Il caffè anti "caro-prezzi,, costa solo 15 lire la tazzina

Il caffè anti "caro-prezzi,, costa solo 15 lire la tazzina Inventato da un nonnino dell'Imperiese Il caffè anti "caro-prezzi,, costa solo 15 lire la tazzina Si tratta di una miscela di frutta, scoperta durante l'ultima guerra (Dal nostro corrispondente) Sanremo, 20 marzo. (r.b.) Contro il caro-caffè, autentica piovra della borsa della spesa, da un paesino nell'entroterra della Riviera dei Fiori sta per essere lanciato sul mercato un antidoto singolare: un «caffè» fatto di frutta secca, ghiande e cacao. Ad inventarlo è stato un arzillo vecchietto di origine calabrese, Giuseppe Gunnari, 87 anni, abitante nella frazione di Prelà, alle spalle di Imperia. In questi giorni la casa di Gunnari sembra un porto di mare: è stato contattato anche dai dirigenti di una grossa società di Parigi. In Europa, tra i consumatori di caffè, i francesi non sono secondi a nessuno: ne bevono per miliardi. Da anni i responsabili della loro econo¬ mia sono impegnati a trovare soluzioni. Giuseppe Gunnari, forse, potrebbe esserne una. Il futuro del caffè è nei surrogati? Per il nonnino inventore di Prelà non ci sono dubbi. «Il sapore — dice — è uguale e per di più non fa male. Se preso in dosi giuste, concilia anche il sonno». Gli esperti di Parigi, per il momento, non si sono pronunciati. Hanno però prelevato diversi campioni della miscela che esamineranno in laboratorio. Di certo, per il momento, c'è solo il prezzo: il nuovo «caffè» costa pochssimo, al massimo 15 lire la tazzina anziché le 200 richieste oggi nei bar. Attualmente la massaia, per un chilo di buon caffè, deve sborsare sulle 8 mila li- re. La miscela del nonnino non dovrebbe superare le 400 lire al chilo. Se fossimo inglesi, non dovremmo preoccuparci del caro-caffè: un buon thè lo si può ancora bere senza dover fare troppi conti. Invece siamo italiani ed il caffè ci piace meledettamente, perché ci «carica», perché la caffeina è una droga di cui quasi nessuno sembra capace di fare a meno. Giuseppe Gunnari, quando ha deciso di rivelare la sua miscela, ha tenuto conto anche di questo. Fisico asciutto, mente lucida, dimostra una decina di anni di meno. E' nativo di San Lazzaro Calabro. «La prima volta che l'ho bevuto — ricorda — c'era la guerra, circa 35 anni fa. Da sempre sono stato un accanito bevitore di caffè. Ero nei boschi, non ne bevevo da più di 10 giorni: credevo di impazzire. Preso dalla disperazione, cercai di aggiustarmi con fichi secchi, pinoli, ghiande. Li feci essiccare, poi li bollii. Ne uscì fuori una bevanda che ricordava il caffè e mi ristorai». « Qualche anno fa — continua Gunnari —, visto il continuo aumento del caffè e lo stato di necessità che quasi ci riporta a quei tristi tempi, decisi di riesumare l'antica ricetta e di perfezionarla nel nome del risparmio. La mia è un po' diventata una crociata in difesa degli amanti del caffè ». Nel paesino di Prelà e nei centri limitrofi ne sono tutti entusiasti: il nuovo « caffè » non piace solo ai proprietari di bar. La ricetta è semplice. Per prepararne 10 chili (costo medio 4 mila lire in tutto) occorrono 7 chili di frutta, non quella che si trova nei negozi, ma quella molto matura, che cade da sola dagli alberi e che nessuno mai vende; tre chili di ghiande, mezzo chilo di cacao. Il tutto deve essere essiccato, tostato ed infine macinato. Ottenuta una specie di polvere, non resta altro che caricare la «Moka». Dieci chili di caffè normale non costano meno di 70-80 mila lire. Il risparmio è notevole. « Solo una raccomandazione — dice a tutti Gunnari — se si vuole ottenere un buon caffè; le ghiande devono essere di erice. Quelle di quercia sono surrogati ».

Persone citate: Calabro, Giuseppe Gunnari

Luoghi citati: Europa, Imperia, Parigi, Prelà, Sanremo