Quali contadini?
Quali contadini? le "due società,, Quali contadini? Ne La Stampa del 6 maggio il signor Stefano Becchis, nel criticare in una sua lettera al giornale un mio articolo su Le due società, apparso nell'edizione del 3 maggio, si propone di insinuare — come egli dice — alcuni dubbi nella mia mente a proposito della analisi della situazione italiana che proponga in quel mio .scritto. In particolare egli mi attribuisce un intento apologetico nei confronti della società industriale a danno di quella rurale. Io temo che il signor Becchis ed io si stia parlando di due cose diverse. Quando parlo di società contadina nella situazione italiana attuale, io non intendo affatto i soli contadini che lavorano la terra, né tutti i contadini, ma un certo assetto socio-economico, col suo connesso mondo di valori, di cui fanno parte sia alcuni contadini e coltivatori diretti, che materialmente lavorano la terra, sia la categoria dei proprietari terrieri assenteisti e latifondisti, nonché quelle categorie mediane, che si sono prodotte nella storia negli intersti zi delle due classi contrappo-ste, con funzioni di intermediazione parassitaria. E parlo inoltre anche di quelle particolari strutture, fortissime in certi ambienti rurali, soprattutto del Meridione ma anche del Nord, che hanno uno spiccato carattere familistico clientelare, e che fanno capo a notabili detti un tempo « galantuomini », e servite attivamente dalle categorie di awocaticchi, detti un tempo «paglietti», che gestiscono localmente il potere politico e controllano strettamente le rappresentanze parlamentari, costruendo una fitta rete di rapporti attraverso cui la mafia locale giunge fino ai vertici de", potere. E' chiaro che i contadini a e i e i i a o , n o e a ri e in carne ed ossa sono stati da sempre le prime vittime di questa società, quelli che ne hanno pagato col sudore, con la fame e da ultimo con l'emigrazione forzata, l'irrazionalità e l'ingiustizia che è intrinseca a questo sistema, arcaico e anacronistico, che sopravvive purtroppo ancor oggi. Ed esso sopravvive anche per il fatto che nel 1876, con l'avvento di Depretis e della sinistra al potere, venne suggellato quel « compromesso storico», di cui parla Becchis, fra latifondisti e clientele del Sud e i ceti borghesi e industriali del Nord, le cui conseguenze nello sviluppo sbilanciato della nostra economia sono ben note. E sopravvive imponendo la sua logica antiproduttiva, attraverso la progressiva e crescente sua affermazione sul piano amministrativo e politico, iniziata negli ultimi decenni del XIX secolo, ed accentuatasi in modo decisivo in questi ultimi vent'anni. Dalla forzata coesistenza di questa realtà con quella della moderna società industriale, anch'essa articolata in classi, ma guidata nel suo -1 complesso da una logica pro- o n no o o o ti o oe e ri, i aii duttiva antitetica alla prima, e organizzata in grandi strutture rappresentative degli interessi collettivi (anche se ovviamente in competizione fra di loro), risulta quella situazione anomala e altamente pericolosa in cui l'Italia si trova a vivere oggi. Il giudicare la società industriale, come fa il signor Becchis, come il frutto di un « bottino colonialistico » attuato in forma « predatoria », in combutta dagli industriali e dagli operai, ai danni della popolazione rurale, significa disconoscere la realtà creativa e civile che questa società tuttavia rappresenta, nonostante i suoi terribili difetti. Carlo Tullio-Altan
Persone citate: Becchis, Carlo Tullio-altan, Depretis, Stefano Becchis
Luoghi citati: Italia
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