Solito pedaggio (alla coppia regina) di Giovanni Arpino

Solito pedaggio (alla coppia regina) Lo pagano anche le milanesi Solito pedaggio (alla coppia regina) Anche le milanesi debbono pagare pedaggio. La « coppia regina » del campionato impone i suoi diritti, di riffe o di raffe, senza dover faticare più che tanto. La classifica riserva brividi e traumi solo ai club che penano in coda, dove la rissa mostra piaghe d'ogni sorta: soffrono Catanzaro e Foggia, dal derelitto « derby » emiliano non fruttifica che un risultato bianco, mentre a Marassi il vecchio « Zena », pur rischiando, inguaia ulteriormente la Sampdoria. A San Siro il Torino è passato con un autogol di Bini, che sostituiva Giacinto Magno. Ottenuto il vantaggio, ha badato più che altro a non esporsi: mancava di ben tre titolari, Castellini Caporale Danova, ma l'Inter, pur cercando di attaccare non è certo riuscita a crear pericoli davanti a Zac, nuovo « libero » e migliore in campo. Per Radix, che dopo la famosa « realizzazione » dell'anno scorso, bada alle prove di una novella « maturità », il colpo a Milano è importante: gli dimostra che la squadra sa amministrarsi, che il « collettivo » funziona, anche se i rivali nerazzurri non sono certo pericoli di guerra. Ancora una volta la gran bontà meneghina ha dimostrato di non aver denti per mordere (e infatti il Giùan Brera, disperando di patria pedata, teorizza ormai su altri binari: e cioè dicendo che una grande' città non possiede più football, disciplina relegatasi in provincia. Bene, sarà provincia anche Londra, sarà provincia anche Rio de Janeiro. Mah). Al Comunale la (uventus ha dovuto ingoiare un rospo di autogol dopo soli due minuti, ma nel giro dello stesso primo tempo ha rimontato, grazie ad un « penalty » realizzato da Boninsegna e ad una rete di Causio. Diciamo la verità: il pubblico, abbastanza compatto, degno della bella cornice primaverile, meritava ben altro spettacolo. La Madama, pur sputando fumo dagli orecchi, non incantava, il Milan era un simulacro di squadra. Vagavano intere coorti di fantasmi in campo. Taccio di Rivera, che cerca il triangolo stretto e poi si disanima nel riuscire a raccoglierlo, taccio di un centrocampo appiccicoso (pareva di nuotare nella marmellata) che « paron » Nereo infittisce. Taccio pure degli ordini del suddetto « paron », che certo non trattiene i suoi — almeno all'avvio — dal distribuire calcioni: anche questa è regola che appartiene alla tradizione. Ci si attendeva di più e di meglio, almeno a sprazzi. Individualmente salviamo: il solito grande Zoff (strepitoso al 65'), Gentile, un po' di Furino (un po' delle sue sette anime, voglio dire), gran parte di don Romeo Benetti, malgrado alcuni falli, Boninsegna e da parte milanista il solitario zigzagante Bigon. Infelice sul piano dinamico, per via delle cerniere meneghine che tendevano a ridurre gli spazi (ma anche a loro danno, e lo si è visto), la gara è vissuta di vampate rabbiose, di occasioni bene o mule giocate in funzione del gol: otto palloni-gol ha costruito la Madama, non più di tre il Milan, segnature comprese. Se volevamo la riprova del perché a San Siro la gente diserta lo stadio, la partita tra luve e Milan ce l'ha fornita: e chissà che « paron » Nereo non ripeta tra i denti, in solitudine, una sua vecchia frase, quella che suonava « no gho squadra ». E' la pura verità. Baldi giovanotti o antichi puledri ansimanti cercano invano di elaborare una manovra, e questa si sviluppa solo grazie agli errori degli avversari (tra i quali non comprendiamo solo l'autorete, ma alcune no¬ tevoli leggerezze messe in evidenza dal pacchetto arretrato bianconero, sovente visto ballare un suo curiosissimo can-can davanti a quei « mostri » peloteri che sono i Cationi o i Gorin, stirpe di draghi). Non condanniamo certo la Vecchia. Figuriamoci: vince, recupera uno svantaggio maligno, e ha tante cose per la testa, non ultimo l'ormai imminente Magdeburgo, che vorrà quantomeno correre e far correre. Ma ci spiace vedere certe aritmie (vero, « baron » Causio?) e alcune fasi caotiche. La Signora ha bisogno di belletto: « stantuffo » Tardelli galoppa follemente, ma con minore lucidità, ad esempio, ed ormai sappiamo quanto pesi nel gioco bianconero la spinta di Tardellino, cosi come contano le giostre ed i « numeri » di Causio. E' probabilmente su questi due perni che lo scorcio finale della stagione bianconera deve giocare le sue carte. Il Trap, malgrado il sorriso, ha qualche cruccio in cuore: ci sia consentito di dirlo, a dispetto di ogni dichiarazione ufficiale, ovviamente improntata all'ottimismo. Ma ora — suvvia — non cerchiamo ulteriori peli nell'uovo. Chi potrebbe lamentarsi? E che cosa dovrebbero dire coloro che stanno a dieci o venti punti dalla « coppia regina »? Mentre Milano raccoglie cenere, non perdiamo tempo a contare se nella nostra corona d'alloro manca, qua e là, una fqgliolina. « Tiremm innanz », invece. Una frase che i desolati Rocco e Chiappella, Rivera e Mazzola non possono più pronunciare. Glielo vieta il pudore. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Catanzaro, Foggia, Londra, Magdeburgo, Milano, Rio De Janeiro