Carter all'Europa: occorre più forza di armi e di idee di Aldo Rizzo

Carter all'Europa: occorre più forza di armi e di idee Forte discorso del presidente Usa al Consiglio atlantico Carter all'Europa: occorre più forza di armi e di idee Ha insistito sulle consultazioni tra alleati e sulle maggiori spese militari - "Attrarre i Paesi dell'Est in accordi di cooperazione" - Positive e prudenti le repliche dei partners europei (Dal nostro inviato speciale) Londra, 10 maggio. L'impatto della nuova presidenza americana sugli alleati occidentali, cominciato con toni bassi e discreti nel vertice economico di Downing Street, si è fatto più forte e netto nella prima giornata del Consiglio atlantico, nella Lancaster House. Con un discorso deso, mai enfatico, Jimmy Carter ha ridisegnato i compiti dell'Alleanza e i suoi rapporti interni, ha riassunto in termini maturi gli scopi essenziali della politica estera americana nei confronti dell'Urss, ha fatto il punto sui negoziati cruciali tra Est e Ovest. Si è avuta l'impressione di una «leadership» emergente, che si va dotando di motivazioni coerenti, oltre le incertezze e le difficoltà del «rodaggio». La risposta degli altri capi di governo è stata positiva; si apre ora un dialogo importante tra Europa e America. Carter ha proposto un anno di lavoro comune, per la ridefinizione degli obiettivi politici dell'alleanza e per l'aggiornamento del suo dispositivo militare. Per quest'ultima parte, ha indicato la sesione di dicembre del Consiglio atlantico per un primo esame. Conclusioni strategiche e politiche confluiranno davanti a un nuovo vertice di capi di Stato e di governo, nel maggio '78, a Washington. L'Alleanza, ha detto, non ha bisogno di nuove istituzioni, ma devono funzionare meglio quelle già esistenti. Ha proposto un sistema di consultazioni effettive, che non siano solo informazione degli alleati europei sulle intenzioni americane. Sul piano militare, l'obiettivo è un migliore coordinamento degli sforzi nazionali, l'inserimento delle nuove tecnologie nel dispositivo di difesa, una maggiore preparazione al combattimento delle forze a disposizione. La capacità di dissuasione della Nato resterà tale «solo se lavoreremo per rafforzarla»: gli Stati Uniti compiranno uno sforzo importan- te «aspettandosi che gli alleati facciano lo stesso». Complessa, l'analisi del rapporto con l"Urss e con l'Est europeo. Essa è ispirata «sia da un interesse umano, sia da un senso storico»: il primo «ci induce a cercare un'ampia cooperazione con gli Stati comunisti per il bene dell'umanità»; il secondo «ci insegna che noi e l'Unione Sovietica continueremo a competere». Il problema è «gestire questo doppio rapporto correttamente », cosicché « la cooperazione prevalga alla fine sulla competizione», avviando «relazioni sempre più stabili». L*Urss «non ha ancora accettato» le proposte americane per un accordo di riduzione degli armamenti strategici, ma «ha chiarito che vuole un accordo». Gli Stati Uniti insisteranno. Così faranno per il negoziato per la riduzione delle forze nell'Europa centrale («Mbfr»), dove i sovietici ancora rifiutano « una intesa basata su un uguale livello di forze per la Nato e per il Patto di Varsavia». Anche questo ostacolo «può essere superato», purché finalmente si rinunci a «vantaggi militari unilaterali». Questo per ciò che attiene agli sforzi di cooperazione. Quanto alla « competizione », Carter ha ribadito la dottrina americana dei diritti umani, ma precisandola in termini realistici, politicamente controllati. L'America «non desidera imporre il suo sistema politico e sociale a nessun altro Paese», ma «vogliamo che il mondo sappia da che parte siamo ». La nuova amministrazione americana « non nutre nessuna illusione che le sue preoccupazioni e i suoi producano rapidi cambiamenti nella politica di altri governi », ma « neppure crede che l'opinione del mondo sia senza effetti ». La prossima conferenza di Belgrado sull'attuazione della Carta di Helsinki sarà affrontata dagli Stati Uniti « in uno spirito di cooperazione, non di confronto », ma sarà chiesto che « tutti i Paesi attuino tutte le parti dell'Atto finale della Csce ». Interessante anche un altro accenno all'area sovietica: gli Stati Uniti « non hanno lo scopo di rivoltare questa regione contro l'Urss », ma nello stesso tempo intendono « attrarre i Paesi dell'Europa Orientale in accordi di cooperazione », accrescere « le possibilità per tutti i Paesi europei di lavorare insieme di fronte alle sfide della società moderna ». E' la fine, anche formale, della vecchia dottrina Sonnenfeldt, in qualche misura un distacco dalle aree di influenza, ma in termini il più possibile rassicuranti per l'Urss. All'abbandono della dottrina Sonnenfoldt a Est si aggiunge quello della dottrina o almeno della prassi dell'ultimo Kissinger a Ovest, cioè nei rapporti con l'Europa Occidentale. Si è detto delle consultazioni che non siano solo notizie di fatti compiuti: Carter vi ha aggiunto una esplicita professione di fede nell'unità europea e nel suo strumento istituzionale, la Cee; alla concezione kissingeriana di un'Europa dotata solo di responsabilità « regionali », ha opposto il riconoscimento del « ruolo crescente della comunità europea negli affari mondiali », facendo intendere che gli Stati Uniti tornano a guardare all'Europa unificata come a un obiettivo positivo anche per loro. Il nuovo approccio con gli europei si è espresso anche sul terreno concreto e lungamente controverso della produzione dei mezzi di difesa comune. Carter ha promesso che questa non sarà più una strada a un senso solo, ha mostrato di capire l'importanza economica, specie in questo momento, di un incremento del contributo europeo alla produzione degli armamenti Nato, ne ha fatto uno dei temi del riesame globale dell'Alleanza. Ha anzi, significativamente, esortato gli europei stessi ad arrivare a forme crescenti di standardizzazione dei mezzi militari soprattutto fra loro, come base di un confronto più ampio con l'America: un suggerimento, evidentemente, che non vale solo in questo campo. Le repliche degli europei sono state, si diceva, positive, però anche prudenti. La grave crisi economica fa guardare con preoccupazione all'ipotesi di nuove spese militari (pur se, ha detto Carter, il Patto di Varsavia ha « forze assai superiori alle esigenze di difesa » e « il ritmo di riarmo continua senza diminuzioni»). Andreotti ha concordato sulla « esplorazione di tutte le prospettive in collaborazione, da quelle di carattere concettuale e politico a quelle a carattere operativo e di difesa », giudicando « prioritario » il problema di un migliore impiego « delle scarse risorse disponibili ». Aldo Rizzo

Persone citate: Andreotti, Jimmy Carter, Kissinger, Sonnenfeldt