia - Che per accalappiar sorci a dovizia Già tenne il primo posto fra i suoi pari... ». Questa quartina, la prima di una sonettessa in commemorazione di un vecchio micio di nome Nini, defunto nel 1894, vanta una paternità illustre, quella di Giuseppe Tassini, l'eruditissimo autore delle Curiosità Veneziane che raccontano la storia della città attraverso i nomi delle strade. Dovevano essere tempi migliori dei nostri per i gatti, signori incontrastati delle notti veneziane che popolavano, fino a poco fa, dei loro amori, dei loro duelli, delle loro avventure spesso fragorose, più spesso silenziosissime, subdoli e vellutati come tanti Casanova. E, in verità, non esiste animale più adatto a vivere a Venezia, da veneziano autentico. Perché l'eclisse Assai più dei colombi stolidi, dei cani fracassoni (per non parlare dei cavalli, banditi dal suolo della Serenissima fin dal Quattrocento) il gatto riassume addirittura, col suo essere e col suo fare, un certo mito di Venezia: il mito bassoromantico delle maschere e delle bautte, degli amori sensuali e crudeli, degli agguati, delle misteriose sparizioni, delle rocambolesche evasioni e, anche, delle serenate al chiaro di luna. Quante serenate gattesche hanno chiamato alle finestre, nelle notti di plenilunio, veneziani e forestieri! Quante fughe precipitose, quanti felpati eseguimenti, tra calli e Gallette! E (secondo la miglior tradizione veneziana, quella della Repubblica di San Marco) quanti comizi hanno radunato nei campielli e nei cortili pacati conciliaboli di gatti impellicciati e seriosi come senatori. Ebbene, l'impero veneziano dei gatti è in eolisse. Già nell'immediato dopoguerra il problema dei gatti di Venezia (gatti illustri anche letterariamene, celebrati da Rilke, da Henri de Régnier, da Diego Valeri) era stato sollevato da due anziane signorine inglesi, che, impietosite dalla decadenza fisica dei mici randagi, famelici e spelacchiati, avevano suscitato un'ondata di esecrazione in città proponendo di metter fine ai loro mali con l'eutanasia. Poi ci fu la crociata contro i piccioni, accusati di far ammalare uomini e pietre, gli uomini con i microbi, le pietre con la corrosività dei loro escrementi, e dei gatti non si parlò più. Ma era l'arùrno dei Veneziani che li abbandonava. Le « marne dei gati », le donnette che tanto spesso si vedevano distribuire ai mici diseredati teste e code di pesce, sono figure in via di estinzione, il gatto di casa, tradizionalmente soriano e battezzato a preferenza Morni o Gnogni, è accusato di portare, anche lui, malanni veri o immaginari, si arriva al punto di accusarlo, se è nero, di portar scalogna, e la sua presenza discreta e dignitosa tende a cedere il posto al peggiore dei suoi rivali, il cane. Con i cani, la tradizione veneziana è tutt'altro che tenera. « Cani » venivano chiamati, ne, passato remoto, 1 Turchi e i cattivi attori, e un proverbio veneziano crudelmente antifemminista afferma che « dona, cani e bacala no xe bon se no xe ben pesta ». Ma, adesso, ci si sono messi di mezzo un malinteso senso di promozione sociale, per la quale il cane « fa fino » e il gatto no, anzi, fa beghina, fa curato: e, negli ultimi tempi, la paura. Cani da guardia e da difesa, pastori tedeschi, mastini, bulldogs e dobermann si sono moltiplicati di pari passo col crescere dell'insicurezza dei cittadini, e si raccontano in giro edificanti episodi di grassatori e teppisti messi in fuga da Fido o da Bobi nelle buie notti veneziane, che, tutto sommato, sono le meno insicure di tutta Italia. Rivalsa dei mici Adesso, però, la cittadinanza, o almeno una parte notevole di essa, è in rivolta. Le disgustose abitudini dei cani, che fanno il comodo loro in mezzo alla strada e non, come i gatti, negli angoli più oscuri e appartati, insozzano campi e calli, e Bobi e Fido, talvolta, allentano morsi, allarmando le madri abituate a lasciare uscire liberamente i bambini a giocare sulla pubblica via. non infestata da motocicli e da automezzi. Petizioni e lettere di protesta si moltiplicano; i cinofili reagiscono. Insomma, è in atto una vera e propria « guerra dei cani ». Dalle spallette dei pozzi, dagli angiporti, dai cornicioni e dalle grondaie, i pochi mici superstiti guardano, si direbbe sogghignando, e certamente pensano ai topi, i quali, non più insidiati dalle massicce schiere feline che contrastavano loro validamente il passo, dovrebbero, secondo il proverbio, ballare di allegria. Alvise Zorzi

Persone citate: Casanova, Diego Valeri, Frari, Giuseppe Tassini, Henri De Régnier, Turchi

Luoghi citati: Italia, Venezia