Il Gesù dei consumi

Il Gesù dei consumi BAGET-BOZZO I primi film su Gesù risalgono nei miei ricordi agli Anni 30. Essi venivano proiettati «piamente» il Venerdì Santo: erano l'ultimo frutto di un realismo sentimentale, la suprema decadenza delle grandi pietà che santi vigorosi, come Grignon di Montfort avevano innalzato nelle campagne, a protezione della fede popolare dall'illuminismo che sentivano e dall'industrialismo che presentivano. 11 trasformare la via crucis in film sembrava una grande idea, un efficace aggiornamento: usare per un burnì fine un mezzo indifferente come la pellicola impressa. II cinema cattolico era infine una variante più comune della «lini versila cattolica», delle professioni «cattoliche», e così via. Questi grandi realisti assumevano che i mezzi significavano nulla e il contenuto tutto. Oggi ci sembrano, i costruttori di questi frammenti «cattolici» della società comune, come dei grandi ingenui: e proprio per le ragioni per cui si ritenevano, essi, degli «aggiornati», degli «scaltriti». Dalla psicanalisi alla semiotica, abbiamo rivalutato il significato del banale, il messaggio del non-riflesso, la densità culturale degli atti compiuti per distrazione: e siamo giunti ad intendere come linguaggio e pensiero, mezzo espressivo e messaggio si saldino in unità. Tuttavia, il saldo provincialismo del «mondo cattolico» si congiunge con il bisogno religioso di massa, riemerso dopo che il secolarismo, anche ecclesiastico, ha dimostrato la sua inanità; e ci rioffre, emerso dalla crisi, un «buon Gesù» cattolico. La letteratura parrocchiale allega con convinzioni le pezze giustificative che assicurano che il Gesù di Zeffirelli è l'opera di un credente. Siamo tornati dunque al passato: alla convinzione che basti riprendere il testo evangelico, metterlo in film sfruttando le risorse dell'immaginario, e ottenere il Vangelo vivo, ripetendo il miracolo della Sindone. La «storia delle forme» ha ricordato che i Vangeli sono testimonianze della fede: e se pure l'esegesi cattolica ha dovuto negare il fideismo protestante e recuperare la storicità della testimonianza credente, pure qualcosa di questo avvertimento dovrebbe restare. Non è Paolo ad ammonire che solo nello Spirito Santo possiamo dire «Gesù è il Signore»? Ma il Gesù di Zeffirelli ha nella sua stessa intenzione qualcosa di rassicurante per il «mondo cattolico»: esso annuncia la fine del mito secolarista, della teologia radicale, della «morte di Dio». Harvey Cox. il teorico della città secolare, riscopre il culto mariano. Non risulta ormai chiaro che «le masse hanno bisogno del sacro»? E che cosa meglio di un Gesù posto al livello più accessibile alle masse, di un Gesù divenuto spettacolo, pur nel puntuale rispetto dei testi e delle più sicure sinossi: diventato perciò reale per gli spettatori, e prestigioso, attuale, anche fuori del cerchio parrocchiale, della liturgia, della' devozione? Il «Vangelo secondo Matteo» pasoliniano era stato male accettato dal «mondo cattolico»: esso era un «compromesso». Per vedere Gesù al cinema, innalzato al prestigio dello spettacolo, era stato necessario fare buon gioco ad una lettura acculturata, pasoliniana: un Gesù esponente di una cultura arcaica, di una civiltà contadina, che esprimeva il suo bisogno di liberazione con il linguaggio religioso tradizionale. Del resto, erano gli anni in cui la lettura politica del Vangelo faceva i suoi primi passi: il «Vangelo secondo Matteo» è contemporaneo all'esperienza di Camillo Torres, precede di poco la «teologia della liberazione» di Gutierrez. La teologia realizzava sul suo terreno il medesimo compromesso, e rendeva ancor più comprensibile quella operazione a livello filmico. Con Zeffirelli, il «compromesso storico» non è più necessario: ecco infine il Vangelo «sine glossa», l'intenzione apologetica nemmeno dissimulata. Il tono dimesso di Rossellini, la sua ricerca di un clima interiore fedele alia umiltà delle origini cristiane, è posta da lato. L'intenzione estetica dissimula ma veicola il trionfalismo antico, il bisogno della identificazione in un simbolo di forza storica, che è il segno del mondo nella Chiesa, della Ecclesia merelrix sulla Ecclesia sancla. Ora Gesù potrà finalmente percorrere, in modo ancora più massiccio, la strada percorsa recentemente da Sandokan: dalla televisione diventerà fumetto. Ma non era questa l'intenzione di «Famiglia mese», quando ci presentò Gesù vestito in modo da ricordare un cameriere? C'era forse dietro questa singolare livrea l'intenzione di riproporre la figura del servo di Jahvè? Ma no: c'era soltanto il bisogno di porre Gesù nel linguaggio del consumo, di mostrare che è attuale, attuale... Quale ansietà del tempo in chi dovrebbe sapere che «il tempo non è più», e che l'evento decisivo è già avvenuto... Quale bisogno di rassicurarsi sulla propria esistenza, in chi pur annuncia nella liturgia la vita propria come nascosta con Cristo in Dio... Così abbiamo visto, senza proteste, il Gianni Baget-Bozzo (Continua a pagina 2 in prima colonna) Il Gesù dei consumi