Parliamo male con la Occhini della signora Ilaria La Capria di Elvio Ronza

Parliamo male con la Occhini della signora Ilaria La Capria Incontro con Fattrice che registra in tv a Torino Parliamo male con la Occhini della signora Ilaria La Capria "Sono toscana: mai contenta. Per fortuna mio marito ha l'allegria dei napoletani" Ilaria Occhini registra negli studi televisivi di Torino «Una donna uccisa con la dolcezza», dramma elisabettiano, regia di Sequi, altri protagonisti: Guerrlni, Virgilio Gazzolo, Branciaroli, Rossini. Trentanove anni, nata ad Arezzo («Con i difetti e le virtù dei toscani. Piace essere toscani»). Il padre era critico d'arte, la madre figlia di Giovanni Papini. E' sposata con lo scrittore Raffaele La Capria. Ha una figlia di 10 anni, Alessandra. Lanciata giovanissima dalla televisione, è rimasta fedele ai teleschermi. Ma il teatro è il suo ambiente ideale. Lavora con i maggiori registi e attori. Ha partecipato a tre rappresentazioni dannunziane («Sì, sono tante. Forse ho un certo fisico, una certa voce, un certo italiano dannunziani»). Ha in programma un altro sceneggiato, «1898», sulla Regina Margherita. E' considerata un'intellettuale. Davvero è intellettuale, signora Occhini? «Sono le mie origini che confondono le idee. Mi considero un'intellettuale ignorante». Chissà quante volte le domandano del nonno. «Sempre, ad ogni intervista». Benissimo. Incominciamo dal nonno. «... era un uomo che adoravo, il mio amico d'infanzia. So che fu un personaggio importante, so che tutta la cultura italiana passò dalla sua casa, so che "Un uomo finito" è un libro straordinario, e so che altri suoi libri mi disturbano». Ha letto tutto Papini? «No. Ho letto poco di lui». Perché è diventata attrice? Per il successo? «Non ho mai capito il successo. Anche quando diventai famosa di colpo con "Jane Eyre" in tv, avevo 18 anni... mi baciavano le mani per strada... ho un ricordo stupito di allora, mi dicevo che certo non era una vicenda reale... anche in quei giorni come una cretina non sapevo cosa fosse il successo». 11 nonno non le insegnò niente del successo? «No, anche se luì tenne sempre il successo davanti a tutto; lo adorava come lo adora un bimbo. Calcolava ogni azione guardando il successo». Dunque... a 16 anni Emmer la scopre per il film "Terza liceo". Un caso. E fin qui ci siamo. Ma lei decide a 17 anni di entrare all'Accademia d'arte drammatica. Quindi c'è una scelta ben precisa. Dettata da che cosa? C'erano attori in famiglia? «Il teatro era un fatto culturale. Non sono stata una predestinata, che so... come Visconti che a 5 anni lo portavano alla Scala. Però ho sempre recitato, a 11 anni organizzavo compagnie a scuola. Entrare in teatro è stato un fatto naturale». Ammettiamo che il solito caso si fosse divertito ad aprirle un'altra via. «Non conosco altri mestieri. Come immaginarmi in una condizione diversa?». Riciclo la domanda. Se potesse ricominciare da capo... «Vorrei essere più fortunata». Via, signora Occhini! Appartiene a quel po' po' di famiglia. A 18 anni i teleschermi la lanciano in orbita, poi è subito con Visconti, accanto a Stoppa e alla Morelli. E' appena il 1957. Da quella stagione non ha smesso di impegnarsi ad altissimo livello. E lei parla di sfortuna? «Per esempio ho dovuto ' combattere da sola». Ammettiamolo. Ma è un bel combattere accanto a simili nomi. «Lavorare con ViscontiCosta... Bisogna essere preparatissimi in ogni occasione...». D'accordo, è una fatica. Mi indichi, è questo che vorrei, una situazione sfortunata. Una sola. «Il cinema. Ero innamorata del cinema. Non e statò generoso con me. Diciamolo francamente, ero molto carina. Ad un certo punto mi ha ignorato; e io dal 1964 rifiuto di girare film, tranne un'eccezione in Francia». Giusto. Un cinema cieco. Non ho dubbi che lei fosse carina. Vogliamo dire: decisamente bella? Anche se — posso esprimere un giudizio? — io trovo molto più splendida la sua maturità... non digerisco la sfortuna, ecco tutto... Saltiamo l'ostacolo. A proposito, chissà quante volte le domandano del marito. «Sempre». Non vorrei deluderla. Che tipo di incontro fu il vostro? «Ci conoscemmo al Ninfeo di Villa Giulia, nel 1961, la sera che lui vinse lo "Strega" con "Ferito a morte". Scoprimmo di stare bene insieme. Due caratteri differenti che credono nelle stesse cose. Lui è allegro, fatalista — è napoletano — intelligente... lieve... il toscano è drammatico, uggioso, collerico, ha addosso il senso della morte. Brutta razza il toscano! Con lui sto bene, ha humour; non sopporto chi non ne ha. E' spiritoso senza cattiveria». gtcqcsScddcv ' Dal quadro che mi dipinge... senza offesa: lei è una terribile moglie. Una seccatrice, la signora La Capria. «Pessima. Non sono di quelle mogli, per dirne una, che parlano bene del marito soltanto perché è il marito. Sono sempre lì a spaccare il capello in quattro; voglio vedere come stanno le cose. E dirlo, come stanno. Capisce che io sono stata educata nel vero senso della parola, con un'educazione che ha condizionato la mia vita». Terribile, signora. «Mi hanno insegnato l'umiltà nel lavoro... ecco perché non capivo il successo. Umiltà prima di tutto. Fiducia negli altri. Rispetto». E i sentimenti? «Cosa vuol dire?». Se è sentimentale. «Passionale, altro che. Sì, il sentimento ce l'ho, certo...». Scusi se l'interrompo. Mi è venuto un improvviso sospetto. Che la signora La Capria sia anche un po' noiosa. «Lei dice? E' probabile. Critica. E autocritica». Però, se è anche autocritica. Perdonata a metà. «Ma è una rottura. Non sono mai contenta. Ed è un difetto che mi tengo caro. Non voglio nemmeno vincerlo. Aggiunga che voi uomini siete tremendi». Adesso la colpa è nostra. «Buttate tutto sulle nostre spalle. A casa devo pensare a ogni cosa... e figlia... e marito... Il mio povero tempo, riempirlo così, dì tanta fatica! Un inferno. Quando lavoro fuori, e sono in albergo, è meraviglioso suonare un campanello, far accorrere le cameriere, affidarsi a loro». Ha finito? «Non è tutto. Sono incerta. Totalmente incerta. Piena di dubbi». Dicono che i complimenti giovano ai caratteri dubbiosi. «E' vero. Dovrei essere complimentata da mattina a sera. Sono sensibile a tutti i complimenti. Non sul lavoro...». Per via dell'umiltà, lo capisco. «Nella vita, mi piacciono». Signora Occhini, lei è la più bella, la più brava attrice dell'intero teatro italiano. (Ahimè! La tormenterà, ora, il dubbio che io abbia mentito? * Elvio Ronza Ilaria Occhini esordì nel cinema (1955) con Emmer

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