Gollisti scatenati contro il governo di Alberto Cavallari

Gollisti scatenati contro il governo Il "giovedì nero,, di Barre Gollisti scatenati contro il governo (Mentre la Francia era paralizzata dallo sciopero) (Dal nostro corrispondente) Parigi, 28 aprile. «Giovedì nero», oggi, per il governo Barre. Alla Camera, i gollisti non hanno fatto cadere il suo governo, ma l'hanno politicamente isolato con la «non sfiducia»: votando cioè il nuovo piano del primo ministro, ma rifiutando di dare al voto un significato di fiducia vera, e accompagnandolo con molte astensioni. Contemporaneamente, lo sciopero nazionale lanciato dai sindacati Cgt e Cfdt nel settore pubblico, è stato valutato come il più massiccio degli ultimi anni, forse il più seguito dopo il '68. Altre cose, poi, si sono aggiunte ad aggravare la situazione. Servant-Schreibcr, ha negato la fiducia al governo, si è dichiarato «in completo disaccordo con Barre », e ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica rinunciando alla missione affidatagli, e cioè preparare un programma di riforma per il futuro. La Borsa stessa, già scivolata ieri del 2,5 davanti al malessere politico, ha proseguito la sua caduta, calando ancora dell'I,5 per cento. Collera Dei quattro avvenimenti l'isolamento politico di Barre (che col voto al «piano bis» aveva sollecitato la fiducia della maggioranza) fa certamente premio sul resto. Fino all'ultimo momento è sembrato che i gollisti non volessero nemmeno dargli la «non sfiducia», e la decisione di votare è stata presa in extremis dopo un intervento di Chirac sul gruppo parlamentare. Un deputato, André Vivien, dopo la riunione del gruppo, ha dichiarato: «Abbiamo votato soìo perché Chirac ce l'ha chiesto. Ma sarà l'ultima volta. Senza Chirac, sarebbero mancati 125 voti al governo». Molti deputati importanti (come l'ex ministro Messmer, alla testa dei parlamentari della Mosella) si sono però astenuti, mettendo in luce una «ribellione» parlamentare che non ha precedenti nella legislatura. La decisione gollista è stata infatti preceduta da un drammatico incidente tra Barre e i deputati del gruppo Rpr. Barre, davanti alla decisione gollista di votare il piano, ma non la fiducia — annunciata da Labbé e da Debré — ha lanciato una controffensiva piena di collera. Ha ricordato ai gollisti che la «fiducia si dà o non si dà », minacciando di tirare le conseguenze. Perciò l'intervento di Chirac è stato determinante mentre saliva la febbre gollista. Ma ciò non toglie che nel pronunciare la dichiarazione di voto favorevole, Guéna abbia ripetuto la condanna «a un governo che non è all'altezza del suo ruolo» e condiviso a nome del partito gli attacchi più feroci contro Barre lanciati da Debré. Il voto di fiducia è ridiventato un voto con riserva, peggio ancora di «sfiducia rinviata ». Il risultato delle votazioni non ha rispecchiato naturalmente questa tensione. Il governo ha avuto 271 voti favorevoli. I voti contrari sono stati 186. Ma 17 sono state le astensioni gollistc, indicando il sommovimento registrato dalla maggioranza. Il significato della battaglia parlamentare che i gollisti hanno condotto contro Barre resta comunque grave: perché il primo ministro è stato privato di quell'autorità di capo e coordinatore della maggioranza che credeva di avere. Infatti, accanto ai gollisti, anche i radicali di destra l'hanno votato, dichiarando di « non voler avallare una politica che non convince», e soprattutto va segnalato che proprio gli alleati del governo (non l'opposizione) hanno pronunciato le requisitorie più dure. Soprattutto Debré, ex primo ministro gollista, s'è fatto acclamare dalla maggioranza quando ha trasformato il primo ministro in accusato, chiedendogli di smetterla con una gestione «tecnica» che non trova consensi, e di «cominciare finalmente a fare della politica». Le Monde, commentando il discorso di Debré, scrive che Barre «ha ricevuto una serie di legnate da destare, in certi momenti, la pena». Debré non ha infatti solo sferrato un attacco a Barre rimproverandogli freddamente «di non essere all'altezza del ruolo che ha». Lo ha colpito da ogni parte, criticando con violenza ogni iniziativa, e soprattutto bloccandolo (con un voto unanime contrario dei gollisti) sul terreno della riforma della legge elettorale. Le repliche del primo mini¬ stro si sono risolte in un unico contrattacco ai gollisti pronunciato con rabbia, forza, passione, collera. Ha gridato di pretendere la fiducia o la sfiducia, di non essere «un fantasma immerso in statistiche e diagrammi», s'è persino lasciato andare a definire «indecenti» gli scioperi scatenati contro il suo governo. Mitterrand l'ha giudicato «coraggioso». I gollisti si sono detti «offesi e amareggiati». Fourcade ha dovuto difenderlo dicendo (sic) «che dopo aver preso calci nel sedere, una sua replica dura era naturale». Rivolta" Quanto alla battaglia sindacale contro Barre si deve dire che la durezza dello sciopero nazionale ha impressionato. Il settore pubblico ha praticamente bloccato la Francia per 24 ore, lasciandola senza luce, con rari treni, in preda al caos. A Parigi, caso senza molti precedenti, il metrò si è arrestato insieme alle poste. Una grande manifestazione di decine di migliaia di persone ha sfilato da Saint-Lazare a Palais-Royal. Il braccio di ferro tra governo e sindacati sul blocco dei salari e il blocco dei prezzi programmato da Barre ha ricevuto poi aiuto dall'annuncio che in marzo il rincaro ha passato le medie precedenti, portando il tasso d'aumento del costo della vita a 9,1. Che significato ha questo «giovedì» nero di Barre? Il fatto che il suo secondo governo abbia ricevuto una doppia risposta così dura (dal Parlamento e dai sindacati) solleva inquiete domande nella stampa. Il secondo governo Barre è stato mandato infatti davanti al Parlamento da Giscard come portatore del «piano di azione nazionale» capace di mobilitare la maggioranza. Ma proprio davanti a questo piano la maggioranza ha registrato la sua prima «rivolta» parlamentare che si somma al più duro degli ultimatum sindacali. Il rovesciamento della situazione è «totale» scrive stasera Le Monde, «e avviene nella confusione più totale». Perciò «la domanda che tutti si pongono è come faranno a tirare avanti per dieci mesi ». Alberto Cavallari

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