Cala l'indice del quinto potere di Antonio Ghirelli

Cala l'indice del quinto potere RAI: E STATA VERA RIFORMA? Cala l'indice del quinto potere Sabato mattina, la notizia delle dimissioni di Vittorio Citterich, direttore della seconda rete radiofonica, è caduta come un fulmine sui due centri decisionali della RaiTv, quelli di via Mazzini e di via Teulada. Si sapeva da mesi che Citterich, un giornalista democristiano universalmente stimato anche dai suoi avversari politici per il valore professionale e le qualità umane, era molto stanco e nutriva propositi di abbandono. Il suo impegno nella direzione della seconda rete radiofonica, quella che sommariamente corrisponde al canale « cattolico », era pari alla sua convinzione che la riforma fosse sbagliata e che in particolare la suddivisione del servizio radiofonico in tre reti non corrispondesse alle reali esigenze dell'azienda. Tuttavia, la lettera con cui Citterich ha annunciato al consiglio di amministrazione le proprie dimissioni ha suscitato egualmente grande scalpore. Pochi, tra i dirigenti e i funzionari dell'ente, sono persuasi delle motivazioni personali della decisione; moltissimi sottolineano gli accenni piuttosto espliciti del dirigente dimissionario alla scarsa funzionalità delle tre reti radio, all'interpretazione « distorta » che si sarebbe data della riforma, alla discutibile applicazione che nel suo quadro avrebbe avuto la concezione del pluralismo delle opinioni. Non v'è ombra di dubbio che il trasferimento meccanico, prima che degli incarichi, al servizio radiofonico della « lottizzazione » delle idee, offra il fianco a facili critiche. Mentre è ammissibile che le reti televisive, in nome di due visioni sensibilmente contrastanti della vita e della cultura, si contendano lo stesso pubblico (ed è fuori dubbio che la concorrenza abbia giovato sensibilmente tanto ai due telegiornali quanto ai programmi delle due reti), convince assai meno la tripartizione dello spazio radiofonico, là dove sarebbe stato probabilmente più logico puntare ad una specializzazione in senso oggettivo delle tre reti, in modo da servire in maniera diversa e più completa l'utente. L'idcologizzazione ha falsato invece i termini del problema, provocando tra l'altro un'orgia di dibattiti e di programmi parlati che hanno suscitato la rivolta degli abbonati e favorito al di là di ogni previsione il successo delle trasmittenti private. La corporazione Sarebbe, tuttavia, ingenuo spiegare le dimissioni di Citterich e tutto il dibattito che esse sottintendono, con una preoccupazione tipo « Quinto Potere » del gruppo dirigente per il calo dell'indice di ascolto e di gradimento. L'Italia non è l'America e la corsa al profitto non rientra nella logica della nostra corporazione radio-televisiva, che è super-politicizzata come quasi ogni azienda del settore pubblico. Anche se fossero ispirate esclusivamente da ragioni personali, le dimissioni del direttore di una rete radiofonica rappresentano perciò un fatto politico che può mettere in moto una reazione a catena di conseguenze imprevedibili per gli equilibri interni raggiunti così faticosamente in via Mazzini con la riforma e del resto già modificati con l'avvento della coppia Grassi-Glisenti. E' stato, ovviamente, il 20 giugno a mettere in crisi tutta la logica dell'operazione, fondata inizialmente sulla spartizione del potere fra democristiani e socialisti, con qualche concessione marginale ai partiti laici e agli stessi comunisti. Ora non si tratta solo di far posto a un certo nucleo di esponenti del pei ai vertici dell'azienda e delle reti, e ad un certo numero di funzionari e di giornalisti dello stesso partito ai livelli più bassi. Il problema non è così semplice e la direzione delle Botteghe Oscure si guarda bene dal porlo in termini così rozzi, anche se è fermamente risoluta ad ottenere — come del resto è giusto — cittadinanza di pieno diritto nell'ente per i suoi militanti e simpatizzanti. Sta di fatto che il pei discute lo spirito stesso della riforma, rifiutando la rigida spartizione tra « laici » e « cattolici » come espressione di un falso pluralismo, che tra l'altro contraddice il suo progetto di compromesso storico perché inasprisce l'antinomia con la de. Tempi lenti Ne abbiamo discusso con un autorevole esponente del partito, che quasi certamente entrerà nel gruppo dirigente dell'azienda e che da mesi sta studiando montagne di documenti per impadronirsi del complicato meccanismo. « Noi non siamo — ci ha detto l'amico comunista senza pretendere per altro di interpretare un punto di vista ufficiale — per un ritorno all'antico. Tuttavia riteniamo assolutamente necessario attenuare la divisione esasperata tra le reti eliminando la mancanza di coordinamento e con essa lo spreco provocato dalla riforma ». Ingenuamente, si potrebbe pensare che i comunisti nutrano più simpatia per la rete « laica » che non per quella « cattolica », ma semmai è vero il contrario. « Le due reti, così come sono state enucleate » dice l'esponente comunista « non attuano affatto il pluralismo, ma seguono anzi una logica settaria che ne rappresenta la negazione. Bisogna creare una dialettica pluralistica all'interno di ciascuna delle reti. Lo stesso si dica per la radio ». Ciò che colpisce, se confrontiamo queste osservazioni con le motivazioni delle dimissioni di Citterich, è la loro perfetta coincidenza Deduzioni non siamo autorizzati a farne, anche perché ci consta che la decisione del direttore della seconda rete radiofonica avrebbe colto di sorpresa tutti gli ambienti politici, salvo (forse) la de. Resta il fatto che, obbiettivamente parlando, il contributo che Citterich ha offerto con il suo abbandono « al piano di riorganizzazione aziendale suggerito dalla commissione parlamentare di vigilanza » va nella stessa direzione che sta a cuore al pei: un ripensamento globale della riforma. I tempi sono molto lenti, ma la mèta e quella — e il fatto nuovo potrebbe anche accelerarne il raggiungimento. Antonio Ghirelli

Persone citate: Glisenti

Luoghi citati: America, Italia