E ora che il psi scelga la sua rotta di Antonio Ghirelli

E ora che il psi scelga la sua rotta STAMPA SERA del lunedi E ora che il psi scelga la sua rotta Giovedì sera, socialisti e comunisti si sono lasciati con l'impegno « di affidare ad una équipe di esperti il compito di mettere insieme una bozza comune di programma ». Venerdì, dopo l'incontro con i repubblicani, i socialisti rinunciavano all'idea e si rassegnavano a produrre un programma in proprio, attingendo consigli a tutti i partiti « amici » e non soltanto alle Botteghe Oscure. Contemporaneamente, il capogruppo socialista alla Camera on. Balzamo intrecciava una vivace polemica con « L'Unità », da cui era stato accusato di prestarsi aile provocatorie manovre dei radicali. Balzamo aveva accompagnato Marco Pannella alla presidenza del Consiglio per strappare ad Andreotti la promessa che la riforma carceraria sarebbe stata avviata nel più breve tempo possibile: « conditio sine qua non » per consentire alla onorevole Emma Bonino di ritirare le proprie dimissioni. Questi tre episodi dimostrano quanta incertezza regni nelle file del psi e come sia difficile per i socialisti non tanto far politica, quanto riuscire a farne nel contesto di un progetto ideologico preciso ed inequivocabile come quello che ha consentito a Mitterrand prima di ricostruire il psf dalle ceneri della sfio, quindi di imporlo come la prima formazione politica di Francia, infine di stringere un'alleanza con i comunisti — in posizione egemone — per puntare al potere. Tutti sanno, nituralmente, che esistono differenze sostanziali tra la situazione francese e la nostra. Tutti sanno, altresì, che la strategia dell'alternativa di sinistra, così fortunata oltre le Alpi, è impraticabile nell'immediato in Italia per il rifiuto della controparte comunista. Ciò non toglie però che gli elettori del psi (un decimo o quasi della popolazione che vota) e quelli che potenzialmente gli accorderebbero volentieri il loro suffragio, abbiano il diritto di capire dove va il partito, cosa pensa, con chi vuole allearsi. Dopo il congresso di Roma e la liquidazione della segreteria De Martino, parve che i nuovi dirigenti stessero ricostruendo con cautela e perspicacia un'immagine più credibile del partito. In effetti, le cose sono andate discretamente fino al dibattito a Camere riunite sullo scandalo Lockheed; poi, dal momento in cui la base s'è rivoltata contro la decisione di prosciogliere in pratica l'on. Rumor da ogni addebito, il nuovo vertice è entrato in crisi. La strada che si è imboccata per uscirne, i colloqui bilaterali con tutti i partiti dell'arco costituzionale, potrebbe rivelarsi un vicolo cieco, anche e soprattutto perché non è alla politica di tutti i giorni che si può chiedere un ragguaglio ideologico. Non si tratta di sparare sul pianista, cioè sull'ottimo Craxi e sui « colonnelli » quarantenni che volenterosamente lo coadiu¬ vano. Non si tratta nemmeno di invocare svolte clamorose in una situazione che ristagna a livello nazionale ed internazionale. Si tratta semplicemente di chiedersi, e di chiedere ai responsabili, se vi sia coerenza in una tattica che un giorno sceglie i comunisti come interlocutori privilegiati, l'indomani strizza l'occhio alla democrazia cristiana contribuendo a salvare uno dei suoi capi storici, il terzo giorno configura un'intesa con i partiti laici minori, quando non addirittura con i radicali e gli « indiani metropolitani ». Ha scritto Bocca che « torna ogni tanto in via del Corso, direzione socialista, la voglia di giocare ai quattro cantoni, il bel gioco caro ai capi storici, che ha logorato il partito ». Umberto Agnelli direbbe che il psi oscilla tra « il mito di Roccacannuccia » e una seria considerazione dei « problemi che sono al centro dell'attuale dibattito politico ». La tentazione della fuga in avanti, in compagnia dei radicali e magari dei « cani sciolti », è frenata dalle pressioni degli « assessori » in carica e dei ministri « in pectore ». L'impulso a creare un « polo » di attrazione per tutti i laici liberali, repubblicani e socialdemocratici, è contraddetto dall'antica e irrefrenabile vocazione operaistica. Enrico Manca è convinto che Andreotti sta soffocando, anzi sbriciolando la sinistra, ma per tutto rimedio non sa trovare che « una politica concordata, programmata » con la de, come chi incontrasse Vallanzasca sull'Aspromonte e gli proponesse di organizzare insieme un « picnic ». La verità è che, se i comunisti non sono ancora arrivati (e non arriveranno mai) a Bad Godsberg, i socialisti non sono nemmeno arrivati al punto dove si è attestato Berlinguer. Non è chiaro se accettano il neo-capitalismo (da sinistra) come le socialdemocrazie o se lottano per il socialismo, cioè per una liquidazione globale del sistema. Non è chiaro se considerano l'alleanza atlantica come uno « scudo » contro l'ingerenza sovietica o se puntano su un'Europa socialista e neutrale. Non è chiaro se si tengono il partito composito, ereditato da Turati e da Morandi, o se scelgono le forme più fluide ed « aperte ». La crisi economica, la congiuntura mondiale, il terrorismo politico possono e devono, consigliare la massima cautela ai democristiani e ai comunisti, che tutti insieme fanno oltre il 70 per cento dell'elettorato. Ma il psi potrebbe muoversi molto più agilmente nell'ambito di un progetto futuribile, se scegliesse una strategia degna di questo nome. « Demain — dice un verso di Mitterrand, politico e poeta — c'est un pays qu'on n'ose imaginer». Ecco che cosa si chiede ai socialisti italiani: che osino immaginare un domani, lasciando alle due superpotenze interne di badare all'oggi. Se lo facessero, tra l'altro, molti dei ragazzi che urlano slogan rabbiosi e lanciano molotov, troverebbero la loro strada: è già accaduto, per l'appunto, in Francia. Antonio Ghirelli

Luoghi citati: Bad Godsberg, Europa, Francia, Italia, Roma