"Si, sono ancora vivo: ma da sedici anni ho dimenticato che cosa sia una donna"

"Si, sono ancora vivo: ma da sedici anni ho dimenticato che cosa sia una donna"Processo Ipca: dopo quella dei morti, la tragedia dei sopravvissuti "Si, sono ancora vivo: ma da sedici anni ho dimenticato che cosa sia una donna" In un'udienza drammatica e profondamente umana, i testi hanno gridato la loro accusa - Uno ha detto: "Di questi cancri qui lo sapevano, in fabbrica" - Un terzo si è accasciato, senza parole, vinto dall'emozione «Signor pi esiliente, nel '61 mi hanno dato sei mesi di vita. Sono ancora qui ». Il presidente ha un mezzo sorriso, sembra dire « Meno male », ma 11 teste prosegue: « SI, sono vivo. Ma le donne ho dovuto dimenticarle. Ormai sono come loro, ho le mie cose: perdo sempre sangue». In queste poche, crude battute, pronunciate In dialetto da un teste c'è tutta la tragedia dei sopravvissuti dell'lpca. « Di questi cancri qui, lo sapevano in fabbricai ». E' l'accusa terribile lanciata ieri in aula agli Imputati da un altro teste durante la più drammatica delle sei udienze davanti al giudici della terza sezione (pres. Jannlbelli, p.m. Witzel, cane. Plredda). E un terzo testimone si è accasciato sul banco dei magistrati dopo poche domande. Il processo alla « fabbrica del cancro » era ripreso con l'appello dei testi ancora da interrogare, una trentina. Poi il presidente aveva fissato il calendario delle udienze. Subito dopo era stata sentita Margherita Macellaro, vedova Possio, 50 anni. «Non posso accettare risarcimenti — ha detto — con quel che ha sof. ferto mio marito ». Racconta con voce rotta dall'emozione la sua storia, una del. le tante. I primi sintomi, il 11. cenziamento dopo tredici anni di lavoro, l'aggravarsi del male. « Nel '67 quando ha incominciato a urinare sangue l'ho portato all'ospedale di Lanzo. Hanno detto che era tbc (il p.m. precisa che la diagnosi era di « cistite tbc »). Allora l'ho fatto ricoverare al Santa Corona per tre mesi, ma qui si sono accorti che non era tisico: aveva un carcinoma vescicole. E' stato operato due volte alle Molìnette dal professor Sesia. Il secondo intervento il medico l'ha fatto nonostante uno sciopero perché pochi giorni dopo mi scadeva la mutua. Quando ho saputo che senza mutua avrei dovuto pagare tre milioni mi sono messa a piangere ». Aw. Mussa: « Questo è strumentalizzare i danni morali ». Aw. Costanzo: « Non accettiamo accuse di strumentalizzazione da quella parte ». La vedova continua: « Ho sempre dormito con la finestra aperta, anche d'ìnver. no. Quando tornava dalla fabbrica mio marito sì portava ad. dosso un odore impossibile ». Esce la madre, entra la figlia Sergia Possio, 21 anni, studen. tessa di architettura. Non ricorda nulla di utile alla causa: quando 11 padre mori era una bambina. E' la volta di Giovanni Garigliet Brachetti, 58 anni, un corpo devastato. Racconta ai giudici il suo dramma con gli occhi lucidi, senza falsi pudori: « Sì, mi avevano dato sei mesi di vita nel '61. Sono ancora qui, ma le donne me le sono scordate ». Un enfisema polmonare, la via crucis da una clinica all'altra, due cistoscople, gli eczemi. « Nel '61 ho lasciato la ditta. Se restavo I medici mi davano per spacciato in sei mesi ». Gli avvocati di parte civile incalzano: « Protestavate? Che cosa vi rispondevano? ». Teste: « Il dott. Caloria mi aveva detto che chi faceva il suo dovere poteva fermarlo in fabbrica, poteva parlargli quando voleva. Sono andato due volte da luì: ha preso appunti su una scatola di fiammiferi. Pochi giorni dopo mi è arrivato l'aumento di stipendio ». I patroni commentano: <t E' chiaro, la sicurezza del lavoro dipende dalla buona condotta ». Presidente: « Si rivolgeva a Calarlo solo per questioni salariali? ». Teste: « No, se il capo reparto era sordo alle nostre richieste, potevo rivolgermi a lui anche per avere guanti, gambali ». Prima di uscire dall'aula arrotola il fondo del pantaloni e fa vedere lo stato in cui è ridotta una gamba: cadendo in fabbrica si era tagliato e c'erano voluti tre mesi per guarire dalla infezione provocata dagli acidi. Continua la sfilata del sopravvissuti. Francesco Araudo, 65 anni, colpito da papilloma vescicale: tre elettrocoagulazioni nel '59, nel '61 e nel '76; una cistoscopia nel '77. « Arrivavo dalla edilizia — dice — e ho proposto alcuni miglioramenti ma i capi rispondevano sempre "non si può". Erano come muli con i paraocchi: povera gente, senza istruzione. Ci sono voluti dieci anni per fare cose che avevo proposto allora ». Domanda: « Maschere? ». Risposta: « Mai viste, forse un paio negli sgabuzzini ». Ancora un teste d'accusa, Bramante Arianos, 63 anni, quattordici all'Ipca. Si licenziò nel '61 perché affetto da neoplasia vesclcale. Ha subito otto interventi di elettrocoagulazione. « Ho sempre disturbi ma non voglio più saperne di andare dal dottore, mi fa troppo male. Un male così non lo credete. Lì però lo sapevano del cancro. Me l'ha detto De Giovanni Francesco, ma è morto e non può confermarlo. A me e ad altri confidò un giorno che uno dei capi disse al figlio che faceva pratica di star lontano dai fusti dove si miscelava la betanaftilamlna, "stai attento, fa venire il tumore" gli raccomandò». Altre domande sul latte. Risponde: « Per le mie insistenze la ditta lo fornì nel 1952 anche al nostro reparto, il "gamma". Poi era cattivo, non acido ma cattivo e allora dopo le proteste dei miei compagni ci diedero l'equivalente in soldi ». La mattinata si conclude con la deposizione di Aniceto Sanna, 46 anni, due Interventi alla vescica (cistoscople). «Ho sempre dei disturbi ma non mi lascio più toccare dai medici, è troppo doloroso ». Poche domande, brevi risposte e l'uomo si accascia sul banco davanti al presidente. Gli slacciano la cintura, lo accompagnano alla finestra. Dopo pochi minuti si riprende e toma a rispondere, poi l'udienza viene aggiornata. Francesco Bullo Giovanni Garigliet Brachetti - Sergia Possio e la madre Margherita (ai lati, nella foto)

Persone citate: Aniceto Sanna, Bramante Arianos, De Giovanni Francesco, Francesco Bullo Giovanni, Giovanni Garigliet Brachetti, Margherita Macellaro, Possio, Witzel