Regioni: rivincita sul centralismo

Regioni: rivincita sul centralismo Alla Fondazione Agnelli Regioni: rivincita sul centralismo « Pensavamo, il 25 aprile, di aver acquisito per sempre la libertà, invece ci siamo accorti che dobbiamo lottare ogni giorno per conservarla ». Questa frase, detta dal presidente della Regione Piemonte, Viglione, in apertura del congresso della Fondazione Agnelli su « Le Regioni tra Costituzione e realtà politica » ha dato immediatamente il senso di quanto tra i due termini non ci sia, almeno nell'intendimento popolare, una distanza incolmabile. Che le Regioni siano, almeno per la base popolare, il momento politico più rappresentativo per raccogliere e rappresentare le loro esigenze è risaputo non da oggi; che i politici intendano l'autonomia locale come rafforzamento del potere dello Stato è stato riconfermato più volte e, con maggior forza, proprio in questi giorni in occasione del bestiale delitto di cui è rimasto vittima il presidente dell'Ordine degli avvocati torinesi Fulvio Croce. Così la frase di Viglione e quella successiva: « Il nostro impegno è per una sempre maggior salvaguardia del ruolo delle autonomie, di un'articolazione decentrata e democratica dello Stato come assoluta garanzia del mantenimento delle libertà costituzionali all'interno del Paese», hanno riscosso l'unanime consenso dei politici, giuristi, studiosi di diritto costituzionale e amministrativo, convenuti per l'analisi della leggs 382 e del decreto delegato proposto dal governo per attuarla. Perché non c'è dubbio che la crisi non è soltanto economica, ma soprattutto sociale e morale. Una crisi che, per dirla con il presidente della Toscana, Lagorio, «si vince soltanto con l'espansione della democrazia e dell'autonomia ». Proprio nel senso, ancora affermato da Viglione, che il decentramento autonomistico liberando lo Stato dalle cure di numerosi problemi, gli consente quel «maggior impegno d'indirizzo politico» di cui si avverte sempre maggiormente l'esigenza. Porse questa piega iniziale non era attesa al convegno svoltosi nella sede torinese della Fondazione, in via Giàcosa; ma se è vero che le istituzioni sono la base della vita democratica e sociale, ne consegue l'esigenza di una loro valorizzazione, per risolvere quei problemi che, sommati l'uno all'altro hanno portato all'esplosione della violenza terroristica ed eversiva. L'impegno fondamentale è quello di « vincere l'apparato centralistico statale ». La legge 382 rappresenta, secondo il comunista sen. Modica, un'« interpretazione moderna della Costituzione » e ha lasciato buone speranze per la rivincita delle autonomie sul centralismo; lo schema di decreto delegato proposto dal governo ha tradito però le speranze e « se va avanti così com'è impostato — dice Lagorio — consentirà all'ordinamento accentrato di vincere la partita ». Che fare perché la vittoria abbia un segno contrario? Questo è il motivo del convegno che si è aperto con una relazione del professor Franco Levi dell'Università di Torino e che oggi si concluderà con la formulazione di proposte operative e l'indicazione di ulteriori linee di ricerca. I partecipanti sono tutti uomini politici di provato impegno e studiosi di chiara fama. La realtà, descritta dal professor Levi, è la seguente: «La grande organizzazione è inidonea a rinnovarsi per adeguarsi ai mutamenti della collettività: i suoi componenti appaiono spesso incapaci di trasformare l'organizzazione per rispondere a nuove esigenze. In questa prospettiva si inquadra l'esperienza regionale in Italia: l'opzione regionalista può essere considerata come il tentativo italiano per affrontare i problemi della grande organizzazione e per tentare di superare le contraddizioni in essa immanenti». Se la spinta entusiastica iniziale si è attenuata, la colpa è da ricercare non soltanto nello Stato accentratore, ma anche, secondo Lagorio, nelle Regioni che hanno deluso le attese dimostrando «incompleta combattività politica e limitata capacità realizzativa». La programmazione è, in sostanza, il perno intorno al quale ruotano tutti i problemi attuali: economici, politici, sociali. Non può essere lasciata solo allo Stato, né è pensabile tagliarlo fuori: bisogna, dice sempre Modica, «realizzare il recupero di una direzione programmata dell'economia, democraticamente partecipata attraverso le Regioni». Ecco che allora i decreti per l'attuazione della 382 non devono essere concepiti come «ripartizione di interessi», ma come «modo nuovo di gestire la comunità nazionale». Indirizzo che le Regioni sono tutte concordi nel sostenere. Domenico Garbarino

Persone citate: Domenico Garbarino, Franco Levi, Fulvio Croce, Lagorio, Viglione

Luoghi citati: Italia, Piemonte, Toscana